il ruolo dell’Altman Z-score nella sostenibilità

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Be good to be wise: Environmental, Social, and Governance awareness as a potential credit risk mitigation factor” del 2022 è la ricerca di Marina Brogi, Valentina Lagasio e Pasqualina Porretta, realizzata presso il Management Department, Faculty of Economics, Sapienza University of Rome. L’indagine ruota sull’integrazione dei parametri ESG (Environmental, Social, Governance) nelle prassi di valutazione del rischio di credito, con l’obiettivo di dimostrare come una gestione aziendale sensibile a sostenibilità e responsabilità sociale possa favorire un miglior profilo di affidabilità. Per imprenditori e dirigenti, emerge la prospettiva di politiche del credito più vantaggiose e di una gestione del rischio orientata al futuro, in grado di sostenere strategie aziendali competitive.

ESG e rischio di credito: l’importanza dei parametri nella valutazione finanziaria

L’attenzione dei regolatori verso la sostenibilità ha spinto sempre più banche a includere i parametri ESG, evidenziando il legame tra ESG e rischio di credito negli algoritmi di valutazione del merito creditizio. La ricerca “Be good to be wise: Environmental, Social, and Governance awareness as a potential credit risk mitigation factor” mette in evidenza un fenomeno in forte espansione nell’industria finanziaria, dove l’analisi dei bilanci e dei flussi di cassa non è più l’unico criterio per decidere se erogare un prestito. Si considera, in modo crescente, la capacità di un’azienda di rispettare l’ambiente, favorire uno sviluppo sociale equilibrato e mantenere solide pratiche di governance.

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ESG indica tre aree fondamentali. L’aspetto ambientale riguarda le politiche di emissione di CO₂, l’uso di risorse, la gestione dei rifiuti e la tutela del territorio. La dimensione sociale comprende relazioni con il personale, impatto sulla comunità, diversità sul luogo di lavoro, cura del benessere collettivo. La componente governance fa riferimento, tra le altre cose, alla trasparenza gestionale, all’indipendenza dei consigli di amministrazione e alla struttura di controllo interno. Gli autori sottolineano che il connubio tra ESG e rischio di credito rappresenta un’opportunità per le aziende di garantire solidità finanziaria di lungo termine, minori probabilità di default e un migliore accesso ai finanziamenti.

Per valutare l’efficacia di tali fattori, la ricerca ha considerato 3331 aziende di 79 Paesi operanti in 19 settori, osservate dal 2000 al 2016. L’obiettivo era quantificare con precisione la correlazione tra parametri ESG e rischio di insolvenza. Il risultato evidenzia che un punteggio ESG elevato si associa in modo significativo a profili di rischio minori. Da qui deriva l’opportunità, per gli intermediari, di concedere credito a condizioni più flessibili alle imprese con buoni indicatori di sostenibilità.

La logica che emerge dimostra come il legame tra ESG e rischio di credito apra riflessioni interessanti per imprenditori e manager. Se in precedenza l’ESG era considerato un tema di responsabilità sociale o di immagine, oggi assume un valore concreto per chi dirige un’impresa, poiché può tradursi in costi di capitale ridotti e in un posizionamento competitivo più robusto. Inoltre, chi amministra un’azienda trova nell’ESG un incentivo alla trasparenza verso investitori e stakeholder, con beneficio reputazionale e maggior capacità di attrarre talenti. Un esempio esplicativo è quello di realtà industriali che, investendo in tecnologie di efficienza energetica, riducono non solo l’impatto ambientale ma anche le spese operative, rassicurando le banche sulla sostenibilità dei propri flussi di cassa e ottenendo tassi più vantaggiosi.

Dal lato degli istituti finanziari, l’analisi ESG sta diventando una componente integrata nella definizione dei modelli di scoring, in particolare dopo l’avvento di iniziative quali l’UN‐convened Net‐Zero Banking Alliance, che riunisce 94 banche di 39 Paesi con l’impegno di allineare i portafogli di prestiti alle emissioni net zero entro il 2050. Alcuni osservatori segnalano che i rischi climatici e sociali introdotti da imprese non allineate agli standard di sostenibilità potrebbero crescere ulteriormente negli anni a venire. Questa prospettiva sottolinea la responsabilità strategica di incorporare valutazioni ESG nella gestione del credito, per ridurre perdite attese e salvaguardare la stabilità del sistema.

Altman Z-score: il legame con ESG e rischio di credito

Nella ricerca emerge un punto cruciale: l’utilizzo dell’Altman Z-score come strumento di misurazione del rischio di default. È una formula ideata dal professor Edward Altman, concepita per stimare la solidità finanziaria di un’impresa tramite il calcolo di un indicatore che sintetizza diversi parametri di bilancio, come la redditività, la leva finanziaria e l’efficienza operativa. Il modello originario prende la forma:

Z = 1.2×X1 + 1.4×X2 + 3.3×X3 + 0.6×X4 + 1.0×X5

dove X1 è il rapporto tra capitale circolante e totale dell’attivo, X2 è il rapporto tra utili non distribuiti e totale dell’attivo, X3 è l’EBIT su totale dell’attivo, X4 è il rapporto tra valore di mercato del patrimonio netto e valore contabile dei debiti, X5 è il fatturato su totale dell’attivo. Se il risultato finale è basso, indica un’elevata probabilità di default, mentre punteggi più alti segnalano una situazione finanziaria solida.

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Nello studio, questo indicatore è stato usato come variabile dipendente in diversi modelli econometrici, con l’obiettivo di scoprire in che modo i punteggi ESG – calcolati su base annua per ciascuna azienda – influenzino la bontà del merito creditizio. Il cuore dell’indagine consiste nel collegare i punteggi ambientali, sociali e di governance (tratti da dati MSCI ESG KLD, che propongono un insieme di metriche positive e negative) all’Altman Z-score. I ricercatori hanno riscontrato una correlazione negativa tra livello di attenzione ESG e probabilità di insolvenza, vale a dire che aziende con politiche ambientali e sociali mature ottengono migliori risultati di Z-score e mostrano un rischio creditizio più contenuto.

È stato inoltre effettuato un controllo di robustezza, inteso come procedura che verifica la tenuta dei risultati al variare delle condizioni iniziali, impiegando l’analisi della Probability of Default (PD), ovvero la probabilità che un’impresa o un individuo non riesca a onorare i propri impegni finanziari. Questa misura, secondo la definizione di Vassalou e Xing, adopera logiche basate sul modello Black & Scholes, un sistema matematico originariamente ideato per il calcolo del prezzo teorico delle opzioni su strumenti finanziari, il quale sfrutta parametri come la volatilità per determinare la probabilità che il valore di mercato di un’azienda scenda sotto la soglia del debito. Anche in questo caso, l’evidenza statistica conferma che punteggi ESG elevati si associano a una PD più bassa, indicando un rischio di insolvenza ridotto.

Per evitare che la correlazione tra più variabili produca risultati fuorvianti e per testare l’effettiva esistenza di un nesso di causalità, è stata introdotta un’instrumental variable, cioè una variabile esterna al fenomeno osservato che funge da indicatore più oggettivo. Tale variabile è stata costruita grazie all’analisi fattoriale (PCA, Principal Component Analysis), un metodo statistico che riduce la complessità di un insieme di dati mettendo in evidenza le componenti principali. L’analisi è stata condotta su parametri macroeconomici quali il GDP Growth, ossia il tasso di crescita del Prodotto Interno Lordo, il Gini index, indice che misura il grado di disuguaglianza nella distribuzione del reddito, e il Rule of Law, un indicatore che valuta la solidità del sistema giuridico e la sua effettiva applicazione. Lo strumento adottato ha evidenziato un forte legame con i punteggi ESG, consolidando l’idea che maggiore sostenibilità corrisponda a un minor rischio d’insolvenza.

Per manager e dirigenti, questa sezione è particolarmente esplicativa: adottare politiche di efficienza ambientale, coltivare relazioni sociali responsabili e strutturare organi di governance equilibrati può tradursi in un miglior punteggio Z-score, e di conseguenza in un minor costo del debito. Immaginando un’impresa del settore manifatturiero che investe in ricerca e sviluppo di materiali ecocompatibili, i dati Altman Z-score potrebbero evidenziare una maggiore stabilità di ricavi nel medio periodo, con conseguente abbassamento dei fattori di rischio e condizioni di prestito più favorevoli.

La valenza di questi esiti si estende anche ai regolatori, interessati a definire principi di vigilanza che incentivino la trasparenza. In Europa, l’European Banking Authority (EBA) e la Commissione Europea hanno avviato linee guida che incoraggiano le banche a integrare i criteri ESG nei processi di erogazione e monitoraggio del credito. Questo comporta un passaggio da un approccio in cui i rischi ESG erano considerati unicamente reputazionali a uno scenario in cui diventano componenti concreti del rischio finanziario, in grado di influenzare i coefficienti patrimoniali delle banche.

ESG e rischio di credito: risultati statistici

La ricerca ha preso in esame un imponente database di 3331 imprese, attive in 19 settori e localizzate in 79 Paesi tra il 2000 e il 2016. Per ognuna di queste, sono stati estrapolati i relativi punteggi ambientali, sociali e di governance, integrandoli con indicatori finanziari standard. I modelli di regressione utilizzati hanno mostrato in modo chiaro che, incrementando di un certo margine il punteggio ESG di una società, tende a diminuire il suo livello di rischio di credito, così come misurato dall’Altman Z-score.

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Dai dati statistici si nota che il fattore Social (relativo a diversità, benessere e pratiche di inclusione) esercita spesso un’influenza marcata: aziende che investono con continuità in programmi di coinvolgimento del personale, in buone relazioni con fornitori e comunità locali, risultano più stabili. Il motivo potrebbe risiedere nella minore volatilità dei ricavi, in una cultura interna più coesa e in una reputazione che stimola il favore di investitori e stakeholder. Ciò si riflette in un più basso tasso di insolvenza, anche nei momenti di contrazione economica.

Un ulteriore aspetto approfondito riguarda le singole aree geografiche. I ricercatori notano che in regioni come l’America Settentrionale ed Europa occidentale, dove la sensibilità alla sostenibilità è più consolidata, l’effetto ESG sul rischio di credito si manifesta con evidenza. Nei Paesi emergenti, l’attenzione a questi temi risulta talvolta meno strutturata, tuttavia anche lì non mancano imprese pionieristiche con buoni punteggi ESG e performance Z-score soddisfacenti. Questa considerazione offre un esempio concreto per i dirigenti che desiderano ampliare la presenza in mercati internazionali: avviare filiali o collaborazioni con aziende locali già avanzate sul piano ESG facilita l’ottenimento di finanziamenti presso istituti bancari globali, sempre più orientati a valutare tali parametri.

Un passaggio interessante della ricerca mostra come siano stati introdotti test di robustezza: l’adozione di variabili strumentali, la distinzione tra settori (ad esempio manifatturiero, oil & gas, servizi e trasporti), nonché l’esame di periodi con differente andamento congiunturale. In tutti i casi, la correlazione negativa tra ESG elevato e rischio di credito è risultata statisticamente significativa, seppur con gradienti differenti a seconda delle categorie. Per esempio, l’industria petrolifera (oil & gas) appare particolarmente sensibile ai parametri ambientali, mentre le imprese di costruzione prestano maggiore attenzione al fattore governance per questioni legate alla solidità dei processi decisionali e al presidio dei rischi operativi.

ESG, banche e imprese: nuove opportunità di credito

Dal punto di vista bancario, includere l’ESG nel sistema di gestione del credito può favorire un duplice vantaggio: ridurre il rischio di default nei portafogli e migliorare l’allocazione del capitale in base ai requisiti prudenziali. Molti istituti adottano già nuovi modelli di scoring che affiancano i tradizionali indicatori di bilancio a parametri di sostenibilità. I risultati della ricerca evidenziano che integrare tali fattori potrebbe contribuire a un abbassamento delle probabilità di perdita, con potenziali benefici sulla solidità patrimoniale complessiva.

Si discutono anche effetti per chi guida un’impresa. Un’azienda che mira a ottenere condizioni di finanziamento più favorevoli può lavorare su pratiche ESG trasparenti, pubblicate in report e bilanci di sostenibilità. In Europa, le linee guida dell’EBA Loan Origination and Monitoring richiamano espressamente l’attenzione dei manager sulla necessità di sviluppare strategie coerenti, capaci di ridurre l’esposizione ai rischi climatici o reputazionali. Ciò potrebbe permettere di accedere a tassi d’interesse più competitivi, in virtù di una minore esposizione al rischio secondo gli indici come il già citato Z-score.

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L’indagine sottolinea anche come la regolamentazione europea, con l’obiettivo di stimolare la finanza sostenibile, stia promuovendo l’allineamento di questi modelli di scoring con i principi della Sustainable Finance Disclosure Regulation e con i pilastri del Green Deal. Esiste inoltre la prospettiva di una revisione delle regole sul calcolo dei requisiti patrimoniali, in modo che i prestiti a favore di imprese ESG-consapevoli possano, in futuro, beneficiare di un regime di ponderazione più flessibile, a seconda del grado di rischio effettivo. Se la prassi si diffonderà, imprenditori e manager dovranno strutturare piani industriali in grado di rispondere a criteri ambientali e sociali, perché le banche potrebbero premiare chi dimostra una solidità a 360 gradi.

Per rendere tangibile questa dinamica, si può pensare al caso di una piccola-media impresa che decida di dotarsi di pannelli fotovoltaici e di un rigoroso codice di condotta interna: la banca, confrontando il Z-score e i parametri ESG aggiornati, potrebbe vedere ridursi la stima di perdita attesa e di conseguenza offrire linee di credito più capienti o tassi più contenuti.

Perché un’alta consapevolezza ESG riduce il rischio

Gli autori spiegano che la riduzione del rischio di credito connessa a pratiche ESG consiste in una sorta di “effetto assicurazione”. Un’impresa che abbia investito in politiche ESG solide tende a sviluppare resilienza economica, riducendo significativamente il rischio di credito. Quando un’azienda inquina e viene colpita da sanzioni, o quando trascuri le esigenze dei dipendenti provocando scioperi, cresce la volatilità dei flussi di cassa e aumenta la probabilità di insolvenza. Di contro, buone prassi di sostenibilità mitigano questa volatilità e rafforzano la credibilità verso i finanziatori.

Sul piano regolamentare, la discussione si collega all’inserimento di parametri ESG nelle valutazioni del Supervisory Review and Evaluation Process (SREP), con possibili conseguenze in termini di minori add-on di capitale per le banche che finanziano aziende ESG positive. Gli autori suggeriscono di incentivare in modo concreto l’attenzione dei settori industriali a ridurre l’impatto ambientale e migliorare il quadro sociale, favorendo così la stabilità del sistema finanziario.

Un punto spesso trascurato riguarda i rischi di lungo periodo. Imprese che puntano su efficienza energetica e innovazione sociale possono restare concorrenziali nei mercati globali e affrontare meglio gli shock sistemici. Chi opera con un basso punteggio ESG rischia di incorrere in spese legali, penali ambientali o contraccolpi d’immagine. I modelli econometrici elaborati dimostrano che i benefici non si limitano a minor rischio di default, ma si estendono a una potenziale riduzione delle probabilità di perdita (PD) sul portafoglio bancario.

Nel quadro europeo, la proposta dei ricercatori prevede di introdurre incentivi tangibili a banche e imprese che mostrino progressi documentati nella sostenibilità, come la possibilità di godere di un trattamento più favorevole in termini di assorbimento di capitale. In tale prospettiva, un manager che intenda espandere l’azienda in settori sensibili (per esempio, costruzioni e trasporti) ha tutto l’interesse a strutturare un business model aderente a standard ambientali e sociali elevati, ottenendo un doppio vantaggio: abbassare i costi di finanziamento e accrescere la reputazione sul mercato.

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A livello di competitività, un’azienda può distinguersi integrando l’ESG nelle proprie strategie, collaborando con partner affidabili e condividendo in modo trasparente i risultati ottenuti. Questo approccio non rappresenta un semplice esercizio di comunicazione, ma un elemento che incide sullo score creditizio e, di conseguenza, sull’accesso al capitale. Secondo la ricerca, il punto centrale risiede nella trasformazione della sostenibilità, da valore etico a variabile economica cruciale, su cui banche e investitori basano meccanismi di pricing e gestione del rischio.

Conclusioni

Lo studio dimostra che una gestione attenta all’ambiente, al benessere sociale e alla governance incide sul rischio di credito, offrendo prospettive di vantaggio competitivo. Se si confrontano queste evidenze con altre tecnologie e standard di valutazione del merito creditizio già esistenti, spicca la crescente importanza dei dati non strettamente finanziari. Per dirigenti e manager, è consigliabile ridefinire strategie di investimento, poiché i fattori ESG iniziano a occupare un posto di primo piano negli algoritmi di erogazione creditizia e aprono nuovi orizzonti di crescita responsabile.



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