«Bene le bollicine, ma il brand Friuli ha spazi di crescita»

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«Una buona annata per le bollicine, più difficile per i vini fermi, specie i rossi, che soffrono di più a livello internazionale».

A scattare un’istantanea sul mercato vinicolo a fine anno è Mirko Bellini, manager del vino, già direttore di Ersa Fvg e fino a qualche giorno fa della cantina dei produttori di Casarsa.

Bellini, il 2024 per il vino è stato un anno a due velocità…

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«I vini fermi hanno continuato a soffrire, specie i rossi, pensiamo solo a quanto sta accadendo in Francia, dove i viticoltori di Bordeaux hanno estirpato migliaia di ettari di vigneti. Tutt’altro andamento per le bollicine e in particolare per le due commodity che interessano le aziende friulane: Prosecco e Pinot Grigio, per le quali come detto il 2024 è stato un anno positivo».

Quali i mercati più remunerativi?

«Diciamo che ha tenuto il mercato interno, grazie al fatto che i consumatori, nonostante il prezzo del prodotto finale non sia sceso e il potere d’acquisto si sia ridotto a causa dell’inflazione e di stipendi bloccati, non hanno rinunciato a mangiare e bere bene. A questo si aggiunga che dopo il Covid sono tornati i turisti, in particolare quelli stranieri alto-spendenti. Fino a giugno c’è stato un trend di crescita positivo, seguito da un rallentamento fino a settembre e da una tenuta nell’ultimo trimestre».

«La Germania, che sta vivendo un periodo di forte recessione, ha chiesto prezzi bassi, un po’ come Francia e Inghilterra, dove alla domanda di un primo prezzo si è affiancata la scarsa liquidità a disposizione dei consumatori. Il mercato russo, il principale nell’area dell’Est Europa per Prosecco e Pinot Grigio, al momento è fortemente limitato per via del conflitto e degli embarghi che ne sono discesi, mentre si sono mossi positivamente i paesi asiatici e la Cina che per volumi non sono però ancora determinanti, a differenza degli Stati Uniti, dove le imprese italiane si sono letteralmente riversate cercando di compensare le contrazioni subite altrove».

Previsioni per l’anno prossimo?

«Mi aspetto maggiori difficoltà sul mercato interno dovute al caro vita, mentre una ripresa potrebbe arrivare nel breve-medio periodo quale effetto della fine dei conflitti, a partire da quello russo ucraino, considerato che la Russia riceveva, ante guerra, importanti quantità di vino. Il mercato Usa potrebbe invece subire un leggero rallentamento o in alternativa una stabilizzazione, che del resto si è già intravista quest’anno».

Venendo a lei Bellini, perché la sua strada e quella della neonata Cantina cooperativa di Conegliano, Vittorio Veneto e Casarsa (la fusione risale a febbraio 2024) si sono divise?

«È una decisione che avevo preso e comunicato a suo tempo: con la fusione delle due cantine, di Conegliano e Vittorio Veneto da un lato e di Casarsa dall’altro, i miei obiettivi erano raggiunti, il mio lavoro lì è finito. Non mi interessava rifare quello che avevo già fatto».

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A Casarsa è rimasto 10 anni, qual è il suo bilancio?

«È stata un’esperienza bellissima, anche se il primo periodo non è stato facile, abbiamo dovuto ricostruire una nuova immagine de La Delizia e realizzare una rete commerciale e un pacchetto clienti che è diventato fra i più importanti. Nel secondo periodo, assieme alla governance casarsese, abbiamo invece rivoluzionato e reimpostato la struttura, secondo criteri gestionali moderni, il che ci ha permesso di crescere e passare da 45 a 70 milioni di fatturato. Risultati centrati grazie a un importante pacchetto di investimenti e all’ottimo livello di professionalità e capacità dei dipendenti della Viticoltori friulani La Delizia, ragazzi giovani e molto motivati che sono una grande risorsa per il futuro».

Lei è stato uno dei fautori della fusione tra Casarsa e Conegliano, i conti della commerciale però si sono chiusi in negativo. È stata un’operazione positiva?

«Il progetto industriale è valido e darà grandi soddisfazioni. Ritengo del resto fosse un percorso inevitabile. I soci di Casarsa ambivano a ottenere lo stesso prezzo di liquidazione delle uve dei colleghi di Conegliano (che era più alto), i veneti dal canto loro volevano i volumi e la commerciale di Casarsa, che aveva a sua volta bisogno di ulteriore materia prima. Nell’ultimo anno e mezzo la cantina friulana ha operato per raggiungere la fusione, trasformando la propria struttura, cambiando regime fiscale, trasformando e costruendo assieme a Conegliano la società commerciale, trasferendole agenti e clienti, implementando la capacità di stoccaggio a Zoppola e progettando e rifacendo quasi interamente l’impianto di imbottigliamento di Casarsa. Tenuto conto del fatturato allo scorso giugno, 170 milioni il primo anno, e della soddisfacente liquidazione delle uve, ritengo personalmente sia stato fatto un discreto lavoro, anche se il primo vero bilancio sarà quello dell’anno prossimo, risultato della cantina unica e della commerciale».

Questo primo lo considera dunque un anno di transizione…

«Le fusioni richiedono sempre una valutazione dopo i primi due esercizi, dove verranno equilibrate le poste e adeguatamente compensate e attribuite fra le due realtà. Sono sicuro del resto che la governance dei Vini La Delizia, visti i diversi, rilevanti ruoli del presidente della società Flavio Bellomo (è presidente di Ceviq, vicepresidente del Consorzio Vini Doc delle Venezie e della Doc Friuli e ancora consigliere del Consorzio del Prosecco), hanno tutta l’esperienza e le conoscenze necessarie per far crescere l’ azienda».

«Ritengo che il Friuli vada smarcato dal Pinot grigio delle Venezie e dal Prosecco, per i quali il prezzo d’acquisto dei grossi volumi è dettato dal cliente, che di fatto influenza marginalità e bilancio. La situazione economica e dei mercati offre l’ennesima grande opportunità di rilancio per il brand Friuli, che va giocata lavorando sui prodotti classici. Sulla Doc Friuli c’erano e ci sono grossissime aspettative, per ora non concretizzate. Il Friuli resta una delle prime regioni vitivinicole al mondo e questa opportunità va sfruttata. Di corsa». 

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