Automotive in crisi, nel 2024 giù l’elettrico

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I sindacati hanno fatto subito i conti e, nel dettaglio, la situazione dell’auto italiana è ancora più preoccupante. Numeri alla mano, il quadro è disastroso e per trovare cifre di produzione simili bisogna tornare indietro di quasi tre quarti di secolo. Era il 1956 quando gli stabilimenti nella Penisola sfornarono meno veicoli leggeri che nel 2024. Sul banco degli imputati, chiaramente, Stellantis il cui crollo, per quanto previsto, lascia di stucco. Il tonfo è generalizzato e non risparmia nessuna fabbrica del Gruppo. Mirafiori ha perso il 69,8% della produzione, dagli 85.940 esemplari del 2023 a 25.920 dell’anno appena concluso. Peggio la Maserati Modena, -79%, Melfi -63,5%, Cassino -45%, Pomigliano -21,9%. Si salva, parzialmente, solo Atessa che, realizzando commerciali per i vari brand della multinazionale, ha incassato una perdita più contenuta: -16,6% rispetto al 2013. In conclusione Stellantis nel nostro paese ha prodotto nell’ultimo esercizio 475.090 unità (-36,8%) tra auto e furgoni, contro le 751.384 dell’anno precedente. Sotto i riflettori le vetture che sono precipitate del 45,7%, sprofondando a soltanto 283.090 esemplari. L’azienda, anche se molto meno, è andata male anche sul mercato: sono state 452.615 le auto immatricolate dal Gruppo in Italia nel 2024 con una quota in calo di tre punti che si è attestata al 29%. L’aspetto che lascia poche speranze per l’anno appena iniziato e che, come ha spiegato il responsabile per l’Europa Imparato lo scorso 17 dicembre, il quadro non muterà molto nei prossimi 12 mesi perché i primi nuovi prodotti arriveranno nel 2026.

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ELETTRICO AL PALO

I rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto il rinnovo degli ammortizzatori sociali altrimenti, con l’indotto, 25 mila lavoratori sarebbero a rischio. La borsa non ha gradito il calo delle targhe e il titolo ha perso quasi il 2%. Motus-E, l’Associazione che si occupa della mobilità elettrica nel nostro paese, evidenzia le particolarità del comparto. Il settore non cresce (le vendite sono scese del 2% nel 2024) nonostante l’arrivo di numerosi nuovi modelli. Male a dicembre con un meno 14%. L’Associazione ha scritto al governo chiedendo «un maggior coordinamento istituzionale sulla transizione tecnologica dei trasporti».

Notizie non buone arrivano anche dalla Cina dove la transizione energetica va a gonfie vele e il governo a tutte le intenzioni di proteggere il proprio vantaggio nell’argomento. In patria il mercato elettricato è cresciuto a dismisura negli ultimi mesi superando stabilmente il 50% delle vendite di vetture con la spina (full electric più ibrido plug-in) ed ormai l’obiettivo di mandare le termiche definitivamente in pensione senza nessun obbligo è per la fine del decennio. I costruttori, oltre ad aumentare le esportazioni, stanno costruendo all’estero anche fabbriche e Pechino vigila perché non ci siano fughe di segreti. Secondo la CNN i più recenti richiami riguarderebbero la tecnologia dei catodi delle batterie oltre alle restrizioni proposte sulla tecnologia relativa alla produzione di litio e gallio.

L’ITALIA CAPOFILA

Sullo scenario certo non aiutano i dazi che numerosi paesi occidentali, ultima l’Unione Europea, hanno messo sulle BEV cinesi. Il paese orientale, in ogni caso, è messo bene sull’automotive perché può spingere sui modelli termici anche loro competitivi. Per ultimo nel nostro continente la battaglia si sta spostando a Bruxelles dove sono in atto le manovre per anticipare la revisione delle normative dal 2026 a quest’anno. Ieri il Ministro Adolfo Urso ha dato un aggiornamento su X: «Avevamo previsto che la nostra visione si sarebbe imposta con la forza della ragione. E cosi e stato. Ora anche la Germania chiede l’immediata revisione del Green Deal per evitare il collasso dell’industria dell’auto europea. Avevamo detto a Bruxelles già in settembre che occorreva intervenire subito, per evitare che anche gli operai manifestassero come avevano fatto gli agricoltori europei. E cosi sarà. Le forze della responsabilità si muovano insieme perché è arrivata l’ora di cambiare».

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