BARI – Non si tratta di olio adulterato, ma di un prodotto con un livello di acidità molto alto (ottenuto attraverso l’uso del lampante), venduto invece come extravergine di produzione biologica e dunque potenzialmente in grado di creare confusione nel consumatore. Una parte delle 180 tonnellate di olio sequestrate dalla Finanza sono finite nello stabilimento della Levante di Andria, uno dei più grandi produttori pugliesi, e sono al centro di indagini coordinate dalla Procura di Catanzaro: perché – questo il punto di partenza, su cui sono in corso verifiche – un oleificio calabrese ha venduto al «top player» pugliese la partita di olio di provenienza greca poi utilizzata per «tagliare» l’extravergine.
L’operazione che le fiamme gialle hanno effettuato in collaborazione con l’Icrqf (l’ispettorato contro le frodi del ministero dell’Agricoltura) vede l’azienda di Andria, per il momento, nella possibile posizione di vittima di un raggiro da parte del fornitore che potrebbe aver consegnato un prodotto con caratteristiche chimiche diverse da quelle concordate. Ma sul punto sono in corso accertamenti. La partita di olio vergine e lampante su cui si concentrano le indagini è stata infatti utilizzata solo in parte per il taglio dell’extravergine. Un’altra parte era ancora stoccata nei silos di Catanzaro, in attesa di essere ritirata. E un’ultima quota era stata mandata a Monopoli per essere raffinata e dunque destinata ad usi diversi.
L’attività, coordinata dal comando provinciale della Bat diretto dal colonnello Pierluca Cassano e coordinata dalla compagnia di Andria della Finanza guidata dal capitano Cosimo Carafa, è partita da una serie di segnalazioni molto circostanziate circa il possibile utilizzo illecito di olio greco nella produzione di extravergine. I militari, utilizzando i canali informativi tipici della polizia economico-finanziaria, hanno analizzato gli elenchi fornitori dell’azienda andriese evidenziando quelli che non comparivano negli anni precedenti. Da qui sono nati controlli congiunti con i finanzieri di Catanzaro e l’Icqrf. Ne è emersa l’esistenza nell’oleificio calabrese di un prodotto difforme rispetto a quello che l’azienda aveva iscritto nel registro Sian (Servizi di igiene degli alimenti e della nutrizione) della Asl: l’olio era stato registrato come extravergine di origine bio, ma dalle analisi chimiche e organolettiche è emerso che si trattava invece di olio vergine e (per circa 4.500 chili) anche di olio lampante, quello di peggiore qualità, non destinabile al consumo umano.
Partendo da qui, i finanzieri e gli ispettori ministeriali ritengono che la Levante avrebbe utilizzato l’olio greco comprato a Catanzaro per «tagliare» (allungare) il suo extravergine, ottenendo – come detto – un prodotto finale che pur rispettando formalmente i disciplinari, sarebbe di scarsa qualità perché troppo acido (l’acidità è data proprio dall’uso di olio lampante). Tutta colpa, appunto, dell’olio proveniente da Catanzaro: è quello ad essere stato taroccato spacciandolo per «evo». Resta appunto da capire se il legale rappresentante della Levante – che si dichiara vittima – fosse o meno a conoscenza del raggiro.
«Il momento della campagna olearia – spiega il capitano Carafa – è particolarmente sentito sul territorio. Fare prevenzione non significa soltanto vigilare contro i furti, ma anche tutelare il mercato dalle sofisticazioni». La Bat è del resto terra di produzione dell’olio, e con l’extravergine arrivato a toccare i 16 euro al litro c’è il sospetto che qualcuno abbia pensato di poter immettere sul mercato più olio, a prezzi concorrenziali. Il «lampante», che non può essere destinato al consumo umano, è un prodotto di scarsa qualità destinato all’industria della trasformazione ma a volte sfruttato per allungare l’extravergine con procedimenti chimici che ne mascherano l’acidità. È per questo che ai controlli ha partecipato anche il personale dell’Ispettorato centrale per la tutela della qualità e la repressione frodi (Icqrf), che dispone dei laboratori e delle tecnologie necessarie ad analizzare i campioni. A seguito del sequestro, il legale rappresentante dell’oleificio di Catanzaro è stato denunciato per frode in commercio e vendita di sostanze alimentari adulterate. Ma l’indagine non è conclusa e dovrà accertare eventuali altre responsabilità.
L’OLEIFICIO LEVANTE: SIAMO ESTRANEI A OGNI IPOTESI
«Appena avuto notizia dell’irregolarità l’azienda ha dato subito la massima collaborazione ai militari della GdF e agli ispettori dell’Icqrf. I controlli effettuati da quest’ultimi presso l’azienda, che risalgono a fine ottobre scorso, non hanno mai dato evidenze di irregolarità». E’ quanto si legge in una nota dell’amministratore unico della Olio Levante srl, Riccardo Cassetta. «Per questi motivi è erroneo e fuorviante che vi mai sia stato il sequestro di partite di olio presso la Olio Levante Srl sia in tempi recenti che in altri momenti. L’olio ritirato dalla ditta di Catanzaro è risultato regolare sia secondo I controlli interni che da quelli effettuati dalle autorità competenti. L’unico olio sequestrato sarebbe stato quello di proprietà e detenuto nell’oleificio di Catanzaro e il fornitore sarebbe stato denunciato per “frode in commercio e vendita di sostanze alimentari adulterate”. Tutto l’olio evo bio contrattualizzato e ritirato dalla Levante è, in questo come in tutti gli altri casi, conforme alle normative. L’oleificio Levante è dunque estraneo a quanto si legge, non ha subito alcun sequestro e non c’è nessuna truffa in cui la stessa sia coinvolta».
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