Meloni, Trump e Musk: i rischi del progetto neocoloniale

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Il viaggio negli Usa della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e l’incontro con Trump e Musk sono un altro tassello in un progetto politico e di trasformazione della società.

Si potrebbero provare a dare una serie di definizioni a quanto sta avvenendo, in un contesto politico congelato da due guerre strategiche per i futuri assetti geopolitici, quella in Ucraina e quella in Palestina (Medioriente), ma rimanendo alla superficie potremmo dire che, nello specifico, non c’è più alcun confine tra la funzione dello Stato ed il privato. Non ci sono più limiti reali al monopolio capitalistico, con la definitiva morte del liberalismo di stampo anglosassone.

Il capitalismo monopolistico, nell’era digitale, ha vinto, perché è asset strategico per l’egemonia degli Usa nel mondo. Trump, nel suo racconto del mondo, trova anche la facile scusa del contrasto al modello comunista cinese, il doversi contrapporre alla sua straordinaria centralizzazione, capace di indirizzare sviluppo e ricerca come forse mai avvenuto prima nella storia.

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L’Italia, almeno per coloro che istituzionalmente la rappresentano, ha “scelto” di collocarsi dentro un modello che, limitando la sua sovranità nazionale, la inserisce in un contesto geopolitico fortemente conflittuale, non la individua come soggetto mediatore (come pure avvenuto in passato tra Nord e Sud, tra Oriente e Occidente, per la sua collocazione geografica), la trasforma in un hub (basta leggere quello che afferma l’ad di Microsoft) degli interessi economici e politici Usa nel mediterraneo ed in Ue.

E non è solo l’accordo con Musk (Trump) per l’utilizzo di Starlink, ma anche per quanto sta avvenendo dal 2022, alla faccia di quanto in Ue si era ipotizzato sullo sviluppo tecnologico e l’autonomia di infrastrutture strategiche. Infatti, sia il cloud nazionale, “istituito” da Colao (governo Draghi) con le risorse del Pnrr, per arrivare all’accordo del governo Meloni con Microsoft per lo sviluppo dell’AI nel Paese (4,3 miliardi), passando per vari accordi sottoscritti dai ministeri per la fornitura di tecnologie, sono sempre le grandi multinazionali Usa (Microsoft, , Amazon, Google, Oracle, Meta, SpaceX) a fornire tecnologie ed infrastrutture, fino a definire processi formativi (su loro tecnologie) per 1.000.000 di cittadini italiani o sperimentare la loro AI nelle scuole.

Come poi dimenticare la vendita di questo governo al Fondo Kkr di Tim, dopo aver parlato per anni di sovranità nazionale. Fino all’ultima operazione, cioè la cessione da parte di Tim della proprietà di Sparkle (gestisce le comunicazioni sensibili – militari e sicurezza nazionale), nella quale potrebbe inquadrarsi l’accordo di questi giorni con Musk. Infatti, si prevedeva che Sparkle fosse acquisita per il 70% dal Ministero dell’Economia a fine gennaio 2025, proprio per la sua strategicità.

Stendiamo poi un velo pietoso sul “boicottaggio” dell’Istituto per la cybersicurezza (ipotizzato a livello Ue per ricerca e sviluppo comunitario), anche in questo caso con la conseguente scelta di “appaltare all’esterno” le infrastrutture strategiche per la sicurezza nazionale (con una partnership con Israele?), uno dei motivi di scontro all’interno del Governo Conte II nella scrittura del Pnrr, tanto che l’Istituto spari con la redazione del Piano da parte di Draghi.

La verità è che il nostro Paese è un tassello importante per gli Usa in Ue, per il loro progetto neocoloniale che passa anche attraverso il monopolio tecnologico delle grandi multinazionali statunitensi. La raccolta e la gestione dei dati di milioni di persone, presuppone sia il controllo del mercato, sia il controllo politico, in netto contrasto sia col modello liberale che con un modello democratico maturo fondamento stesso dell’Ue.

Se a questo uniamo che già oggi, Starlink è parte integrante di un sistema militare, ci troviamo a pieno dentro una guerra “ibrida” che, a differenza del passato, non necessità di una dichiarazione formale. E non stiamo parlando solo di attacchi cibernetici, boicottaggio o danni alle infrastrutture militari o civili, ma di una vera e propria guerra sul campo sostenuta da infrastrutture tecnologiche di Paesi non dichiaratamente belligeranti che generano migliaia di morti.

D’altronde Alessandro Barbero afferma: “Dalla fine della seconda guerra mondiale, le guerre non si dichiarano più”, ma si fanno e basta. Poi, guardando all’altro asset strategico di Musk, la piattaforma social X, è evidente quale sia la strategia dell’uomo più ricco del mondo.

Ha fatto una scelta politica ben chiara, forse semplicemente quella più scalabile dal suo punto di vista, ma la realtà è che il suo smisurato potere economico e tecnologico lo sta mettendo nella possibilità di determinare equilibri politici globali, questa condizione sommata al ruolo politico in Usa, sta sostenendo un’operazione globale per la crescita delle destre.

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Un progetto ambizioso, ma che certamente, anche attraverso l’asse in Ue con il governo italiano e le dinamiche politiche in Germania, Francia, Austria, Polonia, potrebbe spostare gli equilibri politici del vecchio continente rendendolo parte integrante di una “internazionale sovranista”.

A quale modello politico e democratico si guarda non è difficile immaginarlo, certamente in questa dinamica noi saremmo la provincia, con un saluto definitivo ad una Unione europea capace di determinare equilibri geopolitici, sviluppo sostenibile e modello sociale. Si potrebbe anche dire che l’Ue si sia suicidata, per avere scelto di seguire l’alleato Usa in una guerra in Europa che ha minato il proprio equilibrio economico e sociale, con una rinuncia implicita al proprio ruolo di mediazione con la Russia, la Cina ed i Paesi Brics.

Sul piano economico è sotto gli occhi di tutti la perdita di asset strategici, l’impoverimento costante della popolazione, lo spostamento delle ricchezze generate dal lavoro verso il capitale, ma sempre di più il racconto che si fa del decadimento dell’Europa, proprio grazie all’immensa influenza social e mediatica, attribuisce ad altro il processo.

A questo racconto non sta contribuendo solo il network della destra sovranista, a questa pericolosa china sta partecipando buona parte della politica moderata, liberale e del capitalismo, col suo sostegno alla guerra, con la paura di dover affrontare il voto popolare e cambiamenti colpevolmente tardivi, per questo più onerosi per la popolazione.

Da ultimo il riposizionamento delle grandi multinazionali della Silicon Valley, a partire del cambio di Meta nell’eliminare i moderatori di Facebook, attribuendo alle comunità di utenti la moderazione dei contenuti come fa X. In realtà Musk, attraverso X, da mesi (da quando ha sostenuto Trump) sta sostenendo campagne di odio razziale e di denigrazione di tutti coloro che la pensano diversamente. Trasformando quello che era Twitter in uno spazio di confronto molto duro e di espressione violenta di questioni delicate.

Il punto però non può essere uscire da una piattaforma social con centinaia di milioni di utenti, comunque capace di indirizzare il pensiero, ma quello di costruire un argine a questo “processo monopolistico economico e del pensiero”, lavorare alla costruzione di uno spirito critico.

Bisogna resistere, per quanto complesso, alla torsione democratica, intanto respingendo l’ennesimo attacco alla nostra Costituzione antifascista, poi dando risposte e prospettive ai lavoratori e continuando a manifestare per avere un mondo pacificato e in grado di risolvere le controversie con il dialogo.

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Alessio De Luca, Responsabile Ufficio progetto lavoro 4.0 Cgil



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