L’omicidio del procuratore Gaetano Costa e le polemiche sui suoi sostituti

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Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo il libro “L’illegalità protetta”, edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia


Presidente: Ci sono altre domande?

Io sono a completa disposizione della Commissione; devo dire soltanto questo: guardate che la morte di Costa ha traumatizzato, io sono stato tre giorni scioccato, non sono un bambino, purtroppo di morti ne abbiamo visti tanti qui a Palermo. La morte di Costa mi ha veramente scioccato perché Costa era da appena due anni a Palermo e Costa fu ucciso quando, presa già conoscenza di quello che era veramente l’ambiente palermitano, incominciò ad indirizzare un’azione veramente efficace nei confronti della mafia.

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Costa è stato ucciso per aver voluto compiere il dovere di magistrato. Io nei confronti di Costa ho un ricordo di affetto e anche di rabbia per l’uccisione, perché lì la mafia, in quell’omicidio, ha dimostrato tutta la sua efferatezza, la mancanza di umanità e soprattutto la criminalità con Costa. Perché, vedete, se lontanamente ci poteva essere un motivo lontano nei confronti di Terranova per quello che aveva fatto (anche lì, per Terranova si dice che sia stato mandante…), Costa nei due anni di permanenza non aveva mai, innanzitutto era un uomo che aveva un senso di equilibrio notevole, prudentissimo, pacato, non è che fosse un avventato, un emotivo per cui… Costa compì quell’atto dopo aver meditato e dopo essersi reso conto che quell’atto andava fatto.

Io ho motivo di ritenere che Costa fu ucciso per aver compiuto quell’atto di giustizia, anche se poté apparire un atto di prevaricazione nei confronti dei sostituti. Io ho creato il centro Cesare Terranova, ora conto di fare a Palermo qualche cosa per onorare la memoria di Costa che vada al di là della lapide marmorea.

Contiamo di istituire un premio annuale per una monografia, una pubblicazione o un servizio giornalistico sul problema della mafia in Sicilia, che è un problema estremamente grave che affrontiamo con tenacia, forse così dimenticando tutto e tutti, anche le nostre famiglie. Non faccio retorica, ma pensate che l’Ufficio istruzione di Palermo, a fronte di una mole di lavoro grave, ha sulla carta undici magistrati oltre il consigliere istruttore.

Quando andranno al dibattimento questi tre processi?

Il mio ci andrà tra un mese, quello di Falcone prima delle ferie sicuramente. Ma consentitemi di fare un’altra considerazione, non che io voglia essere uno che si affeziona alle proprie tesi o al proprio lavoro, però il dibattimento può riservare grandi sorprese, come ha riservato sorprese il dibattimento del processo a carico degli imputati dell’omicidio Basile.

Noi abbiamo la certezza morale che il processo – anche se ufficialmente io non figuro, quel processo io l’ho seguito dalla prima all’ultima battuta nella fase di istruzione – noi abbiamo la certezza morale.

Il dibattimento ci interessa fino a un certo punto perché nessuno di noi rinvia a giudizio per il gusto di rinviare a giudizio; abbiamo elementi che valutiamo, che valutiamo magari con un certo criterio in relazione al tipo di processo, ma che certe volte al dibattimento non si vuole comprendere.

Io ho scritto la sentenza istruttoria e sono stato criticato poi alla sentenza del dibattimento perché avevo affermato che, nei processi di mafia, gli elementi probatori devono essere valutati in maniera diversa – ma sempre nello spirito della legge – di come può essere valutata la prova in un processo semplice, commesso da un non affiliato, una rapina semplice, una cosa del genere.

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Io vorrei farti un altro paio di domande. Prima, però, vorrei osservare che il miglior modo di onorare la memoria di Gaetano Costa lo avete già dimostrato, facendo questo tipo di istruttoria. Ora, la prima domanda riguarda la presenza del corpo dei sostituti ai funerali di Costa, l’atteggiamento, la reazione, l’emotività…

Guardi, io difficilmente prendo le ferie, o prendo 15-20 giorni. Ero andato in ferie tre o quattro giorni prima. Ero andato in campagna, la mia casa è sorvegliata giorno e notte, però andai ai funerali di Costa.

Intanto, non c’erano tutti i sostituti, perché forse era periodo feriale, molti erano in ferie. I non ebbi tempo di parlare con nessuno, non volli parlare con nessuno in quanto ero scioccato e poi me ne ritornai subito a casa perché io la morte di Costa… Io ero stato a Palermo il giorno precedente perché dovevo sentire come testi due funzionari della DEA che dovevano venire in incognito, tutto segreto; costoro, all’ultimo momento dissero che per ragioni di sicurezza non sarebbero venuti e io me ne ritornai.

Ero appena arrivato in campagna, quando attraverso la radio che i carabinieri hanno nella loro autovettura ho sentito, e sono rimasto di ghiaccio: «Hanno fatto l’attentato a Costa, è grave, lo hanno portato in ospedale». A distanza di un quarto d’ora hanno detto che era morto; lascio immaginare lo stato d’animo mio. L’indomani mattina mi precipitai, ero già fisicamente stanco…

Scusa se ti interrompo, non è che abbia attinenza con questa cosa, ma dato che stiamo ricostruendo questo episodio, mi pare di ricordare che ci fu una certa polemica per il fatto che Costa, dopo essere stato colpito, fu lasciato per terra…

Un quarto d’ora, venti minuti… ne ho sentito parlare, ma non ero a Palermo; ho sentito pure questo, ma ripeto che per lo stato di estremo abbattimento – perché mi ha colpito in maniera particolare la morte di Costa – appena si celebrarono i funerali rientrai subito in campagna.

Sotto questo profilo, l’umore che ci fu, la reazione, le emotività della Procura ti sfuggirono?

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Me ne andai subito, dopo i funerali rientrai in campagna dove trovai una scorta ulteriormente rafforzata.

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