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Non può essere invocata la crisi di liquidità come forza maggiore per il mancato pagamento delle accise poiché rappresenta un fenomeno non estraneo alla normale gestione dell’azienda ed è, in teoria, evitabile seguendo una diligente gestione. La forza maggiore deve essere interpretata come un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta. Si tratta di un importante ed ulteriore affermazione da considerare ai fini dell’accreditamento SOAC.

E’ questa la conclusione cui sono  giunti i giudici della Corte di Cassazione (ordinanza del 11 dicembre 2024 n. 31907” per le ragioni di cui sotto:

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  • non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza” ed ancora “ fattori esterni alle normali dinamiche imprenditoriali e, come tali, sono del tutto prevedibili ed evitabili con un’accorta gestione aziendale, sicché non può sostenersi che sia stata superata la presunzione prevista dall’ 5 del D.Lgs. n. 472 del 1997”;
  • Ed ancora “ Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “In tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta” ( n. 11111 del 06/04/2022 , la quale ha escluso che il reiterato inadempimento delle pubbliche amministrazioni integrasse detto elemento; conf. Cass. n. 8844 del 03/04/2024). 3.1.1. È stato, altresì, evidenziato che “la sussistenza di una situazione di illiquidità o di crisi aziendale non costituisce, di per sé, forza maggiore, ai fini dell’operatività della causa di non punibilità di cui all’art. 6 , comma 5, del D.Lgs. n. 472 del 1997 , essendo invece necessaria la sussistenza di un elemento oggettivo, costituito da circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, correlato al dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, mediante l’adozione di misure appropriate, pur senza incorrere in sacrifici eccessivi” ( Cass. n. 8175 del 22/03/2019 ; Cass. n. 39548 del 13/12/2021 ; si veda, anche, Cass. n. 3049 del 08/02/2018 , con ampi riferimenti al diritto unionale).

Bisogna però aggiunge che tali conclusioni in merito alla natura della sanzione tributaria non devono escludere il principio di proporzionalità della stessa giacchè la Corte di Giustizia UE Grande Sezione, 8 marzo 2022 C-205/2020 ha affermato come “occorra ricordare che, al fine di garantire l’effettività dell’insieme delle disposizioni del diritto dell’Unione, il principio del primato impone, in particolare, ai giudici nazionali di interpretare, per quanto possibile, il loro diritto interno in modo conforme al diritto dell’Unione (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 57). 36      L’obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale, tuttavia, è soggetto ad alcuni limiti e non può, in particolare, servire da fondamento ad un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (sentenza del 6 ottobre 2021, Sumal, C‑882/19, EU:C:2021:800, punto 72 e giurisprudenza ivi citata). 37      Occorre altresì ricordare che il principio del primato impone al giudice nazionale che è incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto dell’Unione, l’obbligo, ove non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, di garantire la piena efficacia delle prescrizioni di tale diritto nell’ambito della controversia di cui è investito, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi normativa o prassi nazionale, anche posteriore, contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto, senza dover chiedere o attendere la previa rimozione di tale normativa o prassi nazionale in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in tal senso, sentenze del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 58 e 61, nonché del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 252))”.[1]

[1] Per approfondimenti si leggano: Barbara Nacar “ Il principio di proporzionalità sanzionatoria quale criterio per la disapplicazione parziale della sanzione penale, fra diritto unionale, principi costituzionali e disciplina codicistica. In https://www.judicium.it/il-principio-di-proporzionalita-sanzionatoria-quale-criterio-per-la-disapplicazione-parziale-della-sanzione-penale-fra-diritto-unionale-principi-costituzionali-e-disciplina-codicistica  e Margherita  Kosa “Corte costituzionale: le sanzioni devono essere ragionevoli e proporzionali”  https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/15367-corte-costituzionale-le-sanzioni-devono-essere-ragionevoli-e-proporzionali.html

 



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