Il Veneto continua a distinguersi per la sua economia vivace, alimentata principalmente dalle piccole e medie imprese. Tuttavia, l’incidenza delle multinazionali, sia italiane che straniere, è sempre più rilevante. Un dato sorprendente emerge dalla recente analisi condotta dall’Ufficio studi della CGIA, che evidenzia come le grandi aziende siano responsabili del 40% del fatturato regionale, pari a circa 172 miliardi di euro, e occupano il 22% della forza lavoro locale, ben 391.300 addetti. Questi numeri, seppur significativi, non sono allineati con altre regioni del Nord Italia, dove l’incidenza del fatturato prodotto dalle multinazionali è superiore, come ad esempio in Lombardia, che registra un dato pari al 52,6%.
In termini di occupazione, il Veneto è in linea con altre aree del Paese, ma il dato è significativamente inferiore a quello di altre regioni, come il Friuli Venezia Giulia, che ha una percentuale di occupati nelle multinazionali del 25,1%.
Nonostante il peso economico e occupazionale, le multinazionali non sembrano fare la loro parte quando si parla di tasse. Stando ai dati dell’Area Studi di Mediobanca, nel 2022 le prime 25 multinazionali del web hanno registrato un fatturato di 9,3 miliardi di euro in Italia, ma hanno versato solo 206 milioni di euro in imposte, una cifra irrisoria rispetto agli utili generati. La domanda sorge spontanea: quanto effettivamente contribuiscono queste aziende al sistema fiscale italiano?
L’indagine evidenzia come molte di queste aziende abbiano adottato pratiche sistematiche di elusione fiscale, sfruttando sistemi giuridici favorevoli in altri Paesi per ridurre al minimo il loro carico fiscale in Italia. In effetti, alcune grandi imprese trasferiscono i propri profitti in Paesi con tassazione più favorevole, riducendo notevolmente il gettito delle casse dello Stato.
La realtà dell’elusione fiscale non si limita alle multinazionali: anche i super-ricchi italiani, approfittando di paradisi fiscali come il Principato di Monaco e il Lussemburgo, spostano la loro residenza all’estero per evitare il pagamento delle imposte in Italia. Si stima che ogni anno circa 10 miliardi di euro sfuggano al fisco, a causa di queste manovre.
Le conseguenze di questo fenomeno sono evidenti: il gettito fiscale nazionale si riduce, mentre il carico fiscale sui cittadini aumenta. In sostanza, i contribuenti italiani onesti sono costretti a pagare di più per compensare i mancati introiti dovuti a chi, invece, riesce a eludere il fisco.
Anche se si tende a pensare ai paradisi fiscali come luoghi esotici e lontani, in realtà i principali sono molto vicini. Il Principato di Monaco, il Lussemburgo e il Liechtenstein sono i leader mondiali in termini di elusione fiscale, con strutture che attraggono sia individui che grandi imprese grazie alla loro bassa tassazione.
Nel 2024 è entrata in vigore la Global Minimum Tax (GMT), una misura che mira a garantire una tassazione minima alle multinazionali in tutti i Paesi membri dell’UE. Tuttavia, il suo impatto sembra destinato a rimanere contenuto, con un gettito previsto che difficilmente supererà i 500 milioni di euro nel 2033. Molti Paesi membri, come Estonia e Malta, hanno già ottenuto proroghe, lasciando così spazio per nuove manovre fiscali da parte delle grandi aziende.
La distinzione tra evasori ed elusori è fondamentale. Gli elusori, che trasferiscono i loro guadagni all’estero, rappresentano una minaccia per l’equità fiscale, mentre gli evasori, pur commettendo un reato, contribuiscono comunque in parte all’economia del Paese. Entrambi, però, danneggiano la coesione sociale e vanno contrastati efficacemente per garantire una giustizia fiscale equa e sostenibile.
Secondo l’OCSE, un Paese può essere considerato un paradiso fiscale quando presenta caratteristiche come l’assenza di imposte sui redditi delle imprese, una scarsa trasparenza fiscale e la mancanza di meccanismi di scambio di informazioni fiscali con altri Stati. Questi Stati, sebbene poco popolati, vantano redditi pro capite molto elevati e continuano a attrarre miliardi di euro da tutto il mondo.
In sintesi, mentre il Veneto e l’Italia beneficiano economicamente della presenza delle multinazionali, la loro partecipazione al sistema fiscale nazionale rimane insufficiente, alimentando disuguaglianze e minando le risorse destinate ai servizi pubblici essenziali.
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