«Quando arriveranno le risorse promesse dall’aumento dei canoni idrici, potremo raddoppiare gli stanziamenti alle Unioni Montane e strutturare in maniera molto più forte gli interventi di difesa del suolo. Ai sindaci e ai presidenti di Um chiediamo di avere la stessa pazienza che sta avendo la Provincia». Lo dice il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin, dopo che nei giorni scorsi è stato approvato lo stanziamento di 2 milioni di euro a favore delle Unioni Montane, con l’impegno preciso dell’amministrazione provinciale di aumentare il contributo nel caso in cui arrivino ulteriori risorse. Nello specifico, le risorse attese sono quelle derivanti dall’aumento dei canoni idrici disposto con iniziativa regionale.
La situazione
I canoni idrici che spettano alla Provincia di Belluno sono suddivisi in due parti: una parte fissa, che già per il 2023 era stata stabilita in 40 euro a chilowatt prodotto (la quota precedente era 30,28 euro); e una parte variabile, che per il 2024, secondo quanto stabilito dalla Seconda Commissione regionale cresce dal 5 al 6 per cento del fatturato dei grandi concessionari. La Provincia è ancora in attesa dell’aumento della quota fissa (disposto dalla Dgr 889 del 2023), dato che Enel ha continuato a versare pagando 30,28 euro a chilowatt anziché 40 euro: la stima effettuata dagli uffici di Palazzo Piloni per quanto riguarda le risorse mancanti ammonta a circa 3,5 milioni solo per il 2023, più almeno altrettanto per il 2024. Contando anche la parte variabile, il tesoretto che spetta alla Provincia cresce ulteriormente, ma Enel ha impugnato i provvedimenti regionali e non ha mai versato, come se le decisioni normative del Veneto non esistessero. Attualmente sono in piedi ricorsi regionali appoggiati dalla Provincia. E rimane aperta anche la questione degli extracanoni idrici, vale a dire la trasformazione in soldi della quota di quell’energia che per legge regionale (la 27/2020) i grandi concessionari devono cedere gratuitamente ai territori (220 kiloWattora per ogni kiloWatt di potenza nominale media di concessione). Quota che la Regione Veneto ha stabilito di monetizzare per riversare le risorse su capitoli principalmente a sostegno del sociale. La stima è di circa 18 milioni di euro, in questo caso, risorse che non sono mai state versate dai grandi concessionari, dato che anche questo provvedimento regionale è stato impugnato.
La Provincia
«Lo stiamo dicendo da mesi ai sindaci e ai presidenti delle Unioni Montane» sottolinea il presidente Padrin. «Siamo tutti in attesa di tutte queste risorse per le quali ringraziamo di cuore la Regione Veneto e l’assessore Bottacin. Se l’assessore ha bisogno di un grazie ogni giorno da parte nostra, siamo pronti a esprimerglielo quotidianamente».
«Proprio l’assessore ci chiede di pazientare e lo stiamo facendo: di pazienza ne abbiamo tantissima. Ma ci rendiamo conto di quanto importanti sarebbero almeno i primi 7 milioni che avanziamo dall’adeguamento dei canoni: una parte verrebbe girata immediatamente alle Unioni Montane, come abbiamo promesso» aggiunge il consigliere provinciale delegato al demanio idrico Massimo Bortoluzzi. «E una parte servirebbe a rendere ancora più energico l’intervento sulla difesa del suolo. Perché la pazienza, purtroppo, da sola non basta a fare le opere. Ci auguriamo che il 2025 sia l’anno in cui queste risorse possano davvero sbloccarsi, visto che finora solo piccoli produttori di altre province hanno pagato, mentre nel Bellunese non è arrivato nulla. Il grazie è stato già detto più volte e sarà ribadito solennemente non appena potremo avere in disponibilità le risorse».
La Regione
A Padrin e Bortoluzzi risponde, a stretto giro di posta, l’assessore regionale alla specificità del Bellunese, Gianpaolo Bottacin: «Leggendo certe dichiarazioni si rimane quanto meno perplessi soprattutto se si è bellunesi – commenta l’assessore, che ricostruisce l’intera vicenda – Sono arrivato in Regione quando i canoni idrici ammontavano a 7 milioni di euro. Poi, nel 2008 feci un emendamento per raddoppiarli e dal 2014 l’intero gettito di questi canoni viene incassato dall’ente Provincia. Nel 2020, poi, riuscii a far approvare una legge regionale che incrementa sensibilmente la quota che i grandi produttori di energia idroelettrica devono versare nelle casse della Provincia. Altri 20 milioni all’anno. Ovviamente i produttori di energia si sono opposti con ricorsi, così come in altre regioni con leggi analoghe. Il tribunale competente per tali ricorsi è il tribunale superiore delle acque pubbliche che purtroppo ha dei tempi molto lunghi. Ma nelle prime sentenze che stanno arrivando si legge chiaramente che il tribunale vuole “dare continuità a tale giurisprudenza”. Pertanto è solo questione di tempo, ma l’esito è piuttosto scontato. Lascia quindi perplessi che una battaglia di civiltà con ricadute di decine di milioni di euro venga quasi ironizzata da parte di qualcuno. Stiamo parlando di una svolta epocale che ha pesanti ricadute positive nel bilancio dell’ente Provincia. Una battaglia, che qualcuno tende a sminuire, per nulla scontata e che purtroppo ho dovuto fare da solo».
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