Sassari. Celebrazione di apertura della Visita pastorale nelle parrocchie di Mater Ecclesiae, Sacra Famiglia e San Francesco | Arcidiocesi di Sassari

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Sabato 4 dicembre, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto, nella chiesa parrocchiale Mater Ecclesiae, la Celebrazione eucaristica interparrocchiale di apertura della Visita pastorale alle parrocchie Sacra Famiglia, San Francesco e Mater Ecclesiae.

Nel porgere il saluto all’Arcivescovo, don Massimiliano Salis, parroco della parrocchia Mater Ecclesiae, ha detto: «La Visita pastorale è un tempo che desideriamo vivere come un’occasione propizia di salvezza. Siamo immersi nella storia della salvezza. Siamo tutti uniti: la nostra comunità, insieme ai sacerdoti e ai fedeli delle altre parrocchie coinvolte, tutti e ciascuno presenti in questa celebrazione, affinché tutto diventi preghiera e tutto si trasformi in uno sguardo di speranza».

Di seguito si riporta l’omelia dell’arcivescovo Gian Franco:

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«Se volessimo chiederci quale sia il senso della Visita pastorale, certamente la Parola di Dio ce ne offre il significato. Tuttavia, volendo sottolineare alcuni testi ascoltati questa sera, mi pare opportuno mettere in evidenza che la Visita pastorale non è altro che l’espressione dei sentimenti dell’Apostolo verso la comunità, come emerge dalla Seconda lettura. Mi sembra che questo rappresenti il primo elemento di fede necessario per comprendere il senso della Visita pastorale.

Il ritmo sociale è cambiato, evolvendosi in una dimensione completamente diversa. Le cronistorie dell’Ottocento, dell’inizio del Novecento o quelle riguardanti San Carlo Borromeo non corrispondono più alle fatiche e alle gioie delle Visite pastorali all’inizio del terzo millennio. Le strade sono cambiate, così come i ritmi sociali e le condizioni. Allora, che cosa accomuna questo tempo che passa con il permanere del senso della Visita pastorale? Un dato di fede, semplicemente. È quello dell’Apostolo che si prende a cuore la fede della comunità. Questo compito viene ordinariamente svolto attraverso i presbiteri, i diaconi, le altre ministerialità, gli accoliti, i catechisti, i cantori, i genitori, i consigli pastorali per gli affari economici, i consigli pastorali parrocchiali e tutto ciò che può esistere in una comunità parrocchiale.

Che cos’è la parrocchia? Non è una comunità con tante organizzazioni, che sono itinerari, sono percorsi, sono vie, sono mezzi. Oggi qui ci sono tanti volti noti. Mi fa molto piacere vedere qui riunite persone della parrocchia di Mater Ecclesiae, della parrocchia di San Francesco, della parrocchia della Sacra Famiglia, ma penso – e vi invito a pensare insieme con me e ai presbiteri – ai tanti volti non noti, ma che fanno parte dell’anagrafe delle nostre parrocchie, dei nostri libri dei battesimi e delle cresime. Questo è un po’ lo sguardo, l’orizzonte nel quale desidera muoversi la Visita pastorale. È uno sguardo di Chiesa, che non è semplicemente definita dai confini parrocchiali, ma dall’orizzonte di fede. Ciò che caratterizza una parrocchia, una comunità, è la fede nel Signore Gesù. Questo comporta informarsi per sapere qual è la fede. Non per conoscere il livello di fede, cheè nelle mani di Dio, ma la fede di una comunità. Questo ci porta oltre la nostra persona, le nostre persone, per metterci in una prospettiva diversa, per essere annunciatori e testimoni del Signore Gesù.

E cosa fa l’Apostolo? Dice continuamente: “Rendo grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere”. Questo è il ministero di intercessione, che nella Chiesa si esprime progressivamente e soprattutto nell’Eucaristia, ma anche in altre forme e modalità di preghiera. E noi siamo sempre uniti, anche quando il Vescovo non è presente fisicamente con la comunità, grazie a questo ministero di intercessione. Tant’è vero che nell’Eucaristia si fa menzione del Vescovo, del Vescovo del momento, non di un Vescovo di altri luoghi, e del Papa di quel momento preciso, in comunione con il Collegio apostolico, i Presbiteri, i Diaconi e il Popolo di Dio.Ecco, l’Apostolo rende grazie per questa comunità che vive di Cristo ed è unita dalla fede.

Cosa chiede l’Apostolo? Chiede che il Signore conceda alla comunità uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza del Signore, affinché possano entrare nel mistero di Cristo. Abbiamo compiuto un gesto poco fa: il Vescovo, dopo aver proclamato il Vangelo, ha benedetto l’assemblea. Non è un gesto estetico, né un atto puramente esteriore, ma rappresenta realmente la Chiesa che si edifica ascoltando la sapienza di Dio, crescendo nel Verbo di Dio, che misticamente continua a essere presente nella Parola annunciata, nella parola proclamata e, tra poco, nel Pane spezzato e nel Sangue versato, che sono il centro della vita di una parrocchia. L’essenza della fede è l’Eucaristia, quello spazio in cui c’è posto per tutti, senza esclusioni. Allora, ecco che cosa chiede l’Apostolo. Il senso della Visita pastorale è promuovere questo, chiedere a Dio Padre che ci faccia crescere nella fede. Non a caso, il Santo Padre ha stabilito che nelle chiese cattedrali venga esposto un crocifisso significativo. Noi abbiamo il Santissimo Crocifisso della chiesa di Sant’Apollinare, che ci richiama la centralità del Verbo di Dio fatto carne, della sua incarnazione, passione, morte e risurrezione. La nostra speranza è Lui, è Cristo.

Questo è il punto su cui siamo chiamati a sostare, chiedendo al Signore che ci faccia crescere in questa sapienza. La sapienza di cui parla l’Apostolo è il progetto di Dio, come ci è stato ricordato nella prima lettura del Libro del Siracide: “Ho posto” – la sapienza parla come se fosse una persona – “ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso.” Ha veramente posto le radici. Il Verbo di Dio, la sapienza di Dio che si è fatta carne, è quell’albero di vita che ha posto le sue radici, ed è quell’albero nel quale noi siamo innestati e, uniti a Lui, portiamo frutto.

Questo è il messaggio che desidero lasciare questa sera, in questo percorso di Visita pastorale che abbiamo cominciato già all’inizio di dicembre: come le nostre comunità parrocchiali possono crescere nella fede, in uno spirito di sapienza, per una profonda conoscenza del mistero di Cristo. Noi viviamo in un’epoca in cui siamo chiamati a ripensare la comunità parrocchiale. Questo non significa sostituire la comunità parrocchiale, né che nel passato si sia necessariamente sbagliato qualcosa, né che in questo momento chi guida le parrocchie non stia svolgendo bene il proprio compito. Niente di tutto ciò. Siamo chiamati a coltivare in noi uno spirito di gioia evangelizzante, uno spirito apostolico, il vivo desiderio di crescere profondamente e di trasmettere agli altri la conoscenza e l’incontro con Cristo.

Avremo tante altre occasioni nelle quali preferisco soprattutto ascoltare e ascoltarvi. Sintetizzerei in poche parole alcune piste di riflessione per ripensare la comunità parrocchiale. Anzitutto, il suo valore di presenza: è possibile dare spazio a tutti. Questo ci conduce a un aspetto importante, ossia vivere la cattolicità della Chiesa e l’universalità del Vangelo. La cattolicità della Chiesa è per tutti, per ogni persona in un determinato territorio, ma anche insieme. La comunità cristiana è chiamata a essere un soggetto vivo, consapevole della sua vocazione universale, perché l’annuncio del Vangelo è per tutti, non per qualcuno sì e per altri no.

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E allora, la nostra preghiera, che ora continua e prosegue nell’Eucaristia, diventa un’invocazione: che il Signore illumini gli occhi del cuore per farci comprendere la speranza alla quale ci ha chiamati. L’Apostolo insiste tanto sulla comprensione, eppure non è né uno gnostico né un teoretico; tuttavia, insiste sulla necessità di andare in profondità, senza fermarsi alla superficie. Il Signore ci conceda davvero di essere un lievito, un fermento della radice della sapienza di Cristo, con occhi capaci di vedere sempre più chiaramente la nostra vocazione e missione oggi. Qui, in fondo, siamo tutte persone coinvolte in una forma di partecipazione attiva.

Ma qualcuno potrebbe chiedere: “Per me ci sarà posto nella parrocchia? C’è una possibilità?” Lascio questa domanda aperta, perché tutta la comunità, insieme, è chiamata a rispondere in questo tempo, che certamente non si esaurirà con la Visita pastorale, ma proseguirà nel tempo che il Signore vorrà donarci, come missione e compito della Chiesa in questo tempo presente».

Al termine della Celebrazione, prima della benedizione finale, l’Arcivescovo ha aggiunto:

«La Visita pastorale, come ho già detto, è finalizzata a prendere coscienza della nostra missione, del nostro compito, e ad ascoltare la voce dello Spirito Santo per comprendere ciò che Egli vuole dirci. Nel mese di dicembre ci sono stati già alcuni appuntamenti importanti, attraverso i quali è stato possibile ascoltare le narrazioni di specifiche comunità di questo territorio, di questa zona. Il mio desiderio è di proseguire in questo stile sinodale di ascolto delle narrazioni, delle esperienze di fede e degli itinerari di fede che, a diversi livelli, vengono condivisi e vissuti. Si tratta di appuntamenti di fraternità ecclesiale».



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