le donne iraniane contro il regime

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


Ogni martedì, da quarantacinque settimane, le prigioniere del braccio femminile del carcere di Evin ricorrono allo sciopero della fame per protestare contro la pena capitale. Khoone Arghavan ha (“il sangue dei fiori arghavan”): dalle celle intonano canti, inni e slogan per la libertà, giurando di «resistere fino alla fine».

I volti e la voce di queste donne sono i simboli della resistenza in Iran, un movimento che quotidianamente si oppone al regime fondamentalista guidato dall’ayatollah Ali Khamenei. In meno di un anno, da gennaio a novembre, la Repubblica islamica ha siglato il triste record di condanne a morte: 773 le esecuzioni, 178 delle quali solo nel mese di ottobre, con un incremento fortissimo registrato in concomitanza con l’elezione presidenziale di Masoud Pezeshkian, avvenuta nel mese di agosto.

Donne in cella

«La resistenza delle donne iraniane nelle carceri ha un’eco fortissima anche in seno alla società, e questo spinge il regime a reprime sempre di più». Samirà Ardalani è un’attivista italo-iraniana, membro dell’Associazione giovani iraniani residenti in Italia: «La donna in Iran è legalmente considerata una cittadina di seconda classe da un regime che non solo la discrimina, ma ha perfino istituzionalizzato la misoginia all’interno dei suoi codici costitutivi». Il riferimento è ad alcuni articoli del Codice penale, tra cui il 301 e il 630, che instaurano una gerarchia legale in base alla quale l’uomo – padre o marito che sia – detiene de facto la vita della donna e può arrivare persino a ucciderla.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

«Il quotidiano Shargh (una pubblicazione riformista con sede a Teheran, ndr) ha scritto che il 10 per cento dei delitti d’onore in tutto il mondo avviene in Iran, dove a oggi ancora non esiste una legge a protezione dei diritti delle donne», afferma Ardalani.

Nelle scorse settimane hanno fatto scalpore le immagini di Ahou Daryaei, la studentessa che è rimasta in biancheria intima nel cortile del campus universitario di Azad, nella capitale, dopo essere stata ammonita per non aver indossato correttamente l’hijab, il velo che le donne devono obbligatoriamente portare in pubblico secondo la sharia.

La vicenda non è che l’ultimo tassello in un mosaico intricatissimo, dove la stretta del regime trova l’opposizione dei movimenti di resistenza popolare. «La nostra associazione appoggia il Consiglio per la Resistenza iraniana (Cnri), l’unica coalizione democratica del Paese che opera su scala internazionale», racconta Ardalani, sottolineando il ruolo determinante che la figura femminile ricopre tutt’ora all’interno di un movimento presieduto proprio da una donna, Maryam Rajavi: «Il ruolo della donna nell’ambito della Resistenza testimonia il sacrificio e la lotta di tantissime eroine che sono state incarcerate o che hanno pagato con la vita la loro opposizione al regime».

Secondo la visione portata avanti dalla resistenza iraniana, continua l’attivista, «la donna può essere una leader in ambito politico e può collaborare con altri uomini poiché questa non è una lotta contro gli uomini, bensì una rivendicazione per garantire a entrambi gli stessi diritti».

Già nel 1987 il Cnri aveva adottato un piano sui diritti e le libertà delle donne in Iran, ribadito e riaggiornato nel 2010 proprio dalla presidente Rajavi durante un incontro al Parlamento europeo dedicato alle «pioniere del cambiamento democratico».

La lotta per i diritti

La finalità era l’abbattimento delle barriere discriminatorie e oppressive per favorire i pari diritti, socio-politici e culturali, attraverso un piano composto da dodici punti, fra cui il diritto di voto, l’abolizione del gender pay gap e la libertà di scegliere il proprio coniuge.

Lo scorso marzo, parlando della crisi in Medio Oriente e della necessità di «rovesciare la dittatura religiosa fondamentalista dell’Iran», la leader della Resistenza ha sottolineato nuovamente il «ruolo decisivo delle donne nella lotta per la democrazia», in riferimento alle rivolte scoppiate nel 2017 e giunte all’apice nel 2022, con la morte della ventitreenne Masha Amini dopo essere stata arrestata per essersi opposta all’hijab.

Le rivendicazioni democratiche poste dal Cnri all’attenzione della comunità internazionale mirano innanzitutto a sospendere la politica di appeasement e bloccare il traffico di denaro verso il regime degli ayatollah, così da limitare la spesa per le armi e il nucleare, ma anche al riconoscimento delle Guardie della Rivoluzione islamica (meglio note come pasdaran) come un’organizzazione terroristica perché – afferma Ardalani – «il loro lavoro è quello di destabilizzare la regione, ma hanno anche un forte ruolo in Occidente come dimostra il coinvolgimento nella fornitura di droni utilizzati in Ucraina dall’esercito russo».

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

La resistenza

Oltre a questo, bisogna aggiungere le azioni non violente di resistenza interna condotte da piccoli gruppi dall’interno della società civile, costretta a fare i conti anche con una fortissima inflazione che pone l’80 per cento della popolazione iraniana al di sotto della soglia di povertà.

Come spiega l’attivista, questi nuclei composti da quattro o cinque persone coinvolgono per lo più comuni cittadini, di ogni estrazione sociale e di tutte le età, anche se nella maggior parte dei casi sono giovani o giovanissimi che cercano di «tenere accesa la fiamma della Resistenza, ma anche di dimostrare che è possibile lottare contro il regime senza violenza, ma con attività che vanno dal volantinaggio allo scrivere slogan».

Il cappio al collo dei diritti fondamentali, infine, rappresenta in termini di politica globale forse il principale ostacolo all’attuazione di strategie internazionali realmente efficaci fra Teheran e il resto del mondo.

In attesa di assistere al riassetto degli Stati Uniti dopo l’elezione di Donald Trump, l’Europa continua a intrattenere con l’Iran una fitta rete di relazioni istituzionali, influenzate però molto spesso proprio da questioni legate alla scarsa sicurezza nella regione, al mancato rispetto dello stato di diritto e, non ultimo, al tema del nucleare.

Le reiterate limitazioni alle libertà civili messe in pratica dal governo iraniano con l’azione del Corpo delle Guardie della Rivoluzione non hanno fatto altro che aggravare ulteriormente il dialogo con Bruxelles, considerate già le forti ripercussioni sugli scambi energetici e sugli investimenti a seguito delle sanzioni americane.

«Penso sia necessario un cambio di rotta: quello che chiediamo alla comunità internazionale non è di sostituirsi al popolo iraniano, ma semplicemente di smetterla di schierarsi con il regime», conclude Ardalani.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

E chissà che le voci di protesta che si levano dalle grate della prigione di Evin, dove adesso è reclusa anche la giornalista italiana Cecilia Sala, così come le immagini della studentessa in reggiseno e slip davanti l’ateneo della capitale, non abbiano la forza di invertire, una volta per tutte, questo trend negativo che fa dell’Iran uno dei Paesi più arretrati in termini di diritti umani, abusi e violenze, tutela delle minoranze e cultura del dissenso.

© Riproduzione riservata



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Contributi e agevolazioni

per le imprese