Redazione sulla base di notizie tratte dal sito Mašina
In una storica dimostrazione di forza che ha riunito studenti, agricoltori e cittadini di tutta la Serbia, domenica più di 100.000 persone hanno invaso la piazza Slavija di Belgrado. Secondo l’Archivio dei raduni pubblici (Arhiv javnih skupova), questa mobilitazione ha superato le manifestazioni del 5 ottobre 2000, che hanno portato alla caduta del regime autoritario di Slobodan Milošević.
Nella foto in alto, Ruke su vam krvave (Le tue mani sono insanguinate), un messaggio che compare ovunque in Serbia, diventato un simbolo del movimento.
Una mobilitazione nata dalla tragedia
La tragedia del 1° novembre(il crollo di una tettoia di cemento alla stazione Novi Sad, la seconda città del paese, a nord di Belgrado, che ha causato la morte di 15 persone) ha scatenato un’ondata di proteste senza precedenti. La catastrofe è diventata un simbolo del degrado istituzionale in un paese in cui i grandi scandali restano spesso impuniti.
Gli studenti, che sono stati i primi a mobilitarsi, hanno presto fatto fronte comune con gli attivisti ambientalisti e agrari, in particolare nella loro opposizione al controverso progetto di estrazione del litio nella regione di Jadar, nei pressi del confine con la Bosnia-Erzegovina. Questa convergenza ha creato quella che gli analisti descrivono come un’alleanza senza precedenti tra studenti di città e attivisti rurali.
Il litio, un problema europeo e nazionale
Al centro delle proteste c’è il controverso progetto di estrazione del litio nella Valle dello Jadar, promosso dal gigante minerario Rio Tinto. Il progetto rappresenta il più grande giacimento di litio mai scoperto in Europa, un minerale essenziale per la transizione ecologica dell’Europa e per la produzione di batterie elettriche.
Inizialmente sospeso nel 2022 in seguito a proteste di massa, il progetto da 2,4 miliardi di euro di Rio Tinto è stato rilanciato nel 2023 grazie a un memorandum d’intesa segreto tra il presidente serbo Aleksandar Vučić e il vicepresidente della Commissione europea Maroš Šefčovič.
Come sottolinea Zlatko Kokanović, leader del movimento Ne damo Jadar (Non ci arrendiamo a Jadar). “Quella che era iniziata come una lotta ambientale locale si è trasformata in una lotta per la nostra sovranità contro gli interessi stranieri”.
Il coinvolgimento europeo si intensifica
L’accordo con Rio Tinto fa parte di una più ampia strategia dell’UE per garantire le forniture di litio alla Cina. Il produttore slovacco di batterie InoBat ha recentemente firmato un accordo per la costruzione di un impianto nella città serba di Cuprija, sostenuto da 419 milioni di euro di sovvenzioni pubbliche. Questa convergenza tra gli interessi industriali europei e le controverse attività estrattive illustra le crescenti tensioni che circondano la transizione ecologica.
Università e società civile: una convergenza di lotte
Le manifestazioni contestano anche i piani di riforma dell’istruzione superiore, che i critici vedono come una forma di privatizzazione mascherata. L’analista Stefan Aleksić spiega che:
Dopo aver smantellato la nostra industria sviluppata per permettere al capitale straniero di aprire fabbriche di sudore, ora stiamo per smantellare le nostre istituzioni educative. L’università diventerà una nuova zona franca per gli investimenti.
Più di cento dottorandi dell’Università di Belgrado hanno rilasciato una dichiarazione in cui sottolineano il ruolo storico della loro istituzione nella “difesa della conoscenza, del pensiero critico e dell’integrità accademica”. Sostengono che “il pensiero critico non implica solo l’esame delle conoscenze scientifiche, ma anche l’analisi della società a cui apparteniamo”.
La storica manifestazione di domenica
La manifestazione è iniziata alle 16:00 in Piazza Slavija, con cortei di studenti provenienti da quattro direzioni principali. Riecheggiando le proteste anti-nazionaliste contro il regime di Milošević nel 1996/97, gli studenti hanno portato striscioni che proclamavano “Belgrado è di nuovo il mondo” – un esplicito rifiuto della politica isolazionista – insieme a messaggi come “La corruzione uccide” e “Lo stato è proprietà dei bambini”, quest’ultimo in risposta all’affermazione di un deputato del partito al governo secondo cui “i minori sono proprietà dello stato”.
Un momento particolarmente forte è stato quello delle 16.30, quando l’enorme folla ha osservato quindici minuti di silenzio in memoria delle vittime di Novi Sad, e i manifestanti hanno alzato i loro telefoni cellulari come candele in quello che è stato descritto come un “silenzio assordante”.
L’alleanza studenti-agricoltori messa alla prova
Il tentativo dell’attivista agricolo Zlatko Kokanović di portare un trattore alla manifestazione – che ricorda il bulldozer simbolico del 5 ottobre 2000 – ha portato al suo arresto insieme a Nebojša Petković, altra figura del movimento Ne damo Jadar. Il trattore, trainato dalla polizia, è diventato un nuovo simbolo della resistenza.
“Quando i contadini hanno espresso il loro sostegno agli studenti che bloccavano le università, il governo ha cercato di metterci a tacere con divieti quinquennali di coltivare la terra. Ma hanno sottovalutato la misura in cui il loro attacco all’istruzione e le loro politiche ambientali hanno unito la Serbia urbana e rurale” ha affermato Nebojša Petković.
Resistenza mediatica e mobilitazione continua
Mentre i manifestanti passavano davanti all’edificio della Radio Televisione Serbia (RTS), alcuni dipendenti hanno pubblicato una lettera aperta in cui si dissociavano dal silenzio del loro datore di lavoro di fronte alle proteste. Questo dissenso interno segna un’importante crepa nel controllo statale dei media.
La protesta si è ripetuta il giorno di Natale, con i manifestanti che hanno marciato verso il Tribunale Supremo, per chiedere un suo intervento.
Prospettive future
Queste manifestazioni, due volte più grandi delle recenti proteste ambientaliste contro Rio Tinto e di qualsiasi altra manifestazione pro-governativa – sollevano la questione dei prossimi passi. Alcuni chiedono un riavvicinamento con l’opposizione parlamentare, mentre molti manifestanti diffidano sia dell’opposizione di centro-sinistra che di quella di centro-destra. Altri invocano uno sciopero generale, anche se i sindacati sono decisamente silenti.
Le associazioni studentesche uffiiali restano zitte, dichiarano sul loro account Instagram Students on Blockade: “State con noi, abbiamo appena iniziato!”.
La Serbia sta affrontando il suo più grande movimento civico dal 2000, un movimento che è riuscito in modo unico a superare le divisioni urbane e rurali e a sfidare sia la corruzione interna che le pressioni economiche internazionali. Resta da vedere se questo si tradurrà in un cambiamento politico concreto, ma la manifestazione di domenica 22 ha segnato una chiara escalation sia nella scala che nella portata sociale di un movimento che ha già raggiunto proporzioni storiche.
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