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Il 9 gennaio, viene presentato alla stampa un appello sulla tragica situazione di Gaza, che in quattro giorni ha raccolto 165 firme tra il personale sanitario di Trieste e Gorizia. Hanno aderito anche professionisti stimati e conosciuti. Il testo è ben costruito, perché non fa subito capire dove va a parare. Le prime righe si limitano a condannare genericamente la guerra, con parole che molti sottoscriverebbero: «Continua imperterrita la criminale escalation dei conflitti nel mondo. Da Gaza all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Sudan ai conflitti dimenticati, la guerra uccide indiscriminatamente vittime innocenti come bambini, donne e civili. La guerra è un delitto contro l’umanità: fermiamola». Il lettore smaliziato noterà che Gaza viene al primo posto, ben prima della guerra più sanguinosa, in Sudan, ma non è detto che tutti lo notino.
La frase «qualificante» arriva solo dopo che la simpatia del lettore sinceramente pacifista è ormai conquistata: «Ma è a Gaza che si consuma il crimine più efferato», dall’esercito israeliano ovviamente, il male assoluto, peggio dei peggiori guerrafondai attivi nei Paesi citati e negli altri 30 conflitti attivi in giro per il mondo. Nemmeno una parola su chi ha voluto tutto ciò, sul 7 ottobre, né sul fatto che parte dei gazawi (Hamas, Jihad, milizie fondamentaliste varie) ancora combatta accanitamente, lanciando ancora missili su Israele (35 nell’ultima settimana, di cui tre su Sderot già “teatro” del massacro del 7 ottobre) e soprattutto sul fatto che si continuino a torturare col ricatto 100 ostaggi, bambini piccoli compresi.
L’appello prosegue invece denunciando con dettagli a tinte forti le colpe di Israele, azioni che a questo punto sembrano venire esercitate del tutto gratuitamente contro una popolazione pacifica e inerme. Conviene accennare a chi siano i promotori dell’appello, perché in questo caso non è da destra che si punta il dito contro gli ebrei israeliani. Si tratta invece di quattro medici stimati, che militano a sinistra o nell’estrema sinistra, chi nella Cgil o nell’Anpi (cui del resto è iscritto anche chi scrive). Tra i firmatari si notano anche alcuni medici afferenti al Pd, stimati esempi di intellettuali sostenitori della Sanità pubblica (stimati anche da chi scrive).
Come mai tanti firmano che Israele è il male assoluto? Gran parte dell’informazione generalista fornisce da 14 mesi in qua un quadro distorto della tragedia di Gaza. Ad esempio, le aperture dei giornali radio Rai (1, 2 e 3 sono tutti uguali) si ripetono in modo monotono: «Proseguiti anche oggi i bombardamenti israeliani, colpita una scuola [e l’ascoltatore immagina i bambini seduti ai banchi], 30 morti a Khan Younis, etc.». Mai che esordiscano informando sui combattimenti, sui missili, sugli ostaggi (trattenuti perfino da clan familiari).
È quasi ovvio che, a questo punto, il pubblico si carichi di rancore verso l’esercito israeliano e Israele. A ciò si aggiunge chi specialmente a sinistra molti ragionano in termini di materialismo storico super semplificato, dividendo il mondo in forti e deboli. Costoro pensano di diventare protagonisti della storia “schierandosi”; brave persone che in genere non conoscono il mondo arabo-musulmano e la montante cultura fondamentalista. In buona fede, immaginano che, se un giovane si getta con l’auto contro una fermata del bus in una azione suicida, ciò accada solo perché le sue condizioni di vita sono disperate. Non riescono a immaginare come ragioni chi segue le esortazioni al martirio di Haniyeh e Sinwar e alla eliminazione degli ebrei contenute ad esempio nello statuto di Hamas del 1988. In altre parole, queste persone trascurano fattori antropologici fondamentali, che possono “muovere” gli umani perfino più delle loro esigenze economiche. E infine nei cervelli di molti c’è ancora un deposito di cultura cattolica preconciliare antigiudaica. Del resto, 1500 anni di predicazione non passano invano. Spesso non basta che uno magari sia diventato ateo e antifascista, perché alla fin fine la violenza commessa da un ebreo gli potrà apparire più esecrabile di altre.
Proprio come si legge nell’appello di cui parliamo.
Livio Sirovich
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