La giusta battaglia di Schlein contro il familismo campano

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito personale

Delibera veloce

 


Dunque, il governo impugna la legge-furbata varata dal Consiglio regionale campano tesa a “eternizzare” Vincenzo De Luca. Non è un mistero che, tra le motivazioni, va annoverata la circostanza che FdI e FI abbiano messo gli occhi sulle presidenze di Veneto e Campania. Ma la decisione è ineccepibile in punto di diritto. Merita riconoscere che chi tiene il punto sul limite ai mandati per una genuina ragione di principio sfidando la protervia di De Luca e mettendo nel conto di pagare pegno è Elly Schlein. Ho buona memoria: quando è stata introdotta l’elezione diretta dei presidenti di regione tutti convenivano che fosse cosa ovvia porre il limite dei due mandati ed esso è stato stabilito nella legge.

A riprova di una distorsione, con gli anni gli si è attribuita la impropria qualifica di “governatori”. A fare scuola la boria e la hybris del “celeste” Roberto Formigoni il cui inglorioso epilogo dovrebbe istruirci. Di più: sarebbe paradossale che chi oggi contrasta il premierato meloniano avallasse una deroga ai due mandati (la stessa maggioranza l’ha recepita nella bozza del premierato). Interpellata sulla battaglia ingaggiata dall’ineffabile Vincenzo De Luca per strappare un terzo mandato da presidente della Campania in aperto contrasto con la legge nazionale.

Schlein era stata singolarmente esplicita e risoluta. Giova citare le sue parole: «Le regole valgono per tutti e se qualcuno non è abituato perché prima funzionava diversamente adesso è bene che si abitui al cambiamento, perché io sono stata eletta esattamente per fare questo». Da gran tempo, la segretaria del Pd si è segnalata per pazienza e spirito unitario. Nel partito e con gli alleati. In questo caso, risaltano piuttosto coerenza, fermezza, determinazione. Le due cose non si escludono, semmai si richiamano vicendevolmente. Giustamente, siamo esigenti e severi con chi fa politica nei partiti.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Merita perciò, una tantum, rimarcare l’eccezione. Va riconosciuto: i dieci (!) segretari che si sono succeduti alla guida del Pd mai hanno arginato De Luca. Sono sempre scesi a patti con lui. Chiudendo uno o entrambi gli occhi sui suoi comportamenti e sulle sue provocazioni. Da ultimo, con l’arrogante pretesa di violare un preciso vincolo di legge o, peggio, aggirandolo con cavillosi e grotteschi escamotage.

Come quello cui ha fatto ricorso De Luca e incredibilmente votato dalla quasi totalità dei rappresentanti campani del Pd (basterebbe questo a dare la misura della degenerazione), in servile obbedienza al satrapo di Salerno e in contrasto con la linea del partito. Con un argomento specioso e ipocrita: si sarebbe trattato di un voto tecnico e non politico. Un oltraggio all’intelligenza fingere di ignorare che è esattamente il contrario: ovvero un voto privo di ogni plausibile motivazione tecnico-giuridica per venire a capo di una questione tutta politica, peggio, di un diktat personale. Dunque, contro il partito e contro la legge. Il no non è a De Luca, ma alla pretesa di violare il principio del limite ai mandati.

La politica come servizio

Se si voleva una ennesima prova di quanto sia difficile e, insieme, cruciale l’impresa affidata a Schlein nell’interpretare una discontinuità, qui ne abbiamo la icastica rappresentazione. Il Pd, più di altri, anche per i suoi ascendenti nella Prima repubblica, ha ereditato un esteso ceto politico professionale piuttosto restio a passare la mano. Un ceto politico – è un eufemismo – “non generoso” che, a fine mandato, cerca sistemazione.

In certi territori – esemplare il caso campano – quel costume assume tratti sfrontatamente personalistico-familistico-clientelari. Reiterando il male endemico denunciato dai più eminenti meridionalisti: un rapporto di dipendenza dai politici che condanna economia e società al sottosviluppo. Forse, una delle chiavi di lettura della “differenza” incarnata da Schlein rispetto a chi l’ha preceduta sta nella sua dichiarata propensione a interpretare la politica non come un mestiere ma come una esperienza/servizio a termine.

Il caso De Luca – politico di lungo corso la cui estrazione risale alla Prima repubblica – al presente si segnala per una ulteriore novità negativa rispetto al passato. Allora operavano partiti degni di questo nome. Oggi partiti strutturati come allora non ve ne sono più. E De Luca si può permettere di sfidare sino all’irrisione e all’oltraggio il “suo” partito.

Dando alle stampe il libro “nonostante il Pd”. Sotto questo profilo, lo stop oppostogli da Schlein non è solo un atto di omaggio alla disciplina e all’onore prescritti a chi riveste cariche pubbliche in opposizione a un costume padronale e familistico, ma è altresì gesto mirato a «ridare dignità di partito ai partiti». Un gesto che parla più di mille discorsi nel rimarcare che il partito non si usa per fini personali e che esso non può essere vilipeso e umiliato.

Curioso paradosso che tocchi a una “imprevista” dal partito ripristinarne dignità e, perché no, un certo orgoglio di partito al Pd. Diamo per scontato che De Luca non si farà scrupolo di consegnare alla destra la Campania, ma se c’è un caso cui si applica il motto “meglio perdere che perdersi” è di sicuro questo.

© Riproduzione riservata

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link