Morto Jimmy Carter, il presidente americano più longevo di sempre

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Sopravvivere fino a novembre per votare Kamala Harris alle ultime elezioni presidenziali degli Stati Uniti: è stato questo l’ultimo desiderio dell’ex presidente Jimmy Carter. L’ex capo di Stato è morto domenica nella sua casa in Georgia, all’età di 100 anni. 

Nato il 1° ottobre del 1924, Carter è stato il presidente più longevo di sempre e il primo a raggiungere il traguardo delle tre cifre d’età. Figlio di due coltivatori di arachidi della Georgia, ha iniziato la sua carriera politica come attivista per il partito democratico per poi diventare, nel 1970, governatore del suo Stato di nascita. «Nessuna persona povera, rurale, debole o di colore dovrebbe mai più sopportare il peso di essere privato della possibilità di una formazione, di un lavoro o di semplice giustizia», dichiarò nel suo discorso inaugurale. 

Rimase governatore fino al 1975, nonostante avesse iniziato la campagna per le presidenziali già da un anno, presentandosi con la frase: «Sono Jimmy Carter e mi candido per la presidenza. Non vi mentirò mai». Il riferimento implicito era chiaro: in quegli anni gli Stati Uniti erano stati travolti dallo scandalo Watergate, che aveva investito la presidenza di Richard Nixon dal 1972 al 1974. La fiducia degli americani nella classe politica era quindi scarsa e questo ha avvantaggiato Carter, considerato tra i candidati più sfavoriti. 

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Molti storici affermano che quando disse a sua madre che si sarebbe candidato alla presidenza, lei gli chiese: «Presidente di cosa?».  Per il lancio della sua prima campagna elettorale aveva affittato una sala da ballo di un hotel in Iowa e solo tre persone si presentarono. 

È stato grazie alla pubblicazione di una breve autobiografia intitolata Why Not the Best?, però, che riuscì a farsi conoscere tra gli elettori, percorrendo circa 80mila chilometri in 37 stati. 

I quattro anni dell’amministrazione Carter sono stati tumultuosi a causa del cosiddetto “shock petrolifero”: nel 1973 i paesi esportatori di petrolio avevano ridotto drasticamente la produzione per far aumentare il prezzo del prodotto al barile. Questo causò un aumento generale dei prezzi e un rallentamento della produzione, diventata troppo costosa. Carter cercò di ridurre l’inflazione tagliando le spese federali e diffondendo linee guida alle aziende sui salari, ma le politiche adottate non furono sufficienti. La situazione peggiorò anche con la rivoluzione in Iran, trasformato in una Repubblica islamica nel 1979, e la crisi degli ostaggi. Dal 4 novembre 1979 al 20 gennaio 1981, 52 diplomatici americani furono tenuti in ostaggio dopo l’occupazione dell’ambasciata statunitense a Teheran da parte di un gruppo di studenti durante la rivoluzione. 

Carter è stato l’unico presidente statunitense in tempi moderni che non ha perso un solo soldato in combattimento, anche se ha perso otto membri delle forze armate in una collisione aerea durante la fallita missione di salvataggio degli ostaggi in Iran. 

I problemi dell’amministrazione Carter erano principalmente ereditati dalle politiche degli anni precedenti, ma finirono per intaccare il suo mandato: è stato infatti uno di quei presidenti a non essere rieletti per la seconda volta, una sconfitta avuta contro il repubblicano Ronald Reagan nel 1980. In un’intervista successiva del 1991 ha dichiarato: «Penso che la gente mi consideri un fallito perché non sono stato rieletto. Non sono mai stato capace di convincere gli americani che fossi un leader forte». 

La sua popolarità era così bassa che si dice che l’interior designer dei Reagan abbia sorriso compiaciuto sulla necessità di “togliere l’odore di pesce gatto dalla Casa Bianca”. 

Vista la sua longevità, è stato però uno dei pochi politici a poter lavorare sulla sua eredità politica anche grazie la Carter Center, un’organizzazione non governativa per la difesa dei diritti umani, l’osservazione elettorale neutrale e l’aiuto umanitario e medico-sanitario in zone umanitarie.  

Carter ha ricevuto nel 2002 il premio Nobel per la Pace per il suo impegno «nel trovare soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali e nel far progredire la democrazia e i diritti umani nonché promuovere lo sviluppo economico e sociale».

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«Ha fatto tutto ciò che era in suo potere per migliorare la vita degli americani» ha dichiarato il presidente neoeletto Donald Trump, commentando la notizia della morte. Jimmy Carter è stato un presidente migliore di quanto generalmente gli viene riconosciuto, cercando di recuperare per tutta la sua vita quella popolarità persa durante il tentativo di essere rieletto. 

In un’intervista lui stesso affermò: «Ho una vita e una possibilità di farla valere per qualcosa. La mia fede esige che io faccia tutto ciò che posso, ovunque io sia, ogni volta che posso, con tutto ciò che ho, per cercare di fare la differenza». 

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