Capodanno in piazza 2025 ? Si, ma senza giovani

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Passare il Capodanno in piazza è una tradizione che molti italiani amano. Rappresenta l’idea di una festa collettiva, un momento di aggregazione e inclusione dove si azzerano le differenze sociali, almeno per qualche ora. Con un bicchiere di spumante in mano, il countdown e l’abbraccio della folla, l’energia è palpabile. La piazza è il luogo simbolo del ritrovo pubblico, un posto dove la comunità si ritrova per celebrare l’arrivo di un nuovo anno con gioia e speranza.

Per i Comuni italiani, organizzare eventi di Capodanno in piazza è un modo per offrire ai cittadini una festa senza barriere. Nessun biglietto da pagare, nessun dress code: si scende in strada e si partecipa. In teoria, dovrebbe essere una festa per tutti, un evento pensato per abbracciare ogni fascia d’età. Ma è davvero così?

Negli ultimi anni, una tendenza ben precisa si è fatta strada: gli spettacoli di piazza sembrano sempre meno orientati a coinvolgere i giovani e i giovanissimi. Le scelte artistiche puntano a un pubblico adulto, composto da coppie tranquille, famiglie con bambini e persone che apprezzano una certa “tradizione musicale”. E i giovani? Beh, quelli possono andare in discoteca o chiudersi in casa di qualcuno che ha i genitori fuori dalle scatole.

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Meglio una piazza tranquilla che una piazza “giovane”?

Da anni, molti Comuni più piccoli preferiscono affidarsi a spettacoli di musica dance anni ‘70, ‘80 e ’90, magari in playback con gruppi semi sconosciuti, che hanno l’unico pregio di costare poco (vedi il main event di Loano, in provincia di Savona), piuttosto che invitare artisti più conosciuti (e più onerosi per le casse comunali).

La motivazione? Semplice: i giovani sporcano, bevono, fanno casino.

Una piazza piena di ragazzini con birre in mano e volumi di adrenalina alle stelle è un potenziale problema, sia in termini di sicurezza che di pulizia. Le famiglie, invece, non fanno storie. Si coprono bene, guardano i fuochi d’artificio e alle 00:30 sono già in macchina verso casa. Insomma, un pubblico perfetto.

Ma è giusto relegare i giovani a margini così definiti? Le piazze, per loro natura, sono spazi pubblici, e la musica è un linguaggio universale. Creare un evento che escluda, anche implicitamente, una parte della popolazione è una scelta che rischia di svuotare il senso stesso della festa?

Un Comune che sceglie Cristina D’Avena per festeggiare il Capodanno manda un messaggio eloquente sul target di pubblico che vuole avere in piazza (giuro è vero: succederà a Diano Marina, in provincia di Imperia).

A tal proposito, impossibile non citare l’esempio del caso Tony Effe vs Roma Capitale.

Capodanno a Roma: il caso Tony Effe

L’esempio perfetto di questa dinamica arriva dal Capodanno 2024 al Circo Massimo di Roma. Il Comune aveva inizialmente previsto nel cartellone nomi di spicco come Tony Effe, Emma Marrone e Mahmood. Una lineup che, sulla carta, sembrava capace di attirare anche i più giovani. Ma qualcosa è andato storto.

Tony Effe, noto per i suoi testi controversi che spesso veicolano messaggi legati alla violenza e al sessismo, è stato spIntaneamente “invitato” a declinare “l’invito”. Una decisione presa per questioni morali, che ha fatto discutere. In segno di solidarietà, anche Emma Marrone e Mahmood hanno deciso di ritirarsi dall’evento. A quel punto, il Comune di Roma si è trovato a dover rivedere completamente i piani e ha optato per artisti decisamente meno “problematici”: la PFM (Premiata Forneria Marconi), Gabry Ponte e, con un tocco di nostalgia, i Culture Club capitanati da Boy George.

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Ora, nulla contro questi artisti, ma è evidente come il target sia cambiato drasticamente. Si è passati da una lineup che avrebbe potuto attirare i più giovani a una serata pensata per un pubblico adulto e, diciamolo, più “gestibile”. Una scelta che racconta tanto sulle strategie dei Comuni italiani per eventi di questo tipo.

Nel frattempo, Tony Effe ha risposto con un’alternativa in grande stile: un concerto al PalaEur, organizzato in tempi record, con biglietti calmierati a soli 10 euro per qualsiasi posto e settore. Un gesto che ha attirato moltissimi giovani, dimostrando che, se ben organizzato, un evento parallelo può funzionare. E qui c’è da riflettere, perchè, pertanto nasca da una provocazione, l’idea è geniale.

Il concerto “Generazione Z” contro l’evento “Boomer” potrebbe essere un format vincente per i Comuni che offrirebbero un’alternativa concreta al pubblico più giovane e potrebbe essere preso come esempio dai Comuni per i prossimi Capodanni.

Il paradosso dell’inclusività

La questione è questa: se il Capodanno in piazza deve essere una festa per tutti, allora perché puntare su artisti e generi musicali che tagliano fuori i giovani? Non è un problema di gusti, ma di approccio. Certo, è comprensibile che i Comuni vogliano evitare situazioni difficili, ma è anche vero che generalizzare – “i giovani fanno sempre casino” – è una soluzione semplicistica e poco lungimirante.

Per amor di verità, va citata la città di Genova che, invece, quest’anno offre un capodanno davvero inclusivo con tre giorni di musica e serata finale il 31 dicembre in piazza De Ferrari con artisti per ogni gusto e tendenza.

Una soluzione potrebbe essere quella di sfruttare le diverse piazze che spesso caratterizzano i centri storici italiani. Perché non polarizzare le feste, offrendo in un luogo uno spettacolo dedicato a un pubblico più adulto e tranquillo, e in un altro una lineup pensata per i giovani? Non solo permetterebbe di soddisfare i gusti di tutte le fasce d’età, ma potrebbe anche rappresentare una soluzione più semplice da gestire in termini di sicurezza. Due eventi separati, ognuno con il suo pubblico, potrebbero evitare concentrazioni troppo grandi in un unico luogo, rendendo più semplice il controllo e l’organizzazione.

L’esempio del PalaEur è emblematico: Tony Effe ha creato un evento alternativo che ha riempito uno spazio enorme con un pubblico giovane, dimostrando che non serve escludere nessuno. Offrire un concerto per ogni fascia d’età, magari in location vicine ma distinte, può essere un format vincente. Si rispetterebbero i gusti di tutti, evitando le problematiche legate alle grandi folle eterogenee.

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Con un po’ di creatività e una pianificazione attenta, si potrebbe davvero realizzare un Capodanno inclusivo, che celebri la diversità dei gusti e delle età senza escludere nessuno.

Che futuro hanno le feste di piazza?

Se la tendenza attuale continua, il rischio è che il Capodanno in piazza diventi un evento “per pochi”, perdendo il suo significato più profondo di festa popolare. I giovani, dal canto loro, continueranno a cercare altrove luoghi e momenti di aggregazione, alimentando una frattura generazionale che non fa bene a nessuno.

È arrivato il momento per molti Comuni di riflettere su cosa vogliono che queste feste rappresentino. La piazza può e deve tornare a essere un luogo dove tutti, giovani e meno giovani, possano sentirsi accolti. Perché, in fondo, il Capodanno non è solo una data sul calendario: è un’occasione per stare insieme, senza esclusioni.

Buon Anno a tutti!

Foto di copertina di Vishnu R da Pixabay

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