L’attore di tanti ruoli comici debutta alla regia con un racconto sul sacrificio
«Nero», e non solo a metà. Anzi, per il suo esordio nella regia, l’attore partenopeo Giovanni Esposito raddoppia, decidendo di interpretare il ruolo del protagonista, «Nero», appunto (il film è stato presentato a Capri Hollywood): un poverocristo che campa solo di piccoli furti in zona flegrea, e vive solo per accudire con amore la sorella Imma, che ha un grave ritardo cognitivo, e a cui è legato da amore incondizionato. Una notte, durante una rapina finita male, Nero uccide involontariamente un benzinaio che però poco dopo torna a vivere. Nero scopre così di avere una sorta di superpotere: ma è un supereroe «a togliere», perché ogni volta che salva una persona lo «paga» perdendo uno dei suoi cinque sensi. E ogni volta dovrà decidere se sacrificarsi o meno…
Attore brillante o addirittura comico in cinquanta film – da «Polvere di Napoli» di Capuano a «Ammore e malavita» dei Manetti Bros a «Zamora» di Marcorè, attualmente in sala con «Io e te dobbiamo parlare» e sulle piattaforme con «Uonderbois» – debutta alla regia con un film sul sacrificio. Lei ama il rischio.
«Se ci fosse qualcuno in grado di fare dei sacrifici, anche piccoli, il mondo sarebbe migliore. Il sacrificio è un atto insito nell’essere umano, ma ormai viviamo in una deriva totale, non abbiamo più la forza di guardare agli altri e di fare qualcosa per loro. Con Francesco Prisco, assieme al quale ho scritto la sceneggiatura, spesso ci lanciamo in elucubrazioni tipo “che cosa accadrebbe se…”, e nel 2018 ci siamo messi all’opera su questo tema. Poi nel lavoro di scrittura è intervenuta Valentina Farinaccio, che ha fornito un fondamentale punto di vista femminile: il personaggio di Imma, la sorella, è infatti il motore della storia, in qualche modo lei è l’inizio e la fine di tutto».
E per il ruolo di Imma lei ha chiamato Susy Del Giudice, che nella vita reale è sua moglie. Susy come ha vissuto questo «cambio di stato»?
«All’inizio in modo drammatico, perché nel copione che le ho fatto leggere non c’erano quasi battute sue, ma solo molte didascalie. Imma infatti in pratica non parla, e Susy per interpretare il ruolo di una donna afflitta da una grave difficoltà psichica ha voluto anche consultare Alessandra Borghese, una dottoressa specialista nell’autismo. E dato che il personaggio doveva assumere sul set delle posture particolari, Susy si è anche procurata due ernie che nelle ultime settimane di lavorazione l’hanno obbligata a spostarsi su una sedia a rotelle…».
Quando si dice un film sul sacrificio. Ma ora ci tolga un dubbio: anche in «Nero» Giovanni Esposito ci farà anche sorridere, o per questa volta ci dovremo sacrificare anche noi?
«La risata è una scienza particolare, una cosa che ha a che vedere più con la fisica e con la matematica che con la recitazione, solo che fino a quando non incontri il pubblico non sai se quel che hai realizzato funzionerà o meno. Ma nella proiezione che abbiamo fatto al festival di Torino, quelle due o tre risate arrivano, e esattamente nei punti in cui avevamo calcolato che arrivassero».
Quanto è stata dura recitare e insieme dirigere?
«All’inizio pensavo di fare solo la regia, e fantasticando dicevo che mi sarebbe piaciuto affidare il ruolo del protagonista a un grande attore come Elio Germano. Ma poi mi sono progressivamente convinto che Nero ero io, e sono felice di averlo fatto anche se stare contemporaneamente “dentro e fuori” dal set è stato davvero un lavoraccio. Fortunatamente ero sostenuto in questa impresa sia dagli attori che dalla troupe: in particolare è stato prezioso il lavoro di Daniele Ciprì, molto più di un direttore della fotografia, una maestro e una persona meravigliosa al quale devo molto».
A proposito dell’atmosfera e dell’ambientazione del film: lei una volta ha parlato di «iperrealismo magico».
«Quel litorale tra Mondragone e Castel Volturno è il luogo che avevo da sempre in testa per “Nero”. Luoghi pieni di verità e di dolore, posti che avrebbero potuto essere la Cannes della Campania e dove invece pure la meravigliosa pineta è morta. Ma i migranti che partono hanno spesso in tasca un biglietto in cui c’è scritto un indirizzo di Castel Volturno a cui rivolgersi in caso di necessità… Non avrei potuto girare “Nero” in nessun altro posto».
Invece per «La badante» è tornato a girare nel cuore di Napoli.
«Sì, ma la regia è di Vincenzo Marra, io ci recito solo, eh. Un film delizioso basato su storie vere: la badante del titolo è infatti una donna srilankese che lavora e la famiglia Marra!. Ma tra poco sarò di nuovo su Netflix: giro con Luca Zingaretti la serie “Il capo perfetto”».
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