BIM nella gestione pubblica: come affrontare l’obbligo 2025 senza complicazioni inutili
A partire da quest’anno scatta per le pubbliche amministrazioni l’obbligo di adozione della modellazione informativa digitale nella gestione di lavori di importo anche presunto superiore a 2 milioni di euro. Su questo ha già scritto un utilissimo contributo il collega Ciribini.
L’adozione di questa soglia è stata salutata con animo differente tra chi, magari interno alle strutture tecniche della PA, teme che questo complichi molto i processi di gestione dei lavori pubblici, in organizzazioni non ancora pronte e preparate all’adozione di questi sistemi, e chi saluta con entusiasmo l’ampliamento della platea di lavori pubblici che verranno finalmente “gestiti in BIM”, qualsiasi cosa questo voglia significare.
A mio avviso, in questo caso la verità è nel mezzo: è vero che l’ampliamento dei lavori gestiti in BIM, rappresenterà un beneficio, ma magari non sarà così clamoroso come si annuncia; e sì, riusciremo a superare le criticità legate alla novità dell’adozione di questi sistemi nelle PA, soprattutto comprendendo che c’è una via per farlo gradualmente e l’onere in tal caso non è poi così ingestibile.
Premetto che non è semplice documentarsi su questi temi, per la complessità di alcune questioni e per la velocità con cui si evolvono gli strumenti oltre che il quadro di norme di riferimento (e pertanto suggerisco al lettore di valutare bene anche quanto è riportato in questo articolo), ma cerchiamo di fare chiarezza su alcuni aspetti.
La modellazione informativa digitale può essere adoperata per gestire l’intero ciclo di vita di un’opera, dalla fase di costruzione (o magari di riqualificazione nel caso di un’opera esistente) alla fase di gestione e dismissione. Ovvero, i dati acquisiti in una modellazione informativa in fase di intervento possono poi transitare nella fase di gestione dell’opera e migliorarne l’efficienza, supportando la manutenzione dei sistemi, il monitoraggio delle performance, ecc. Questo è auspicabile, ma non è obbligatorio ai sensi del Codice. D’altra parte proprio il Codice esclude l’obbligo dell’adozione del cosiddetto BIM nel caso di manutenzione ordinaria o straordinaria.
Da ciò discende una prima considerazione: le PA possono adottare la modellazione informativa digitale per gestire gli interventi senza pretendere di ottenere, in uscita al processo di progettazione e realizzazione dei lavori, un modello informativo che abbia velleità di essere adoperato anche per la gestione dell’opera pubblica. Sebbene una gran cosa, oltre a non essere obbligatoria, non avrebbe utilità particolare per quelle amministrazioni in cui la gestione del patrimonio è ancora poco o per nulla digitalizzata. Anzi, sarebbe un inutile appesantimento. E questo avviene spesso, anche nelle grandi amministrazioni, dove tra l’altro le strutture tecniche che gestiscono il patrimonio, e quindi si occupano della gestione delle opere esistenti, sono spesso diverse da quella che gestiscono gli investimenti e quindi i lavori, sottoposti invece all’obbligo del BIM.
Il lettore a questo punto potrebbe chiedersi a cosa possa servire quindi un intervento gestito in BIM se il modello informativo viene praticamente archiviato dopo il collaudo dell’intervento. A mio avviso l’adozione della modellazione informativa resta comunque utilissima anche in questo caso perché, anche se questa fosse implementata solo per la fase di progettazione e realizzazione dell’intervento, garantirebbe comunque maggiore qualità nel risultato della progettazione ed un miglior controllo dell’esecuzione dei lavori.
Cose concrete: la clash detection, la coerenza degli elaborati tra di loro e con il modello (è superfluo qui precisare che ai sensi del Codice il contenuto informativo dei livelli progettuali resta definito attraverso l’elenco degli elaborati), l’univocità dei database che conservano dati e informazioni, la precisione nella valutazione delle quantità, il miglior coordinamento nella comunicazione tra le progettazioni specialistiche, il supporto nella gestione dei SAL, e tanti altri piccoli e grandi vantaggi che un’adozione corretta del BIM consente.
D’altra parte, la maggiore qualità ed efficienza della progettazione e dell’esecuzione dei lavori, una riduzione (leggera) di tempi e costi dei lavori pubblici, una maggiore produttività quindi della filiera delle costruzioni, sono gli obiettivi del BIM che ci raccontiamo da anni, e che il legislatore vuole perseguire. Poi abbiamo cominciato a discutere di ciclo di vita dell’opera e di digital twin e l’asticella si è alzata, ed ecco che l’ottimo è diventato nemico del bene.
A questa aggiungiamo poi un’altra considerazione, che come la precedente farà piacere ai tecnici della PA, spaventati dalla necessità di dover adoperare strumenti ignoti.
Come è noto a chi conosce meglio il modo in cui operano tante strutture tecniche pubbliche, la progettazione di interventi, già a partire dall’importo a cui ci riferiamo, è spesso affidata a progettisti esterni. Per il livello esecutivo questo accade davvero frequentemente, ma anche per la redazione di un PFTE, ci si avvale quantomeno di supporto specialistico esterno, anche quando la progettazione è redatta da progettisti interni. E il supporto esterno è spesso adoperato anche per la direzione lavori, se non affidata totalmente a tecnici esterni.
Ciò determina che l’onere della realizzazione e della gestione di una modellazione informativa digitale, se sviluppata per le fasi di progettazione e realizzazione dell’intervento, ricade in capo a tecnici esterni. E in capo ai tecnici della PA, RUP e DEC in primis, ricade invece l’onere di controllare che i sistemi BIM siano adottati correttamente, in modo da determinare quei vantaggi che promettono. Considerando anche il supporto dei verificatori del progetto, questi obbligatoriamente esterni per gli importi di cui discutiamo (a costoro compete la verifica anche dell’impiego corretto dei sistemi BIM, conformemente cioè a quanto previsto da capitolati informativi), ecco quindi che i tecnici della PA possono cominciare a tranquillizzarsi.
D’altra parte, qualsiasi obbligo normativo che richiede competenze specialistiche, dalla sicurezza antincendio, a quella degli impianti, a quella strutturale, determina nei tecnici della PA, che sorvegliano la progettazione condotta da tecnici esterni, la necessità di una conoscenza dei temi finalizzata ad un dialogo consapevole con i colleghi progettisti e ad un controllo adeguato del loro operato, ma raramente la necessità di saper adoperare gli strumenti software della progettazione o una conoscenza di dettaglio dei principi della progettazione specialistica. Ecco quindi che, con riferimento ai sistemi BIM, ai tecnici della PA viene richiesto di conoscere quali sono gli strumenti, quali cose questi strumenti consentono di fare e come controllare che queste cose siano fatte davvero e correttamente.
Da ciò discende però la necessità di formarsi in maniera specifica, consentitemi di dire: formarsi per imparare a fare il RUP e il DEC in BIM; imparare quindi ad organizzare i flussi di lavoro in ufficio, anche gestendo ad hoc una adeguata piattaforma digitale, dotandosi degli strumenti hardware e software davvero necessari (che saranno diversi da quelli che adoperano i progettisti esterni); imparare a redigere adeguati capitolati informativi, imponendo requisiti specifici per ogni specifico intervento, evitando pericolosi copia-incolla che rischiano di determinare lacune da un lato ed inutili appesantimenti dall’altro; imparare a costruire una ragionevole roadmap di crescita che, esperienza dopo esperienza, continuando a formarsi, migliori il livello di digitalizzazione della struttura ed accresca i vantaggi dell’adozione di questi sistemi (magari adottando il BIM anche per la manutenzione prima o poi).
Tutto questo significa adottare la modellazione informativa digitale nella giusta misura, commisurata al livello di digitalizzazione dell’amministrazione, richiedendo modelli BIM magari brutti da guardare, ma utili, senza esagerare, per non sovraccaricare inutilmente il processo e rischiare di perdere in efficienza invece di guadagnarne.
Perché l’ottimo è nemico del bene… e del BIM!
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link