il lato buio dei think tank

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Un nuovo strumento per garantire trasparenza sui finanziamenti ai think tank statunitensi è stato lanciato dal Quincy Institute for Responsible Statecraft. Si chiama Think Tank Funding Tracker ed è il primo archivio pubblico che analizza le fonti di finanziamento dei 50 think tank più influenti degli Stati Uniti. Il database, disponibile online su thinktankfundingtracker.org, traccia i contributi ricevuti negli ultimi cinque anni da Governi stranieri, dal ùgùoverno americano e dai principali appaltatori del Pentagono. Ovvero, il “complesso militar-industriale”, termine che diventò popolare grazie al discorso di addio del presidente statunitense Dwight D. Eisenhower nel 1961.

Che cosa sono i think tank

Cosa sono i think tank? Sono dei centri studi che svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare l’opinione pubblica e le politiche dei Paesi, in questo caso degli Stati Uniti d’America. I loro esperti sono frequentemente citati nei media e lavorano dietro le quinte del Congresso e del Governo, contribuendo a redigere leggi e offrendo consulenza su questioni legislative. Tuttavia, mentre alcuni operano come ricercatori indipendenti, altri agiscono più come lobbisti.

I think tank hanno avuto un ruolo cruciale nella definizione della politica estera statunitense. Nati per fornire analisi basate su dati concreti e competenza ai politici, istituzioni come la Brookings Institution (fondata da Robert Brookings) e il Council on Foreign Relations (CFR) hanno inciso profondamente nelle decisioni del governo Usa e della Casa Bianca.

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Esempi? Il CFR, come documentato da Stephen Wertheim in Tomorrow the World, fu fondamentale nella pianificazione del nuovo ordine internazionale guidato dagli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Parallelamente, la Brookings Institution contribuì alla creazione del Piano Marshall, mentre negli anni Sessanta il segretario alla Difesa Robert McNamara si affidò alla RAND Corporation per definire le strategie della guerra in Vietnam.

Emirati, UK e Qatar in cima ai donatori

I think tank sono un pilastro del “Blob” della politica estera statunitense, termine coniato da Stephen Walt, politologo e professore di Relazioni Internazionali ad Harvard, che identifica la rete di élite politiche, burocratiche, militari, accademiche e mediatiche negli Stati Uniti che promuovono e perpetuano un approccio interventista e militarizzato alla politica estera americana. Come evidenzia il report del Quincy Institute, i think tank negli Usa dipendono sempre più da finanziamenti di Governi (sia statunitensi che stranieri) e di interessi privati.

I Governi stranieri hanno donato oltre 110 milioni di dollari ai think tank statunitensi tra il 2019 e il 2023. Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Qatar sono in testa ai donatori con 16,7 milioni, 15,5 milioni e 9,1 milioni di dollari ciascuno. I principali beneficiari sono l’Atlantic Council (20,8 milioni), la Brookings Institution (17,1 milioni) e il German Marshall Fund (16,1 milioni).

Allo stesso modo, gli appaltatori della difesa hanno contribuito con oltre 34,7 milioni di dollari. Tra i maggiori donatori ci sono Northrop Grumman (5,6 milioni), Lockheed Martin (2,6 milioni) e Mitsubishi (2,1 milioni). Tra i beneficiari principali, l’Atlantic Council (10,2 milioni), il Center for a New American Security (6,6 milioni) e il Center for Strategic and International Studies (4,1 milioni).
Il Governo statunitense ha versato almeno 1,49 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali destinati al Rand Corporation (1,4 miliardi), che collabora direttamente con le istituzioni federali.

Trasparenza sotto esame

Un aspetto interessante del Think Tank Funding Tracker è l’introduzione del punteggio di trasparenza, che valuta ogni think tank su una scala da cinque punti. Questo punteggio fornisce una misura chiara e dettagliata della trasparenza con cui ciascun istituto gestisce e rivela le proprie fonti di finanziamento, offrendo così una panoramica più completa e accessibile sulle pratiche di finanziamento dei think tank. Solo il 18% delle organizzazioni è risultato completamente trasparente, mentre il 46% è parzialmente trasparente. Il restante 36% è definito “dark money”, ossia completamente opaco nelle sue fonti di finanziamento.

Secondo il rapporto, “alcuni finanziamenti arrivano con vincoli impliciti, portando a censura, filtri prospettici e, in rari casi, a ricerche su commissione” Questi fenomeni minano la credibilità dei think tank, tanto che un sondaggio del 2022 ha mostrato che solo il 48% degli americani ritiene i think tank una risorsa preziosa per la società.

Perché la trasparenza è fondamentale? Perché i think tank e gli analisti che vi lavorano esercitano un’influenza significativa sulla formazione dell’opinione pubblica e sulle decisioni politiche. Gli esperti e gli analisti che appaiono in televisione, scrivono sui principali giornali o intervengono nei dibattiti pubblici, spesso provengono da questi centri di ricerca. Le loro opinioni non si limitano a interpretare i fatti, ma spesso contribuiscono a orientare la percezione del pubblico e, indirettamente, le politiche adottate dai governi.

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Se l’autorevolezza di questi analisti non è accompagnata da una chiara comprensione delle loro fonti di finanziamento e dei potenziali conflitti di interesse, si crea un problema di fiducia. La loro opinione potrebbe essere influenzata da interessi privati o da chi finanzia i centri studi per cui lavorano. Ad esempio, un think tank finanziato da governi stranieri o da aziende legate al settore della difesa potrebbe promuovere una narrativa funzionale agli interessi di quei finanziatori, invece di fornire un’analisi indipendente e obiettiva.

In assenza di trasparenza, si crea il rischio che i think tank diventino strumenti di propaganda, mascherati da istituzioni accademiche, con effetti potenzialmente dannosi sulla democrazia e sull’elaborazione di politiche pubbliche realmente al servizio dell’interesse pubblico e collettivo. Oggi negli Usa esiste dunque uno strumento in più per capire se l’esperto che compare in tv o scrive giornali, sia trasparente e affidabile. A quando in Italia?

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