Nuovo codice della strada: repressivo e antiscientifico

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Il 14 dicembre scorso è entrato in vigore il nuovo Codice della strada, legge n. 177 del 2024, che introduce regole più severe per chi guida dopo aver assunto droghe. Ma quanto tempo dopo l’assunzione si può essere sanzionati?

Basta un test positivo

Una riflessione particolare merita la riforma dell’art. 187 della legge che cancella il riferimento allo “stato di alterazione psico-fisica” per chi guida dopo l’assunzione di stupefacenti. Basta un test positivo per far scattare il ritiro della patente e il rischio di un processo penale, anche se l’utilizzo risale a molti giorni prima e non influisce sulle capacità di guida. Il rischio è concreto soprattutto per chi ha consumato cannabis: il Thc è la molecola che lascia tracce più persistenti all’interno del nostro corpo, può essere rilevato a un mese dal consumo nelle urine, dopo due settimane nel sangue e almeno dopo 96 ore nella saliva. Questa legge è la conferma della politica esclusivamente repressiva e criminalizzante del governo in tema di droghe, in contraddizione, peraltro, con le evidenze mediche e scientifiche degli ultimi anni.

Non è necessario trovarsi in uno stato di alterazione

Il nuovo codice della strada interviene direttamente sul nesso di causalità tra stato di alterazione e positività per incorrere nella revoca e sospensione immediata della patente per tre anni. Non è, infatti, più previsto che il test venga effettuato in presenza di un ragionevole sospetto di compromissione delle capacità di guida della persona.

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Eppure, è dimostrato che tracce di sostanze, compresi i cannabinoidi, possono essere rilevate anche a distanza di giorni dalla assunzione, anche nel caso di una assunzione moderata e controllata, quando i potenziali effetti psicotropi sono ormai del tutto esauriti. Sappiamo che gli stessi test possono avere risposte diverse a seconda del metabolismo individuale e che test rapidi diversi possono dare risposte diverse sulla stessa persona nello stesso momento. In più, senza possibilità di distinguere fra uso ricreativo ed uso terapeutico e, nonostante le dichiarazioni del ministro dei trasporti che tendono a rassicurare su questo, ancora non è dato sapere se saranno escluse dai controlli, e come potranno davvero tutelarsi, le persone che fanno uso di cannabis terapeutica.

Una legge ideologica

Le affermazioni dello stesso ministro su quanto la misura sia necessaria per tutelare la sicurezza sulla strada sono in piena contraddizione con gli studi più recenti del fenomeno. I dati rilevano la assoluta marginalità dell’uso di sostanze rispetto a incidentalità e positività rilevata dai test su strada. Secondo i dati del Libro Bianco sulle droghe 2024, ricavati da Istat e dal sito del Dipartimento Politiche Antidroga, la percentuale di incidenti stradali nei quali, nel 2021, si sia rilevata positività ad alcol è del 4,9%, a sostanze stupefacenti del 1,6%.

Secondo i report di carabinieri e polizia, per il 2022, su 56.284 incidenti con lesioni registrate, in soli 1671 casi un conducente (ma non sappiamo se quello che ha causato l’incidente) è risultato positivo agli stupefacenti: il 3% del totale. Dopo l’entrata in vigore del nuovo codice, le infrazioni più frequenti rilevate sono state l’eccesso di velocità, il mancato uso delle cinture, l’uso del cellulare alla guida. Eppure, le sanzioni per l’eccesso di velocità sono fino a 694 euro se non viene superato di oltre 40 km/h il limite massimo, e se la violazione avviene all’interno di un centro abitato e per almeno 2 volte in un anno può arrivare a 880 euro con la sospensione della patente da 15 a 30 giorni. Una lampante sproporzione con quanto previsto all’art. 187.

La guerra alle droghe ha fallito

Fin dal suo insediamento questo governo ha dichiarato di essere paladino di una lotta senza quartiere alla droga e di essere contrario a qualsiasi dipendenza, salvo promuovere ed incentivare il gioco d’azzardo che sappiamo quali conseguenze abbia in termini di dipendenza. Mentre il mondo va avanti e molti paesi, anche in Europa, stanno portando avanti politiche di legalizzazione, il governo italiano, negando ogni evidenza, insegue le politiche più retrive e repressive delle peggiori destre, in completo dispregio di tutte le evidenze, e del totale fallimento della war on drugs.

Anche l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, ne ha dichiarato il completo fallimento, sostenendo la necessità di approcci che diano priorità alla salute, che riducano lo stigma, richiedendo la completa depenalizzazione, combinata con politiche di riduzione del danno.

L’assunzione di cannabis rientra nel codice penale

E non possiamo non evidenziare come il novellato art. 187 faccia rientrare dalla finestra ciò che era uscito dalla porta, riconducendo nell’ambito penale l’uso personale di sostanze, con sanzioni amministrative estremamente pesanti: 3 anni di sospensione della patente (che si aggiungono all’arresto fino a un anno e alla multa fino a seimila euro) sono una sanzione molto più pesante di quanto previsto per le altre infrazioni, che può avere ricadute devastanti sulla vita delle persone, basti pensare che per un comportamento non sanzionabile, assunzione non recente e in assenza di alterazioni psicofisiche, una persona può arrivare a perdere il lavoro. Bisogna aggiungere poi, per avere contezza del portato di questo articolo, che diversi operatori dei servizi, medici, ricercatori, hanno sottolineato come i test possano risultare positivi non solo a giorni di distanza dall’assunzione ma anche per fumo passivo.

Una legittimità costituzionale tutta da dimostrare

Dobbiamo infine aggiungere che a fronte dell’allarme Fentanyl sollevato nei mesi scorsi, tale sostanza non è rilevata dai test a disposizione delle forze dell’ordine, come non lo sono la ketamina e molte altre. Mentre pare siano rilevabili alcuni farmaci. In più, i test usati da Polizia e Carabinieri non sono gli stessi, quindi con limiti di rilevabilità diversi, con il paradosso che la stessa persona, nello stesso momento, potrebbe avere risultati di positività diversa a seconda di chi sia l’autorità che lo sottoponga a controllo.

In buona sostanza, si rilevano elementi pesanti di criticità e sostenibilità di questa riforma, anche in termini di legittimità costituzionale: se l’uso personale è depenalizzato, come si giustificano sanzioni così pesanti per un uso che al momento dell’accertamento ha cessato ogni effetto? Se le sanzioni devono essere commisurate all’infrazione, come si giustificano sanzioni così alte, che possono arrivare anche all’arresto? A tutto questo si aggiunge che, mancando circolari applicative, la riforma crea problemi di applicazione e interpretazione anche per le Forze dell’ordine.

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2025, una stagione di ricorsi

Ci aspetta una stagione di ricorsi, ai quali sicuramente presteremo, come associazioni ed organizzazioni della società civile impegnate per i diritti delle persone e per una giustizia giusta, il nostro massimo sostegno, fino al ricorso alla Suprema Corte, sostenuti anche da una importante pronuncia al riguardo della Corte Costituzionale, l’ordinanza n. 277 del 13 luglio 2004. Non possiamo davvero tacere del fatto che misure come queste riportano il paese indietro di anni, segnando la profonda intolleranza ed incultura di chi ci governa, che continua a ragionare in termini ideologici, antiscientifici, sventolando il tema della sicurezza esclusivamente in termini repressivi, anche di comportamenti che non costituiscono pericolo per sé e per gli altri, non tenendo minimamente conto di quelle che invece sono le acquisizioni scientifiche, perché farlo smonterebbe sul nascere le argomentazioni portate a sostegno di provvedimenti come questo.

Siamo all’assurdo che il governo persegue e penalizza persone che non hanno commesso nessun reato, nella logica panpenalista che ha caratterizzato tanti provvedimenti, dal decreto “rave” al ddl sicurezza, mentre abroga l’abuso di ufficio, al punto che coloro che sono stati riconosciuti colpevoli potranno chiedere la revoca di condanne passate in giudicato.

La sicurezza stradale è interesse di tutti, ma non si raggiunge così, non è così che si rendono le strade più sicure. Così si perseguono e penalizzano persone che non hanno commesso nessun reato.

Denise Amerini è responsabile dipendenze-carceri dell’area Stato sociale e diritti della Cgil



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