Sicilia, Sanità in crisi. Gli ambulatori specializzati convenzionati proclamano lo stato di agitazione – il Fatto Nisseno

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Il Cimest (Coordinamento Intersindacale Medicina
Specialistica di Territorio) ha proclamato lo stato di agitazione e chiede un
incontro urgente con il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani
oltre alla contestuale apertura di un tavolo di crisi per cercare e trovare
soluzioni concordate al fine di poter uscire dal “famigerato” Piano
di Rientro che blocca ogni azione del Governo volta alla soluzione
dell’adeguamento tariffario al pari delle altre regioni italiane.

I vertici del Medici Specialisti Siciliani, il presidente Salvatore Calvaruso ed i coordinatori Domenico Garbo e Salvatore Gibiino, espongono le motivazioni dell’agitazione. Le strutture della specialistica accreditata territoriale erogano prestazioni sanitarie che concorrono al soddisfacimento della domanda di salute che deve essere garantita in maniera Egualitaria ed Universale dall’SSN in quanto rientrante nei Livelli Essenziali di Assistenza.

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Sono diffuse in maniera capillare sul territorio Regionale e sono storicamente partecipi da oltre 40 anni nella rete delle strutture ambulatoriali, con un lavoro silente per certi versi ma molto apprezzato dall’utenza. L’introduzione del nuovo Nomenclatore Tariffario Nazionale – meglio noto come decreto Schillaci – entrato in vigore il 30 dicembre, appena tre giorni dopo la pubblicazione, carente ed inadeguato con macroscopici tagli che raggiungono in alcuni casi il 50% costringerebbe alla chiusura le Nostre strutture.

È paradossale che dopo 26 anni le tariffe siano riviste al
ribasso anziché adeguarle a fronte di un aumento dei costi, ma è anche
pericoloso, perché in questo modo si spalancano le porte a un privato più
aggressivo e si incentiva la mobilità sanitaria fuori regione nonché si
stravolge l’assetto e il funzionamento del SSR.

Questi tagli impediranno alle strutture pubbliche e private accreditate di erogare servizi sanitari di qualità, congrui e capillari su tutto il territorio, ma anche di risolvere il problema delle liste di attesa. La scomparsa delle nostre strutture di fatto provocherebbe un vulnus del diritto alla salute garantito dall’art.32 della Costituzione perché non sarebbe più realmente esigibile.

Le cure sanitarie non devono essere un lusso, oramai quasi
nessuna priorità impostata viene rispettata creando certamente l’allungamento
inesorabile delle liste d’attesa con notevoli ritardi nell’erogazione delle
visite e conseguentemente le diagnosi e le terapie. Il malato è costretto o a
pagarsi le prestazioni o si rivolge ai dipartimenti d’Urgenza intasando i
pronto soccorso.

Nelle regioni del nord è accaduto che i governi del posto
riuscissero a sopperire ai tagli operati da Schillaci e dal suo nomenclatore
con soldi a valere sul bilancio regionale. Un investimento per la salute, ma
anche sugli operatori del settore (che, va ricordato a scanso di equivoci,
implementano un sistema sanitario che altrimenti collasserebbe). La Regione
presieduta da Renato Schifani, non potrà permettersi neppure un euro di
investimento, necessario per adeguare le tariffe ma neanche un giorno di
proroga per adeguare i sistemi di prenotazioni e i codici di codifica degli
esami. Perché, semplicemente, deve attenersi alle regole imposte da Roma nel
lontano 2007, che vieta fermamente alle Regioni con un disavanzo sanitario di
poter programmare gli investimenti nel medio e lungo termine. Sono passati 18
anni e siamo ancora a dieta.

Se il Presidente Schifani dovesse assumersi l’onere e
l’onore di venire a patti con il ministro Schillaci e con la premier Meloni,
rinegoziando i termini di quel “piano di rientro”, potrebbe davvero proiettare
la sanità siciliana verso la modernità, nel solco dell’efficienza.
Significherebbe garantire cure tempestive e agire nell’ottica di una maggiore
integrazione fra pubblico e privato. Con inevitabili riflessi sui cittadini.

Serve coraggio e determinazione, anche se l’impresa è
titanica.

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I cittadini siciliani, invece, sono figli di un dio minore
ed è già accaduto che alcuni utenti delle Asp venissero mandati a casa perché
il sistema informatico era andato in tilt e risultava impossibile il pagamento
del ticket o accedere alle procedure necessarie per attivare le prestazioni. Un
caos annunciato, su cui pendono varie componenti e a vario titolo: dal governo
nazionale, che ha sancito in maniera perentoria e arrogante l’introduzione e
l’avvio del nomenclatore dal 30 dicembre; passando per i burocrati di Aziende
sanitarie e ospedali nostrani, presi alla sprovvista da tanta determinazione;
senza dimenticare i medici prescrittori, alle prese con un sistema che
meriterebbe un rodaggio più lungo. Mentre la politica siciliana, rimasta per
mesi in silenzio, si spera che affronti di petto la questione del Piano di
rientro, per non finire schiacciata dall’indifferenza di chi gestisce i
processi dall’alto.

Anche per rispetto dei pazienti che ne hanno già passate di
tutti i colori – dal caos nei Pronto soccorso alle infinite liste d’attesa. Lo
stesso ministro Schillaci, dalla Capitale, ha ribadito che “occorre uno sforzo
maggiore anche da parte delle Regioni facendo buon uso delle risorse messe a
disposizione e degli strumenti introdotti con la nuova legge per un sistema più
efficiente”. Ma le risorse a disposizione della Sicilia non saranno mai
abbastanza finché le forche caudine del “piano di rientro” renderanno
impossibile effettuare nuova spesa. Il sistema, che si regge su un fragile
equilibrio fra pubblico e privato, rischia di capitolare una volta per tutte.

Chiediamo al Presidente Schifani se è in grado di dire
quando può dirsi concluso il piano di rientro nella Sanità?

La definizione del nuovo Nomenclatore Tariffario con tariffe
che riflettano i costi reali dei servizi che offriamo, che ci permettano di
investire in innovazione, nuove tecnologie, risorse umane al fine e di rendere
il referto sempre più affidabile ed informativo, rispondente a criteri di
qualità, tracciabilità, nel segno della prossimità, della risposta efficace ed
efficiente al bisogno di salute.

Per tutti questi motivi, ribadiscono Calvaruso, Garbo e
Gibiino, le Associazioni di categoria rappresentative della specialistica
accreditata territoriale esterna hanno proclamato dall’1 gennaio 2025 lo stato
di agitazione e chiedono un incontro urgente con il Presidente della Regione
Siciliana oltre alla contestuale apertura di un tavolo di crisi per cercare e
trovare soluzioni concordate al fine di poter uscire dal “famigerato”
Piano di Rientro che blocca ogni azione del Governo volta alla soluzione
dell’adeguamento tariffario al pari delle altre regioni italiane.





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