Vino, Rosset Terroir: la forza degli autoctoni della Valle d’Aosta

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


Milano, 30 dic. (askanews) – Nicola Rosset non è solo un uomo dal carattere deciso ma un imprenditore che del vino ha una visione molto chiara, che parte dalla valorizzazione del terroir valdostano e dei suoi vitigni autoctoni: “Vino vero e territoriale”, per usare le sue parole. Per questo investe, produce in modo sostenibile e rispettoso dell’ambiente, lavora sulla qualità, sperimenta senza esagerazioni e punta ad un posizionamento alto con vini assai ben fatti, dai tratti eleganti e puliti. Uno su tutti, il Petite Arvine, vitigno a bacca bianca che il 41enne enologo valdostano Matteo Moretto (coadiuvato da un consulente del calibro di Luca D’Attoma) coltiva con passione tra i 600 e i 900 metri di altitudine con pendenze che arrivano al 54%. Se la sua massima espressione è certamente il “Sopraquota 900”, giustamente celebrato e pluripremiato come uno dei bianchi più buoni d’Italia e tra i migliori al mondo (la strepitosa annata 2022 ha ottenuto quest’anno 98 punti da James Suckling), a sorprendere è anche suo fratello minore, il Vallée D’Aoste Dop, figlio delle quote più basse e sabbiose, a dimostrazione delle potenzialità di queste uve e della bontà del lavoro svolto in vigna e in cantina, e più in generale del clima e della diversità dei suoli di queste montagne.

Ed è proprio questa pianta dai piccoli acini pruinosi e dalla buccia sottile che predilige non solo l’altezza ma anche le ripide pendenze e l’invecchiamento (“fino a 15 anni”), ad imprimere nel 2017 una svolta all’Azienda agricola Rosset Terroir di Torrent de Maillod a Quart. I Rosset erano infatti noti per essere dei distillatori di lungo corso (Distillerie St. Roch Levi Ottoz) che nel 2001 hanno deciso di diventare viticoltori impiantando i primi tre ettari a Saint Christophe. Ettari che nel giro di qualche anno sono saliti a 12 distribuiti tra Bassa, Media e Alta Valle per un totale di circa 50mila bottiglie. Poi l’idea, la visione, di salire in altezza, acquisendo un vitigno unico di quasi due ettari piantato a Petite Arvine nel 1990, su un suolo dove la sabbia sposa granito e ardesia nel territorio di Villeneuve, piccolo e antico comune montano sulla Dora, all’imbocco della Valsavarenche e della Val di Rhemes.

Attualmente in conversione biologica, Rosset Terroir è stata la prima Cantina in Valle d’Aosta ad usare (oltre al legno e all’acciaio e forse, in futuro, al cemento) anfore in terracotta e/o orci neutri e non vetrificati per l’affinamento, allo scopo di sfruttare una micro ossigenazione delicata e costante che esaltasse la freschezza e l’aromaticità delle uve. La viticoltura eroica praticata su ripidi terrazzamenti sostenuti da muretti a secco, le rese contenute, le macerazioni prolungate, l’attenzione sartoriale ai dettagli per i vini di punta, restituiscono un’identità artigianale nonostante l’azienda sia un punto di riferimento nel panorama vinicolo non solo regionale. Si pensi in questo senso che circa il 35% della produzione, una percentuale altissima per le Cantine di questa piccola regione, viene esportata e va a finire principalmente negli Stati Uniti, in Giappone e in Indonesia. Reduce da una vendemmia che ha falcidiato il 60% della produzione, Nicola Rosset non rinuncia al suo obiettivo di arrivare in futuro a produrre 80mila bottiglie: non oltre per non snaturare la struttura aziendale, e senza scorciatoie, cioé ad esempio senza lo spumante (“ma se dovessimo farlo utilizzeremmo il Prié Blanc” garantisce), la cui introduzione è prevista nella prossima modifica del Disciplinare. Altra novità dovrebbe riguardare il limite dei mille metri per la viticultura regionale, che porterà il “Sopraquota 900” a passare da “vino da tavola” a Doc.

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Oltre alle due versioni già citate di “Petite Arvine”, il bianco simbolo di questa regione, l’azienda produce tra Chambave, Saint-Christophe, Villeneuve e Saint-Pierre altri sette vini: i bianchi “Chambave Muscat Vallée d’Aoste Dop”, il “Pinot Gris Vallée d’Aoste Dop”, lo “Chardonnay 770 Vallée d’Aoste Dop Cru” e i “Premisse Vallée d’Aoste Dop”. A questi si affiancano i rossi “Pinot Noir 850 Vallée d’Aoste Dop”, “il Cornalin Vallée d’Aoste Dop”, il “Nebbiolo Vallée d’Aoste Dop”, il “Syrah 870 Vallée d’Aoste Dop” e il blend “Trasor Vallée d’Aoste Dop”. Tutti vini, e alcuni gioielli, che hanno un loro perché, prodotti da una realtà che da oltre due decenni testimonia il potenziale di questa Valle straordinaria, lavorando sul prezzo e sull’export così come deve essere fatto.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link