■Antonio Loiacono
“È vietato ammalarsi”. Un’ordinanza onirica, ma drammaticamente reale! Il sindaco di Belcastro, piccolo comune in provincia di Catanzaro, ha scelto la via della provocazione per denunciare una situazione sanitaria ormai insostenibile. Con un gesto simbolico, ha voluto accendere i riflettori su una crisi che affligge non solo il suo paese, ma l’intero entroterra calabrese: la desertificazione medica!
La realtà di Belcastro è condivisa da molte altre località della regione, dove l’accesso ai servizi sanitari è un lusso e non un diritto. La carenza di personale, l’assenza di ospedali attrezzati e la mancanza di ambulanze medicalizzate sono problemi che si trascinano da anni, lasciando migliaia di cittadini in una condizione di insicurezza costante.
L’ordinanza di Belcastro rappresenta un grido di disperazione di tanti piccoli comuni che, ogni giorno, devono fare i conti con un sistema sanitario lacunoso e inadeguato. Tra le principali criticità emergono:
-Molti comuni montani e rurali non dispongono di ospedali o presidi sanitari di base, costringendo i cittadini a percorrere decine di chilometri per raggiungere un pronto soccorso. Per chi è anziano o ha problemi di mobilità, anche un semplice controllo può diventare un’odissea.
-Gli ospedali e i presidi sanitari locali soffrono di una grave mancanza di medici e specialisti. Molti professionisti preferiscono trasferirsi in strutture più grandi o addirittura emigrare, attratti da stipendi migliori e condizioni di lavoro più favorevoli. Il risultato? Interi reparti chiusi, turni massacranti per chi resta ed un’assistenza ridotta al minimo.
-Anche dove esistono presidi sanitari, le strutture sono spesso vecchie, sottofinanziate e mal equipaggiate. Gli ospedali di montagna soffrono di carenza di attrezzature moderne, con servizi ridotti all’osso e lunghe liste d’attesa per esami diagnostici fondamentali.
-La mancanza di lavoro e servizi spinge i giovani a lasciare i piccoli comuni per trasferirsi in città o fuori regione. L’invecchiamento della popolazione crea una domanda crescente di assistenza sanitaria, che il sistema attuale non è in grado di garantire.
-Negli ultimi anni, la gestione della sanità in Calabria è stata caratterizzata da tagli, commissariamenti e promesse non mantenute. Il Piano di rientro dal deficit sanitario ha portato alla chiusura di numerosi ospedali e reparti, lasciando intere aree senza assistenza adeguata.
L’iniziativa del sindaco di Belcastro non è solo una provocazione, ma un simbolo di una protesta diffusa tra i tanti, troppi “Belcastro” della Calabria: piccoli comuni calabresi che condividono lo stesso destino: territori dimenticati dove ammalarsi può essere una condanna.
Negli ultimi mesi, sono stati diversi i casi che hanno messo in evidenza le falle del sistema sanitario regionale. Tra questi, la recente morte di un uomo di 48 anni per arresto cardiaco, dopo oltre tre ore di attesa nel pronto soccorso di San Giovanni in Fiore. Un episodio che dimostra come la sopravvivenza di un paziente dipenda dal luogo in cui si trova, più che dalla gravità della sua condizione.
Per fermare l’emorragia di servizi sanitari e garantire assistenza ai cittadini delle aree montane, è necessario un intervento strutturale e immediato. Tra le possibili soluzioni:
Potenziamento delle strutture esistenti, con investimenti in nuove attrezzature e reparti specializzati; incentivi per i medici affinché scelgano di lavorare nelle aree svantaggiate, con stipendi più alti e agevolazioni fiscali. Rafforzamento del sistema di emergenza-urgenza, con più ambulanze medicalizzate e collegamenti efficienti tra ospedali; telemedicina e ambulatori mobili, per garantire assistenza anche nei comuni più isolati; revisione della rete ospedaliera, con un piano di distribuzione dei servizi che tenga conto delle esigenze reali della popolazione.
Il messaggio di Belcastro è chiaro: senza interventi concreti, le aree interne della Calabria continueranno a essere abbandonate a sé stesse. L’assenza di una sanità efficiente non è solo un problema logistico, ma una violazione del diritto fondamentale alla salute, sancito dalla Costituzione.
Ora spetta alle istituzioni, dal Governo nazionale alla Regione Calabria, dare risposte concrete e immediate. Perché se ammalarsi diventa un pericolo, significa che il sistema ha già fallito.
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