La crisi dell’auto in Europa è conseguenza di “scelte estreme fatte in modo ideologico e non realistico”. Marco Tronchetti Provera, numero uno di Pirelli, parla poco ma quando lo fa non usa giri di parole. Il Sole 24 Ore registra il giudizio fermo e convinto basato su una diretta conoscenza dell’industria e del mercato.
Alla domanda della intervistatrice Marigia Mangano su quali azioni si debbano mettere in campo, Tronchetti risponde netto: “Maggiori investimenti nella tecnologia e sostegno al produttore e al consumatore”.
Marco Tronchetti Provera, numero uno di Pirelli, ha una ferma convinzione, prosegue Marigia Mangano: le difficoltà che sta incontrando il settore dell’automotive possono essere superate solo con massicci investimenti nella tecnologia.
Parte da qui, a suo avviso, la strada per portare le grandi case europee e più in generale l’Europa a tornare ad essere competitiva con le altre regioni del mondo. Il settore dell’automotive è in crisi di identità. La transizione energetica ha messo in ginocchio i giganti del settore in Europa. È stato forse sottostimato il percorso tracciato e il passaggio tecnologico?
Auto, le ragioni di una crisi
Oggi, è la risposta, appaiono evidenti la crisi dell’auto e le ragioni che sono alla base. “In Europa sono state fatte scelte estreme in modo ideologico. Nessuno ha analizzato i costi, i tempi, la sostenibilità sociale di questa transizione. L’industria dell’auto ha dovuto adeguarsi facendo enormi investimenti nell’elettrico, in una Europa che non ha alle spalle fonti proprie di materie prime e componenti tecnologiche, come le batterie, competitive con quelle di altre regioni del mondo come la Cina”.
Quindi, prosegue Tronchetti Provera. si è costruito un passaggio al “full Electric” al 2035 “senza valutare questi aspetti, dando così alla Cina l’opportunità – che ha colto – di produrre veicoli a prezzi competitivi. Naturale che il primo effetto si sia registrato proprio in Cina, dove le principali case europee hanno perso quote di mercato. È la prima onda, poi arriverà quella delle esportazioni dei veicoli cinesi in Europa, oggi in crescita.
Dunque, chiede Mangano, secondo lei ci troviamo di fronte a un percorso ideologico e non realistico?
Assolutamente, è la risposta. “Il percorso verso il 2035 è stato delineato senza analisi degli impatti ambientali. Oggi nessuno può dimostrare che l’estrazione del litio o del cobalto, così come riciclare batterie o costruire vetture che nell’elettrico hanno un peso superiore del 20%, costituisca dal punto di vista ambientale un passo avanti rispetto all’evoluzione di motori a combustione interna, diventati sempre più efficienti”.
Aiutare l’industria
Come si può agire in questa fase?
*Bisogna sedersi al tavolo e aiutare l’industria a gestire la transizione. L’Europa ha le competenze tecnologiche e la manodopera specializzata necessaria per sostenerla rilanciando l’industria”.
Quali sono gli strumenti concreti da utilizzare?
“Bisogna aiutare chi produce, ma anche il consumatore, che è rimasto completamente spaesato. Con incentivi intelligenti, non fini a se stessi. Occorre incentivare un salto tecnologico. Penso che la battaglia vera si vinca con l’innovazione. E l’Europa deve far leva su questo”.
La scadenza del 2035 secondo lei va ripensata?
“Va vista in modo realistico, se non è fattibile non è fattibile. Mi auguro che la nuova commissione abbia un atteggiamento pragmatico e guardi alla competitività dell’Europa in rapporto al resto del mondo”.
Questa crisi si inserisce in un contesto politico che ha visto in America il ritorno di Trump. Quanto le misure allo studio, i dazi in primis, rischiano di aggravare la situazione?
“Se guardiamo all’arrivo di Trump, ritengo che possa essere letto come un segnale forte per l’Europa, perché impone la necessità di accelerare. Ancora una volta, per la competitività sarà centrale la tecnologia. L’Europa spende ancora troppo poco per innovare. L’industria dell’auto coincide con gli interessi economici di milioni di persone eva sostenuta”.
In questo scenario così complesso, in una Europa in affanno tra crisi dell’auto e l’ombra dei dazi, Pirelli come si sta muovendo?
“Per noi la transizione energetica rappresenta una opportunità. L’elettrico presenta una complessità estrema per quanto riguarda i pneumatici. Serve una tecnologia avanzata, dato che la vettura pesa di più, tra il 20% e il 30%, e il pneumatico deve essere più leggero per rotolare meglio, deve avere meno attrito e ridurre il consumo dell’energia e della batteria e deve anche supportare un’accelerazione superiore legata alla potenza istantanea dell’elettrico. Pirelli dispone di questo know how”.
“Pirelli da 25 anni lavora sulla raccolta e l’elaborazione di informazioni provenienti dal pneumatico, come unico punto di contatto della vettura con il terreno. Con l’evoluzione delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale abbiamo costruito prima dei sensori applicati all’interno dei pneumatici che fornivano dati sullo stato del pneumatico stesso, la temperatura, la pressione e le accelerazioni sotto impronta a terra. E poi, sulla base di tutte le informazioni raccolte, abbiamo costruito dei software e algoritmi che vengono integrati direttamente nella centralina elettronica, permettendole di conoscere in tempo reale quello che avviene tra vettura e terreno.
Si ottengono così informazioni come la qualità del terreno o l’usura del pneumatico, che consentono di trasferire comandi a tutte le componenti del veicolo, come Abs, controllo di trazione e di stabilità. Si tratta di un software che, inserito nella centralina elettronica di Bosch, è al servizio dei veicoli a prescindere dal marchio dei pneumatici montati.
Il nostro è un software che dialoga con tutta l’elettronica. Attraverso la centralina di controllo, aggiungiamo sicurezza a tutto il sistema vettura. Siamo i primi, e finora gli unici, a livello mondiale ad aver sviluppato e applicato questa tecnologia”.
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