Freud contro Lewis, il duello mai avvenuto ma verosimile sulla Verità

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Sigmund Freud ebbe una volta a dire che rinunciava a psicanalizzare gli irlandesi, perchè avevano troppa fantasia. La fantasia di fatto non è mancata alla produzione irlandese e inglese che ha realizzato il film, appena uscito nelle sale italiane, Freud-L’ultima analisi.


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Si tratta di una storia del tutto immaginaria di un incontro mai avvenuto, collocato nel settembre del 1939, appena scoppiata la guerra e a poche settimane dalla morte di Freud, tra il padre della psicanalisi e nientemeno che Clive Staples Lewis, l’autore delle Lettere di Berlicche e delle Cronache di Narnia.


Il film pone a confronto questi due personaggi, dove Freud è interpretato magistralmente dal grande Anthony Hopkins, che curiosamente aveva interpretato il ruolo di Lewis vent’anni fa nel film Viaggio in Inghilterra. Così come aveva dato una magistrale interpretazione di Lewis nel momento in cui incontra l’amore della sua vita, Joy Gresham, con le vicende drammatiche che ne fanno seguito, così ora da il suo volto a un Freud cinico, che si trova di fronte la propria morte imminente per un cancro in stadio avanzato, che sa non lasciargli scampo. 


In tale situazione, e con il rapporto difficile e complicato con la propria figlia Anna, che fu a sua volta una importante psicanalista, Freud, che si era rifugiato esule in Inghilterra dopo l’Anschluss che aveva posto la sua Austria sotto il regime nazista, invita a casa propria a Londra il giovane professore di Oxford Clive Staples Lewis per parlare di Dio. Così, il film ci mostra questa sorta di sfida sull’esistenza di Dio tra due giganti del pensiero: l’uno agnostico, dopo aver abbandonato la religione ebraica dei propri padri, e l’altro un grande convertito al Cristianesimo. Lo spunto dell’invito di Freud a Lewis è proprio questo: si è imbattuto nel libro che Lewis aveva scritto dopo la conversione, The Pilgrim Regress, il ritorno del pellegrino, e si è chiesto perchè mai un brillante intellettuale che in precedenza si definiva “un militante ateo” si sia consegnato a quelle che considera mere superstizioni.


Nel 1939 Lewis non aveva solo pubblicato The Pilgrim, ma anche le Lettere di Berlicche e Lontano dal pianeta silenzioso, il primo volume della sua Trilogia Cosmica, e cominciava ad avere chiara fama di apologeta. Freud vuole capire cosa sia successo, e gli chiede anche informazioni su un altro professore di Oxford di cui ha sentito parlare, un certo Tolkien. Lewis gli conferma che si tratta del suo migliore amico, e qui il film di Matthew Brown ci offre un notevole cammeo, mostrandoci la celebre conversazione tra Tolkien e Lewis sull’Addison Walk di Oxford con cui l’autore del Signore degli Anelli spiega all’amico che i miti sono l’espressione del desiderio di Dio che è nel cuore dell’uomo, della domanda alla quale Dio ha risposto mediante il mistero dell’Incarnazione.


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Il film fa emergere anche le storie personali dei due protagonisti: Freud, figlio di un ebreo osservante, aveva da bambino una cameriera cattolica, che lo portava in chiesa e gli insegnava a farsi il segno della Croce, e gli mostrava le statue dei santi, tra cui quella di Santa Dinpna, una santa irlandese patrona delle persone affette da problemi psichici. Poi, il padre di Freud, una volta scoperto tutto ciò, caccia di casa la povera cameriera. D’altra parte la storia personale di Lewis ci mostra il dramma della perdita della mamma mentre era bambino, e la decisione del padre di allontanarlo dalla nativa Irlanda per inviarlo in un tetro college inglese. A questo trauma si era poi aggiunta la tragedia della guerra di trincea nella Prima Guerra Mondiale dove il giovane angloirlandese era stato ferito.


Questo film davvero sorprendente, tratto da un lavoro teatrale, è la rappresentazione di questo duello immaginario intorno all’esistenza di Dio, e a temi fondamentali come l’amore e la morte. Alla fine non c’è un vero vincitore: lo spettatore è chiamato a confrontarsi con le tesi dei due, tra l’ateismo arguto e disperato di Freud, e il cristianesimo solido e appassionato del professore di Oxford. Un duello cavalleresco e rispettoso, che sottintende l’antico dilemma: quid est veritas?


Un’ultima osservazione: la coprotagonista della storia è Anna Freud, la figlia prediletta, che vive un amore saffico clandestino, avversato dal padre che nei confronti della figlia sembra essere meno tollerante di quanto esprimesse nelle sue teorie. D’altra parte, la stessa Anna si dedicò alla terapia delle persone omosessuali convinta che si potessero aiutare nelle loro problematicità anche portandoli a un cambiamento di preferenze sessuali.


In quanto a Lewis, il film lo rappresenta in tutta la sua saggezza e profonda umanità: non un santo, ma un uomo innamorato della Verità.

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