“Conclave”, il nuovo film di Edward Berger che tratta della Roma papale lontano dallo spirito di Brown

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“Siamo uomini che servono gli ideali, non siamo uomini ideali”, parola del cardinale decano Thomas Lawrence. Non è mancanza di fede, è realismo. Dall’alto della sua lunga esperienza pastorale ha già avuto modo di capire che molti sono i legni storti tra i nostri consimili, ma stavolta, incaricato di sovrintendere all’elezione del successore di papa Gregorio XVII, deceduto per un attacco di cuore, gli tocca metter mano a un verminaio curiale di ambizioni e colpi bassi, non certo degno di porporati chiamati a scegliere nella Cappella Sistina l’ennesimo erede di Pietro. “Conclave” di Edward Berger, ben sceneggiato da Peter Straughan sulla base dell’omonimo romanzo di Robert Harris, è un film sulla sete di potere travestito da ottimo thriller. Cresce implacabilmente nel mondo chiuso (cum clave, sottochiave) e nevrile di una consultazione decisamente critica, in un momento di svolta per la Chiesa romana. Un focus avvincente, arricchito da una immersiva ricostruzione accurata di riti e e liturgie post mortem del Papa e poi della “macchina” elettorale. Inutile dire che Ralph Fiennes, tormentato decano in talare, si tiene sulle spalle con gran finezza due ore di conflitti di coscienza, diventando quasi un Virgilio, una guida nelle segrete stanze vaticane.

Gregorio XVII è stato un pontefice progressista, si è fatto amici e nemici, e nel collegio cardinalizio si fronteggiano diversi cardinali agguerriti e sorretti da un certo seguito. In lizza lo statunitense Bellini (Stanley Tucci), aperturista nel segno del predecessore, il canadese Tremblay (John Litgow), decisamente nel solco della tradizione, il nigeriano Adeyemi (Lucian Msamati) teologicamente non è una cima, però si può giocare la carta dell’africanità in nome di un cattolicesimo letteralmente universale. In pole c’è anche l’italiano Goffredo Tedesco, una sorta di monsignor Lefebvre che tornerebbe alla messa in latino e ad una feroce difesa della tradizione. Sergio Castellitto ne dà una versione piuttosto caricata e sopra le righe, non si sa quanto per indicazioni registiche.

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Non sarà un Conclave liscio come l’olio e gli inciampi spuntano subito. Facendo la conta dei cardinali, il decano Lawrence si trova davanti un perfetto sconosciuto, il messicano Vincent Benitez (Carlos Diehz), nominato da Gregorio XVII, all’insaputa di tutti, vescovo di Kabul. Ovvio lo sconcerto, pure per la sede episcopale di destinazione, Benitez si dimostrerà comunque un plausibile outsider. Non basta, l’arcivescovo Woźniak (un eccellente Jacek Korman), prefetto della Cappella papale e confidente del pontefice, rivela a Lawrence che, ormai vicino alla morte, il Papa aveva chiesto al cardinal Trembley di dimettersi per gravi sospetti su una compravendita di voti tra i porporati. Potere, politica e colpi bassi. Le prime votazioni servono a saggiare il campo, nessuno prevale. Fumate nere, ripensamenti, s’inizia a trattare e a Lawrence tocca anche indagare. Sorella Agnes (Isabella Rossellini), preposta all’accoglienza dei cardinali, gli rivelerà che Trembley ha fatto arrivare apposta dalla Nigeria una suora per mettere in gravissimo imbarazzo il cardinal Adeyemi. Neppure il progressista Bellini risulterà immacolato.

Finché a scuotere il Conclave non arriva una serie di attentati da parte di fondamentalismi islamici, una detonazione danneggia la Cappella Sistina e piovono calcinacci, c’è qualche ferito lieve. E il cardinal Tedesco si scatena, invoca quasi una guerra santa contro l’Islam, fronteggiato dal cardinal Benitez, che ha svolto il suo servizio in teatri pericolosi, dall’Iraq all’ex Jugoslavia: “Io conosco la guerra , la violenza non va affrontata con la violenza”. Si torna a votare, il disorientamento porta suffragi crescenti a Lawrence, visto come una boa di salvataggio. Ma succede l’inimmaginabile. Diciamo solo che il futuro papa si chiamerà Innocenzo, in coda a una catena inesorabile di svelamenti fino a un colpo di teatro davvero notevole.

“Conclave” – la fotografia di Stéphane Fontaine e le musiche di Volker Bertelmann non cercano svoli e puntano a una certa solidità classica dell’insieme – gioca a modo con l’attualità, il regista è sperimentato e sa sfruttare i canoni del genere, ma con finezza. Tutto calato nelle diatribe cardinalizie, il film naturalmente sfrutta l’iconicità cruciale della Santa Sede e magagne connesse, fortunatamente resta lontano dai polpettoni ispirati ai romanzi di Dan Brown, “Angeli e demoni” “Il codice da Vinci” e “Inferno”, blockbuster di grana grossa tra noir esoterico e pesca a strascico nei luoghi comuni della Roma papale declinata come caverna di misteri e complottismi assortiti serviti da un bravo regista, Ron Howard e da un divo interstellare, Tom Hanks. Sì, bastano e avanzano i meandri dell’animo umano, non c’è bisogno di cercare altrove.

Edward Berger ha girato tra Cinecittà e la reggia di Caserta, forte di un discreto budget, 20 milioni di dollari messo sul piatto dalle americane Film Nation Entertainment e Indian Paintbrush e dall’italiana Wildside. Fiennes figura tra i produttori esecutivi, confermando la tendenza di molti attori di spicco a governare il dietro le quinte e non solo, da Leonardo DiCaprio a Margot Robbie, le star stanno entrando in campo con la loro personale casa di produzione. “Conclave” è distribuito da Eagle Pictures, buona la risposta al box office.



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