«Che sfida con Sinner. Vinse 6-3 6-4. Ora lavoro a Wall Street»

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Elia Barozzi, originario di Lizzana (frazione di Rovereto), ha seguito la sua passione per il tennis nel West Virginia dove ha continuato il suo percorso sia accademico che sportivo, raggiungendo importanti traguardi. Studia economia aziendale all’Università di Fairmont, ha ricevuto il premio come miglior studente-atleta grazie alla media dei voti più alti di tutta la Ncaa, l’organizzazione che gestisce le attività sportive di quasi 500mila atleti che partecipano ai programmi sportivi di un migliaio di college e università americani.

Quando e come è iniziata la tua passione del tennis? C’è qualcuno in famiglia che gioca a tennis?
«Nella mia famiglia sono il primo a giocare a tennis. Ho iniziato un po’ casualmente: prima giocavo a calcio ma ho avuto una malattia alle anche che non mi ha permesso di proseguire. I dottori mi dissero che gli unici sport che potevo praticare erano il tennis e il nuoto».

Quando hai deciso che ti saresti trasferito in America per studiare e continuare con il tennis?
«Nel febbraio del 2021. In quell’anno ho fatto un torneo a Rovigo, dove l’agenzia college life Italia mi ha osservato. Mi hanno detto che, data la mia classifica Fit di allora, 2.5, avevo la possibilità di partire per gli Stati Uniti. Ho deciso di inviare dei miei video mentre giocavo, da lì i coach americani hanno iniziato a contattarmi. Alla fine ho scelto di andare alla Fairmont State University, nel West Virginia, vicino a Washington, per studiare marketing e management, ottenendo la miglior borsa di studio in termini economici».

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Cosa ti ha spinto a scegliere di studiare in un college americano anziché continuare a giocare a tennis in Italia?
«Purtroppo in Italia se fai sport ad alto livello ma vuoi anche studiare bene è impossibile fare entrambe le cose, devi rinunciare all’uno o all’altro; in America, invece, c’è un sistema studiato per svilupparti come atleta e come studente, combinando le due cose».

Come ti sei allenato durante il periodo in cui studiavi al college? Quante ore alla settimana dedichi agli allenamenti rispetto agli studi?
«Mi allenavo con la racchetta circa due ore e mezza al giorno, inoltre dedicavo un’oretta all’atletica. Lo studio? Dipende… (sorride, ndr) in media ci avrò dedicato un paio di ore al giorno».

Quali differenze hai notato tra il sistema tennistico italiano e quello americano?
«Direi che è meglio in Italia. Siamo più seguiti singolarmente dal punto di vista dell’allenamento, perché c’è un allenatore che ti segue quasi personalmente concentrandosi unicamente su di te, mentre in America siamo seguiti da più allenatori perché devono allenare la squadra, infatti al collage avevamo tre coach».

Quali sono le principali sfide che hai affrontato nel giocare per un college americano?
«Una delle sfide principali era la forte pressione da parte dei coach. Il tennis italiano è quasi sempre uno sport individuale, mentre in America rappresenti la squadra, l’università e la città. C’era anche tanta competizione per entrare in squadra e diventare titolare. Al primo anno giocavo come numero 2, poi sono diventato capitano. La squadra era abbastanza grossa perché eravamo in 15, con cui convivevo. Mi sono trovato molto bene con i miei compagni di squadra e nel collage. Sono italiano quindi ero “popular”».

Eri l’unico italiano in squadra?
«Sono stato l’unico italiano fisso per i 4 anni, ma ogni semestre arrivavano tre/quattro italiani che facevano un semestre all’estero».

Hai mai avuto difficoltà con la lingua?
«Non ho avuto grosse difficoltà perché essendo in full immersion nell’inglese fin da subito, impari in fretta a parlare bene. Dal secondo semestre mi sono sentito molto più tranquillo».

Quando sei in America senti la mancanza di casa o dell’Italia?
«Sì, sento spesso la mancanza della mia famiglia e dei miei amici, ma certamente anche dell’Italia, del suo cibo, la cultura e la personalità unica degli italiani».

Ora che hai preso la laurea pensi di trasferirti in America?
«Ho trovato lavoro a New York a Wall Street in un’azienda finanziaria come marketing manager. Riparto il 13 gennaio e inizio a lavorare il 15. Vedo questa opportunità come un’esperienza, non come scelta definitiva, ma sono molto emozionato per questa nuova avventura».

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Hai avuto l’opportunità di entrare in contatto con tennisti di alto livello?
«Si, ho affrontato tanti tennisti poi diventati grandi campioni. Qui in Italia, quando avevo 12 anni, ho sfidato Sinner: lui era il più forte dell’Alto Adige e io più forte del Trentino, ci siamo affrontati una volta, 6-3 6-4 per lui. Essendo della stessa età ci siamo incontrati molte volte, alle finali, particolari raduni provinciali o regionali».
Sinner è diventato il numero 1 al mondo, il primo tennista italiano a raggiungere un traguardo così importante. In America hai notato una differenza di trattamento riservata a te in quanto tennista italiano come Jannik?
«Sì, ma per i miei successi personali o per i premi che ho vinto. Un po’ anche essendo italiano, perché gli americani hanno una visione molto positiva dell’Italia in generale».

I tuoi più grandi traguardi?
«A livello sportivo, ho vinto il riconoscimento “Mec First All Conference” per tre anni consecutivi, nel 2022, 2023 e 2024, posizionandomi tra i migliori sei del campionato. Inoltre sono stato nominato Miglior giocatore dell’anno 2023 della mia agenzia. Sono entrato anche nel “All-America” che significa essere tra i primi 16 giocatori della categoria di tutta l’America».

E a livello accademico?
«A livello accademico ho vinto il “Ncaa Lite 90 WInner”, il titolo di miglior studente d’America 2023, e sono stato inserito tra gli “Academic All-America”, un riconoscimento riservato ai migliori studenti-atleti d’America, risultato storico per la mia università, poiché è la prima volta che qualcuno dell’ateneo lo ottiene, sono stato il decimo nella storia del West Virginia a vincere questo titolo. Infine sono stato inserito nella Hall of Fame dell’università, un onore riservato a coloro che si distinguono per meriti sportivi e accademici. Mentre in Italia ho vinto il titolo di Campione provinciale assoluto e il circuito Grand Prix Trentino, confermandomi ai vertici nel panorama tennistico locale».

Pensi che la tua esperienza abbia influenzato in maniera positiva la tua carriera tennistica?
«Certo, molto positiva. Chiaramente ci sono stati periodi difficili, ma se guardo indietro sono molto contento. Ho imparato tanto nelle relazioni con gli altri. È stata un’esperienza di vita importantissima, che consiglio fortemente».



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