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Agrivoltaico e CER quali strumenti di sostenibilità energetica
di Elena QUADRI

Pubblicazione dell’Ufficio Studi della Giustizia Amministrativa 

Premessa

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Il tema dell’approvvigionamento energetico riveste sempre più rilevanza in ragione dell’aumento dei costi dei combustibili tradizionali causato prima dall’emergenza sanitaria Covid-19 e successivamente dalla crisi energetica procurata dal conflitto russo-ucraino.

Diventa, dunque, sempre più indifferibile la risoluzione della problematica relativa al reperimento di fonti alternative di produzione di energia, fra le quali senza dubbio notevole rilevanza rivestono le fonti rinnovabili.

L’implementazione della produzione di energia da tali fonti risponde, inoltre, agli obiettivi di decarbonizzazione entro il 2030 connessi all’accelerazione del riscaldamento globale e al cambiamento climatico.

Invero, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di recepimento della direttiva RED II (Renewable Energies Directive direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, ora modificata dalla direttiva RED III, 2023/2413/UE del 18 ottobre 2023, che dovrà essere recepita entro il 21 maggio 2025), l’Italia si pone come obiettivo quello di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, al fine di raggiungere gli obiettivi europei al 2030 e al 2050, da perseguire in coerenza con le indicazioni del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e tenendo conto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). In tale ambito, risulta di particolare importanza individuare percorsi sostenibili per la realizzazione delle infrastrutture energetiche necessarie, che consentano di coniugare l’esigenza di rispetto dell’ambiente e del territorio con quella di raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

Il Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC), adottato il 21 gennaio 2020 e in corso di aggiornamento, prevede che, in termini di tecnologie, i settori che vedranno maggiormente crescere il proprio contributo saranno il fotovoltaico e l’eolico, per la loro maggiore competitività che comporta minori costi per il sistema. Il piano intende, altresì, stimolare la diffusione di soluzioni innovative che massimizzino la sinergia tra energia e ambiente, come gli impianti agrivoltaici e quelli offshore.

La produzione di energia da fonte solare, ancora troppo scarsa, deve, dunque, ricevere un notevole impulso e il nostro paese è, in questo, favorito dalle particolari condizioni climatiche, soprattutto nel meridione.

Anche leCER (Comunità di energia rinnovabile) costituiscono uno straordinario strumento per raggiungere lo scopo di promozione di energia prodotta da fonte rinnovabile e dunque di contrasto all’inquinamento atmosferico e al cambiamento climatico. Nelle stesse i consumatori diventano produttori (si parla di prosumer) e partecipano attivamente alla regolazione del mercato.

Fotovoltaico, agrivoltaico semplice e agrivoltaico avanzato

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Il fotovoltaico, ovvero l’utilizzazione di un terreno esclusivamente a scopo di installazione dei pannelli fotovoltaici, senza coltivazioni agricole, si differenzia dalla tipologia di impianto agrivoltaico (vedi anche Cons. Stato, IV, n. 8029 del 2023), che, a sua volta, si distingue in agrivoltaico semplice e agrivoltaico avanzato.

Più in particolare, gli impianti c.d. “agrivoltaici”, sono impianti fotovoltaici che consentono di preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione, garantendo, al contempo, una buona produzione energetica da fonti rinnovabili.

La politica agricola comunitaria (PAC), ora disciplinata nelle sue linee fondamentali dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e dai regolamenti (UE) nn. 2021/2116, 2021/2115 e 2021/2117, incide profondamente sulle scelte aziendali concernenti l’uso del suolo agricolo e garantisce sovvenzioni al reddito degli agricoltori.

L’Italia riceve contributi per diversi miliardi di euro, dei quali una parte è destinata agli aiuti diretti per le aziende agricole.

Per quanto concerne gli ettari ammissibili al sostegno PAC, fermo restando l’utilizzo prevalente per l’attività agricola, è consentito, previa comunicazione preventiva all’organismo pagatore competente, svolgere un’attività non agricola purché quest’ultima non interferisca con lo svolgimento dell’ordinaria attività agricola e consenta il mantenimento di buone condizioni agronomiche e ambientali. Infatti, quando la superficie agricola di un’azienda è utilizzata anche per attività non agricole, essa si considera utilizzata prevalentemente per attività agricole se l’esercizio di tali attività agricole non è seriamente ostacolato dall’intensità, dalla natura, dalla durata e dal calendario delle attività non agricole.

Tali requisiti possono essere rispettati nel caso di installazione di impianti agrivoltaici.

Con riferimento a tali impianti è stata anche prevista, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, una specifica misura, con l’obiettivo di sperimentare le modalità più avanzate di realizzazione di tale tipologia di impianti e monitorarne gli effetti (cosiddetto agrivoltaico avanzato). Il tema rileva anche con riferimento al processo di individuazione delle c.d. “aree idonee” all’installazione degli impianti a fonti rinnovabili, previsto dal decreto legislativo n. 199 del 2021 e, dunque, ai diversi livelli possibili di realizzazione di impianti fotovoltaici in area agricola (vedi ora art. 5 d.l. 15 maggio 2024, n. 63, convertito con modificazioni dalla l. 12 luglio 2024, n. 101).

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Gli impianti agrivoltaici, esclusi dai divieti di installazione dei fotovoltaici ordinari, costituiscono possibili soluzioni virtuose e migliorative rispetto alla realizzazione di impianti fotovoltaici standard.

In astratto, infatti, la prestazione legata al fotovoltaico e quella legata alle attività agricole risultano in contrasto tra loro, in quanto le soluzioni utilizzate per la massima captazione solare da parte del fotovoltaico possono creare condizioni meno favorevoli per l’agricoltura e viceversa.

Ad esempio, un eccessivo ombreggiamento sulle piante può generare ricadute negative sull’efficienza fotosintetica e, dunque, sulla produzione; le ridotte distanze tra i moduli o tra i moduli e il terreno possono interferire con l’impiego di strumenti e mezzi meccanici usati in agricoltura.

Una soluzione che privilegi solo una delle due componenti del sistema agrivoltaico può, quindi, presentare effetti negativi sull’altra.

La ratio del sistema agrivoltaico consiste, invece, nel definire parametri e requisiti per poter conseguire le migliori prestazioni sul sistema complessivo, considerando sia la componente energetica che quella agronomica del sistema agrivoltaico.

Un impianto con sistema agrivoltaico, rispetto a un sistema meramente fotovoltaico a terra, presenta una maggiore variabilità nell’altezza da terra, nei sistemi di supporto, nell’inclinazione e nella distribuzione in pianta dei moduli, oltre che nelle tecnologie fotovoltaiche impiegate, anche in relazione al tipo di colture prodotte.

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Come si ricava dalle linee guida elaborate nel mese di giugno 2022 nell’ambito di un gruppo di lavoro coordinato dall’allora Ministero della transizione ecologica e composto da CREA, GSE, ENEA e RSE, i requisiti che i sistemi agrivoltaici devono rispettare per essere definiti agrivoltaici semplici, consistono nel:

REQUISITO A: Il sistema è progettato e realizzato in modo da adottare una configurazione spaziale ed opportune scelte tecnologiche, tali da consentire l’integrazione fra attività agricola e produzione elettrica e valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi;

REQUISITO B: Il sistema agrivoltaico è esercito, nel corso della vita tecnica, in maniera da garantire la produzione sinergica di energia elettrica e prodotti agricoli e non compromettere la continuità dell’attività agricola e pastorale;

Per soddisfare la definizione di “impianto agrivoltaico avanzato” e, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 65, comma 1- quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, classificare l’impianto come meritevole dell’accesso agli incentivi statali a valere sulle tariffe elettriche, i sistemi devono rispettare oltre al requisito A e al requisito B, anche il:

REQUISITO C: L’impianto agrivoltaico adotta soluzioni integrate innovative con moduli elevati da terra, volte a ottimizzare le prestazioni del sistema agrivoltaico sia in termini energetici che agricoli;

REQUISITO D: Il sistema agrivoltaico è dotato di un sistema di monitoraggio che consenta di verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate.

Per l’accesso ai contributi del PNRR, oltre ai requisiti A, B, C e D, i sistemi dovranno rispettare anche il:

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REQUISITO E: Il sistema agrivoltaico è dotato di un sistema di monitoraggio che, oltre a rispettare il requisito D, consenta di verificare il recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici.

Il quadro normativo interno in materia di agrivoltaico

Nel giugno 2022, nell’ambito di un gruppo di lavoro coordinato dall’allora Ministero della transizione ecologica – dipartimento per l’energia, e composto da:

 CREA – Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria;

 GSE – Gestore dei servizi energetici S.p.a.;

 ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile;

 RSE – Ricerca sul sistema energetico S.p.a.

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sono state elaborate le linee guida allo scopo di chiarire le caratteristiche minime e i requisiti che un impianto fotovoltaico dovrebbe possedere per essere definito agrivoltaico, sia per ciò che riguarda gli impianti più avanzati, che possono accedere agli incentivi PNRR, sia per ciò che concerne le altre tipologie di impianti agrivoltaici, che possono comunque garantire un’interazione più sostenibile fra il sistema di produzione energetica e il sistema di produzione agricola.

Il quadro normativo interno per l’agrivoltaico è costituito, dunque, allo stato, da:

– Linee guida del Mase del giugno 2022;

– d.M. Mase n. 436 del 22 dicembre 2023, pubblicato il 13 febbraio sul sito istituzionale del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;

– regole operative per l’accesso agli incentivi del Mase (di cui all’art. 12, comma 2, del d.M.436): d.Mase maggio 2024;

– le linee guida del GSE-CREA;

– il d.M. aree idonee (decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica del 21 giugno 2024, emanato di concerto con il Ministro della cultura e con il Ministro dell’agricoltura, entrato in vigore il 3 luglio 2024);

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– legislazione regionale (sarebbe auspicabile che le Regioni intervenissero con disposizioni finalizzate ad operare il massimo allineamento con la normativa nazionale, per garantire una visione armonizzata del contesto regolatorio: cfr. ordinanze del Consiglio di Stato, ad es. n. 7104 del 2024, con cui è stato sospeso l’art. 7, comma 2, lett. c), del d.M. Mase 21 giugno 2024, che riconosce solo la facoltà e non l’obbligo per le Regioni di far salve le aree idonee elencate dal d.lgs. n. 199 del 2021; le Regioni, invece, non possono adottare una disciplina in senso più restrittivo rispetto a quella statale di cui all’art. 20, comma 8, che, pur riconoscendo la competenza nella disciplina alle Regioni, fa salve le aree idonee all’apposizione degli impianti).

Dalle disposizioni normative adottate si ricava che il sistema agrivoltaico (o sistema agrivoltaico avanzato) è un sistema complesso composto dalle opere necessarie per lo svolgimento di attività agricole in una data area e da un impianto agrivoltaico avanzato installato su quest’ultima che, attraverso una configurazione spaziale ed opportune scelte tecnologiche, integra l’attività agricola con la produzione di energia elettrica, e che ha lo scopo di valorizzare il potenziale produttivo di entrambi i sottosistemi, garantendo comunque la continuità delle attività agricole proprie dell’area.

Dalle linee guida si evince che i costi di approvvigionamento energetico a carico delle aziende agricole rappresentano oltre il 20% dei costi variabili. Gli investimenti da parte delle imprese agricole dedicati alla produzione di energie rinnovabili si traducono, dunque, in un abbattimento dei costi operativi in grado di innalzare la redditività agricola e migliorare la competitività.

L’autoconsumo dell’energia prodotta tramite l’impianto agrivoltaico si configura, pertanto, come uno strumento di efficienza aziendale. Lo stesso PNRR prevede che la misura di investimento dedicata allo sviluppo degli impianti agrivoltaici contribuisca alla sostenibilità non solo ambientale, ma anche economica delle aziende coinvolte. L’investimento previsto dal PNRR si pone infatti il fine di rendere più competitivo il settore agricolo, riducendo i costi di approvvigionamento energetico (ad oggi stimati oltre il 20 per cento dei costi variabili delle aziende e con punte ancora più elevate per alcuni settori erbivori e granivori), e migliorando al contempo le prestazioni climatiche-ambientali. Identificare un obiettivo minimo di autoconsumo per l’energia prodotta dall’impianto agrivoltaico va nel senso di favorire quanto suddetto in ottica premiale.

In particolare, il decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica n. 436 del 2023, in attuazione dell’articolo 14, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 199 del 2021, prevede i criteri e le modalità per incentivare la realizzazione, entro il 30 giugno 2026, di sistemi agrivoltaici di natura sperimentale, in coerenza con le misure di sostegno agli investimenti previsti dal PNRR.

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) definisce le modalità con le quali trovano copertura sulle componenti tariffarie dell’energia elettrica le risorse necessarie per l’erogazione della tariffa incentivante.

Ai sensi dell’art. 4 del d.M., i soggetti beneficiari della misura sono gli imprenditori agricoli, in forma individuale o societaria, e le associazioni temporanee di imprese, che includano almeno un imprenditore agricolo; sono poi specificati i soggetti a cui non è consentito l’accesso agli incentivi.

Con riferimento all’effetto incentivante, non è consentito l’accesso agli incentivi con riferimento agli impianti per i quali i lavori di realizzazione sono iniziati prima di aver presentato istanza di partecipazione alle procedure bandite ai sensi del decreto. Gli interventi si intendono avviati al momento dell’assunzione della prima obbligazione che rende un investimento irreversibile, quale, a titolo esemplificativo, quella relativa all’ordine delle attrezzature ovvero all’avvio dei lavori di costruzione. L’acquisto di terreni e le opere propedeutiche quali l’ottenimento di permessi e lo svolgimento di studi preliminari di fattibilità non sono da considerarsi come avvio dei lavori.

I soggetti che hanno avuto accesso agli incentivi di cui al presente decreto possono rinunciarvi prima del termine del periodo di diritto; in tal caso, i predetti soggetti sono tenuti alla restituzione degli incentivi netti fruiti fino al momento di esercizio dell’opzione. Il diritto all’esercizio di tale opzione è condizionato alla verifica da parte del GSE dell’avvenuta restituzione.

Riguardo alle modalità e ai requisiti generali per l’accesso agli incentivi, disciplinati dall’art. 5, l’accesso ai meccanismi incentivanti è possibile secondo due modalità: a seguito di iscrizione in appositi registri o a seguito di partecipazione a procedure pubbliche competitive.

In ogni caso, gli impianti risultanti in posizione utile nelle relative graduatorie entrano in esercizio entro diciotto mesi a decorrere dalla data di comunicazione dell’esito della procedura e comunque non oltre il 30 giugno 2026.

Il GSE eroga gli incentivi per un periodo pari a venti anni, corrispondente alla vita utile convenzionale degli impianti, considerato al netto di eventuali fermate derivanti da cause di forza maggiore ovvero di fermate effettuate per la realizzazione di interventi di ammodernamento e potenziamento non incentivati.

Il d.M. ha chiarito quali requisiti debba avere un impianto agrivoltaico per poter accedere agli incentivi del PNRR, confermando le linee guida in materia di impianti agrivoltaici pubblicate a giugno 2022 dal MiTe (oggi Mase), ovvero favorire il sostegno alla realizzazione di sistemi agrivoltaici cosiddetti “avanzati”, in grado cioè di massimizzare l’integrazione tra sistema di produzione agronomico e sistema di produzione energetico, anche mediante utilizzo di sistemi di monitoraggio in grado di verificarne le condizioni ottimali di esercizio e gli effetti sui benefici concorrenti.

Le regole operative e le linee guida del GSE

La definizione di tali sistemi agrivoltaici “avanzati” o “sperimentali” nel d.M. n. 436 del 2023 è inoltre ricondotta esplicitamente a quanto previsto dall’art. 65, commi 1 -quater e 1-quinquies, del d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e, cioè, da sistemi che adottano congiuntamente:
1-quater: soluzioni integrate innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche eventualmente consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione;
1-quinquies: sistemi di monitoraggio, sulla base di linee guida adottate dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria-CREA in collaborazione con il GSE (in seguito: Linee guida CREA-GSE), che consentano di verificare l’impatto dell’installazione fotovoltaica sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture, la continuità delle attività delle aziende agricole interessate.

Gli indicatori sul recupero della fertilità del suolo, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici, sono individuati dal GSE, sentito il CREA, nell’ambito delle regole applicative di cui all’articolo 12, comma 2.

Tali linee guida del CREA-GSE sui sistemi di monitoraggio definiscono quali condizioni devono essere rispettate per le semplificazioni autorizzative.

Le regole operative del GSE forniscono chiarimenti in merito ai progetti agrivoltaici avanzati, definendo una serie di parametri e modalità di calcolo, anche per la definizione della superficie totale del sistema agrivoltaico e della superficie destinata ad attività agricola, oltre che sui sistemi di monitoraggio.

Definiscono anche gli aspetti pratici per l’accesso agli incentivi, come gli schemi di avviso pubblico, i modelli per le istanze di partecipazione alle procedure, il calendario di dettaglio delle procedure competitive, i contratti tipo da sottoscrivere con il GSE ai fini della concessione del contributo in conto capitale e della tariffa incentivante, le modalità di erogazione degli incentivi e di rendicontazione delle spese ai fini del riconoscimento del contributo in conto capitale, ecc.

Le linee guida del GSE riportano alcuni indirizzi in merito alla ricerca di soluzioni per l’ottimizzazione dell’uso della risorsa idrica e il recupero delle acque meteoriche, ma non si traducono in requisiti vincolanti. Quelle del CREA, in collaborazione con il GSE, contengono indicazioni sulle specifiche soluzioni integrative dei sistemi agrivoltaici idonee al miglior efficientamento dell’uso dell’acqua, oltre che disposizioni più dettagliate in ordine ai sistemi di monitoraggio, tra cui anche quello idrico.

CER: struttura e finalità

Una CER è un insieme di cittadini, piccole e medie imprese, enti territoriali e autorità locali, incluse le amministrazioni comunali, le cooperative, gli enti di ricerca, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale, che condividono l’energia elettrica rinnovabile prodotta da impianti nella disponibilità di uno o più soggetti associatisi alla comunità.

Le CER nascono da una spinta volontaristica, da esigenze sociali, ma involgono problematiche di rilievo economico e manifestano, dunque, rilevanti esigenze di investimenti.

In una CER l’energia elettrica rinnovabile può esser condivisa tra i diversi soggetti produttori e consumatori, localizzati all’interno di un medesimo perimetro geografico, grazie all’impiego della rete nazionale di distribuzione di energia elettrica, che rende possibile la condivisione virtuale di tale energia.

I caratteri essenziali delle «comunità di energia rinnovabile» (CER) sono, dunque, ai sensi della direttiva RED II e ora RED III sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili:

1) fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri e alle aree locali in cui opera, attraverso l’autoconsumo di energia rinnovabile, aumentando i livelli di indipendenza energetica di un territorio;

2) limitare la partecipazione agli azionisti o membri persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali;

3) essere dotate di autonomia: la CER è un soggetto giuridico effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione.

Le CER sono, dunque, comunità locali costituite in prossimità delle fonti di produzione dell’energia che i loro membri autoconsumano e sono uno strumento in grado di contribuire in modo significativo alla diffusione di impianti a fonti rinnovabili, alla riduzione dell’emissione di gas serra e all’indipendenza energetica del Paese.

Una CER è una comunità che aggrega produttori da fonti rinnovabili e consumatori di energia. È quindi possibile partecipare alla CER in qualità di:

  1. produttore di energia rinnovabile, che è il soggetto che realizza un impianto fotovoltaico o di altra tipologia;

  2. autoconsumatore di energia rinnovabile, che è il soggetto che possiede un impianto di produzione da fonte rinnovabile e che produce energia per soddisfare i propri consumi e condividere l’energia in eccesso con il resto della comunità;

  3. consumatore di energia elettrica, che è il soggetto che non possiede alcun impianto di produzione di energia, ma che ha una propria utenza elettrica, i cui consumi possono essere in parte coperti dall’energia elettrica rinnovabile prodotta dagli altri membri della comunità (ad es. i clienti cosiddetti “vulnerabili” e le famiglie a basso reddito).

Il d.lgs. 8 novembre 2021, n. 199, all’art. 31, conferma la funzione specifica, con una precisazione essenziale, e cioè che l’energia autoprodotta è utilizzata prioritariamente per l’autoconsumo istantaneo in sito ovvero per la condivisione con i membri della comunità, mentre l’energia eventualmente prodotta in eccesso può essere accumulata e venduta; inoltre dettaglia i limiti alla partecipazione, specificando che deve trattarsi di clienti finali; dettaglia le condizioni di autonomia: la CER è un «soggetto di diritto autonomo» nel quale l’esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, associazioni con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco ISTAT, che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione.

La partecipazione a una comunità energetica deve essere aperta e volontaria, basata su criteri oggettivi e non discriminatori . La CER deve garantire una partecipazione aperta a tutti i consumatori energetici, purché vicini all’impianto di produzione di energia pulita su cui si basa la comunità (art. 31, comma 1, lett. d), d.lgs. 199/2021, c.d. principio delle «porte aperte»).

Una volta individuate le aree dove realizzare gli impianti alimentati da fonti rinnovabili e gli utenti con cui associarsi e condividere l’energia elettrica, è necessario costituire legalmente la CER, sotto forma di associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, organizzazione senza scopo di lucro etc, ossia dotare la CER di una propria autonomia giuridica attraverso una qualsiasi forma che ne garantisca la conformità con i principali obiettivi costitutivi. Ogni CER è, pertanto, caratterizzata da un atto costitutivo e uno statuto.

L’adesione alla CER di un consumatore di energia o di un produttore di energia rinnovabile può avvenire nella fase di costituzione legale della CER, ovvero in una fase successiva, secondo le modalità previste negli atti e negli statuti delle stesse CER.

Tutti i partecipanti alla CER – che siano consumatori finali di energia elettrica o autoconsumatori (ossia consumatori che possiedono un impianto di produzione da fonte rinnovabile e che producono energia per se stessi e per i componenti della CER) – mantengono i loro diritti di clienti finali, compreso quello della scelta del fornitore di energia elettrica e hanno la facoltà di uscire dalla Comunità quando lo desiderano, secondo le regole e le indicazioni contenuti nello statuto. Le stesse facoltà di ingresso e di uscita sono altresì garantite ai produttori da fonte rinnovabile.

Quanto ai limiti, essi paiono particolarmente pregnanti, essendo la partecipazione alla CER limitata ai soggetti sopra citati, e in particolare ai clienti finali. Sono quindi escluse le imprese del settore energetico.

La CER, come soggetto giuridico, può, peraltro, essere costituita da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori e da soggetti privati mediante un PPP istituzionale, nel rispetto dei succitati limiti soggettivi, oggettivi e funzionali e della disciplina di settore.

Le CER sono state concepite per contribuire a raggiungere scopi:

– ambientali, di promozione di energia da fonte rinnovabile e dunque di contrasto al cambiamento climatico e all’inquinamento atmosferico;

– sociali, di riduzione del costo dell’energia, con vantaggio per la comunità in generale, con particolare riguardo alle fasce più deboli della popolazione, nonché importanti effetti di consolidamento della competitività del tessuto produttivo locale delle PMI;

– di riqualificazione urbana e territoriale e/o di efficientamento energetico realizzate (anche) tramite l’autoconsumo collettivo.

Il mezzo fondamentale tramite il quale detti interessi vengono perseguiti è costituito dalla produzione di energia da fonte rinnovabile tramite appositi impianti, soprattutto fotovoltaici, a livello di comunità locali e a fini di autoconsumo.

Con la delibera 727 , come integrata e modificata dalla delibera 15/2024/R/eel, Arera ha approvato il Testo Integrato dell’Autoconsumo Diffuso (TIAD) che regola gli “incentivi e il funzionamento dell’energia prodotta localmente e condivisa sotto la cabina primaria della rete”.

La realizzazione e la gestione di questa tipologia di impianti comporta, peraltro, costi significativi, di entità particolarmente elevata soprattutto nella fase iniziale.

Va anche considerato che le CER presentano alcune peculiarità strutturali, fra le quali rilevano particolarmente alcuni limiti posti alle imprese, dal punto di vista:

dimensionale, in quanto alla CER possono partecipare solo le PMI,

teleologico, non potendo la CER perseguire esclusivamente o prioritariamente lo scopo lucrativo, da intendersi come lucro soggettivo, ai sensi dell’art. 2247 c.c.

tipologico, in quanto non possono partecipare le imprese che producono e/o commercializzano energia.

Queste limitazioni servono a caratterizzare la natura delle CER, sin dalle origini euro-unitarie dell’istituto, ma, al contempo, non agevolano il reperimento da parte delle CER o dei soggetti che le promuovono delle risorse economico-finanziarie necessarie a imprimere rapidamente una larga diffusione alle CER medesime e, quindi, l’incremento di energia rinnovabile dalle stesse prodotta.

Affinchè le CER assumano un ruolo rilevante di transizione energetica, è possibile il finanziamento della realizzazione degli impianti con risorse pubbliche, ad esempio mediante il programma di incentivazione del PNRR.

Tuttavia, per garantire le risorse economiche idonee a perseguire efficacemente gli obiettivi di rapidità, diffusione e incremento della potenza di energia rinnovabile installata, soprattutto in situazioni di crisi economica, finanziaria ed energetica, come quella attuale, potrebbe essere necessario il ricorso a capitali privati.

Anche per le CER, quindi, il partenariato pubblico privato diventa uno strumento fondamentale per l’incremento degli investimenti pubblici.

Una particolare fattispecie di CER è quella in cui interviene un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore con un duplice ruolo: quello di membro di una CER, e quello ulteriore e determinante di soggetto pubblico che instaura un rapporto contrattuale di lungo periodo con un soggetto privato per sostenere la realizzazione e la gestione degli impianti di energia rinnovabile e per reperire una parte significativa delle relative risorse finanziarie.

L’ente concedente, in tale fattispecie, assume il compito di apportare un sostegno determinante a una o più CER al fine di perseguire interessi pubblici di notevole rilievo, in particolare interessi ambientali e sociali.

Il PPP costituisce, dunque, uno strumento che può sovrapporsi o meno ai meccanismi di incentivazione derivanti dal PNRR.

In conclusione, Agrivoltaico e CER, se perfezionati nella relativa disciplina e utilizzati propriamente, possono realmente costituire straordinari strumenti di transizione energetica.



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