Iraniano fermato a Malpensa, la procura di Milano apre un’indagine: il mandato di estradizione Usa e l’intreccio possibile con l’arresto di Cecilia Sala

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Mohammad Abedini Najafabadi considerato dagli Usa “l’uomo dei droni” di Teheran. Dal carcere di Opera si professa innocente: «Non capisce le ragioni dell’arresto»

Ci sono nuovi sviluppi sul caso del cittadino iraniano arrestato il 16 dicembre all’aeroporto di Malpensa su cui pende una richiesta di estradizione degli Usa, evento secondo alcune interpretazioni collegato all’arresto da parte delle autorità iraniane di Cecilia Sala, avvenuto pochi giorni dopo. La procura di Milano ha aperto nelle scorse ore un’indagine conoscitiva sulle modalità con cui è avvenuto l’arresto di Mohammad Abedini Najafabadi nello scalo milanese. Si tratta, come specifica l’Ansa, di un fascicolo a modello 45, ossia senza indagati e senza titolo di reato, volto ad accertare semplicemente le circostanze dell’arresto. Abedini, 38 anni, che oltre alla nazionalità iraniana ha anche quella svizzera, è stato arrestato a Malpensa lunedì 16 dicembre nonappena atterrato da Istanbul. Era stato segnalato dall’intelligence Usa per «associazione a delinquere» e per «la fornitura di supporto materiale a un’organizzazione terroristica straniera». Per questo il 13 dicembre gli Stati Uniti hanno notificato all’Italia un mandato d’arresto ai fini di estradizione. Eseguito dunque tre giorni dopo. Secondo l’Ansa, l’indagine dei magistrati milanesi «potrebbe riguardare anche i tempi stretti tra l’emissione del mandato di arresto ai fini di estradizione e il fermo dell’uomo».

La società con sede legale una cassetta delle lettere

Prima dell’arresto, di Mohammad Abedini Najafabadi si sapeva solo che era un ingegnere meccanico di 38 anni. Ma dagli Stati Uniti le accuse che arrivano nei suoi confronti sono molto gravi. Secondo gli investigatori l’uomo aveva creato una società, la Illumove Sa, che faceva da schermo a un mercato illegale di componentistica per i droni utilizzati dai pasdaran. La sede svizzera della società non sarebbe altro in realtà che una cassetta delle lettere. Il sito della azienda riporta infatti come indirizzo quello del parco dell’innovazione del Politecnico di Losanna, dove il 38enne su Linkedin scrive di essere ricercatore post dottorato. Studi che sono stati confermati dall’ateneo. Il Politecnico ha però specificato che Abedini ha avuto un contratto con un laboratorio fino al 2019 e non oltre. E ha aggiunto che la società Illumove non svolge alcuna attività nel parco, dove hanno sede 120 startup. La Illumove sarebbe quindi solo un nome di facciata, utile ad aggirare gli embarghi, dietro il quale si nasconderebbe la “vera” azienda iraniana di Abedini che monta la componentistica americana necessaria per la costruzione di droni. Tra i quali ci sarebbero anche quelli usati il 28 gennaio 2024 per colpire una base Usa in Giordania, attacco che che costò la vita a tre soldati americani.

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Il legale: «Il mio assistito non riesce a capire i motivi dell’arresto»

Abedini è ora detenuto nel carcere di Opera, fuori Milano, da dove si professa innocente. «Dall’analisi dei documenti in mio possesso, pur essendo formalmente gravi le accuse mosse, in realtà la posizione del mio assistito risulta molto meno grave di quanto può sembrare. Lui respinge le accuse e non riesce a capire i motivi dell’arresto», ha detto oggi il suo avvocato Alfredo De Francesco. Aggiungendo che il suo assistito «non capisce perché è stato arrestato ed è molto preoccupato».

I tempi dell’estradizione: 40 giorni o scatta il rilascio

Intanto dalla convalida dell’arresto è scattato il conto alla rovescia per l’invio degli atti di accusa da parte degli Stati Uniti alla Corte d’Appello di Milano a corredo della richiesta di estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi. Se non arriveranno entro 40 giorni, ovvero per fine gennaio, l’uomo dovrà essere rilasciato in quanto la misura perde di efficacia. Abedini nei giorni scorsi è stato trasferito dal carcere di Rossano Calabro a quello milanese di Opera. La convalida dell’arresto è avvenuta il 18 dicembre scorso.

L’ombra della ritorsione dietro l’arresto di Cecilia Sala

Il giorno dopo la formalizzazione dell’arresto di Abedini (18 dicembre) la giornalista italiana Cecilia Sala è stata fermata a Teheran, dove era da una settimana per svolgere il suo lavoro con regolare visto giornalistico. Doveva ripartire per l’Italia il giorno dopo. I due casi sono stati da subito accostati da alcuni osservatori che hanno interpretato il fermo come una ritorsione da parte del regime degli ayatollah. Per ora non vi è alcuna conferma né smentita al riguardo da fonti ufficiali.

In copertina: ANSA I Mohammad Abedini Najafabad, il cittadino iraniano di 38 anni fermato a Malpensa con l’accusa di terrorismo e ora in carcere a Opera. Immagine tratta dal suo profilo Linkedin.



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