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Qualche giorno fa Tomaso Montanari su Il Fatto Quotidiano esprimeva disprezzo per chi, mentre al cinema si commuove per La Grande ambizione, nel frattempo stravolge le norme urbanistiche, di Milano e non solo, per sostenere gli speculatori. In Sardegna succede che i partiti che siedono in Consiglio regionale, dalla “sinistra” ai Cinque Stelle, dal Pd a Fratelli d’Italia, con ogni finanziaria e con ogni variazione di bilancio decidono di distribuire decine di milioni di euro (fare il conto finale è complicato) ad associazioni, parrocchie, comuni ed altri enti “amici di amici”.
Il sistema è il seguente: nella legge di tipo finanziario in discussione si inserisce, cercando di non farlo conoscere all’esterno sino all’ultimo, un emendamento in cui vengono elencati i fortunati, che ricevono cifre che variano dalle poche migliaia di euro sino a cifre a cinque zeri. L’unico criterio di individuazione dei beneficiari è che siano considerati dai consiglieri regionali degni di finanziamento. Chi conosce il Consiglio regionale racconta che ogni “onorevole” ha un budget che può destinare a chi vuole, e poi tutte le scelte finiscono in un unico emendamento, che viene votato in blocco.
Questi tipi di finanziamento esistono da moltissimi anni, ma la loro quantità è aumentata enormemente negli ultimi anni e, nel passato, erano erogati in via straordinaria per associazioni e contesti i quali erano largamente riconosciuti come meritevoli di sostegno. Ora la situazione è cambiata, sia dal punto di vista qualitativo, che quantitativo. Basta leggere l’elenco dei beneficiari per rendersene conto.
Pur essendoci dubbi di costituzionalità – io ritengo – per questi tipi di norme, dimostrarne la illegittimità non è semplice. Ma al di là di questo elemento, le domande che mi pongo sono: è giusto? È sano?
Al di là di un effetto distorsivo sulle dinamiche culturali e di mercato, quale è il concetto che passa, che viene certificato dalla più importante assemblea sarda? Passa il ragionamento che basta convincere un consigliere regionale che un progetto è valevole di sostegno e non c’è più bisogno di partecipare a bandi europei, o a bandi statali, o banalmente a bandi regionali. Basta avere “un amico in Consiglio” per vedersi riconosciuti finanziamenti che, soprattutto nei piccoli comuni, possono significare la rielezione.
In alcuni casi, e non è possibile stabilire quanti, vi potrebbe essere un legame tra la carriera politica di un consigliere e questi finanziamenti, soprattutto in un posto poco popolato come la Sardegna nella quale, talvolta, si diventa consiglieri regionali con meno di 1.000 preferenze. Perché, ad esempio, assegnare 30.000 euro ad una associazione di amatori di rugby per l’acquisto di attrezzatura? Perché a loro e non ad altri? Magari l’iniziativa è estremamente lodevole, ma con quali criteri è stato deciso? Perché così tanti finanziamenti alle chiese e a strutture cattoliche, sino a pagare il “rinnovo infissi locali” ad Elmas? Perché ad Elmas sì e in un altro Comune no?
Cosa si insegna alle sarde e ai sardi della politica? Si insegna loro che è una cosa sporca, in cui si può guadagnare qualcosa nel nome del legame personale e non della qualità del progetto, dell’idea. Enrico Berlinguer cosa avrebbe detto di tutto questo? Dobbiamo citare la famosa intervista di Berlinguer a Scalfari su la Repubblica di quaranta anni fa?
Nelle ultime settimane il mondo politico “progressista” sardo ha celebrato Berlinguer con convegni, seminari, paginone sui giornali, in occasione del quarantennale della morte. Al di là della narrazione distorta su un comunista rivoluzionario, abbiamo visto esponenti di partiti “progressisti” che la mattina votavano in Consiglio regionale i finanziamenti ad hoc, e poi la sera andavano a parlare di Berlinguer, o facevano post sui social, affermando che è un esempio per tutti.
Non sono mai stato berlingueriano, non lo sarò mai, per me La Grande Ambizione, cioè il compromesso storico, si sarebbe dovuta chiamare “La Grande Sconfitta”; ma ho sempre rispettato il compagno Berlinguer, ho cercato di fare politica col suo stesso disinteresse personale. Per questo non mi riconosco in quella politica.
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