Braccio di ferro nel governo sul successore di Figliuolo. Al Senato intanto, Guido Liris di Fratelli d’Italia, si dimette da relatore della Legge di bilancio: “Così è un monocameralismo di fatto, ma non è colpa dell’esecutivo”
Un giallo e un incidente. A Palazzo Chigi balla misteriosamente il Consiglio dei ministri che dovrebbe tenersi oggi, mentre al Senato, dove si chiude l’iter della legge di Bilancio, un senatore di FdI, Guido Liris, è costretto a passare la giornata a spiegare che non ce l’aveva con il governo quando, in mattinata, ha deciso di “dimettersi” dal ruolo di relatore alla manovra. In una giornata politica piuttosto assonnata, non mancano insomma le sorprese.
Il Cdm che avrebbe dovuto oggi certificare la nomina del successore di Paolo Figliuolo come commissario per la ricostruzione in Emilia-Romagna era, almeno fino a ieri sera, rinviato. Il decreto di nomina doveva essere approvato oggi, come unico atto rimasto sospeso dopo l’ultima riunione del Consiglio di lunedì scorso. Il mandato di Figliuolo scade a fine anno, ma dentro il governo ancora non si è riusciti a trovare una sintesi. Da un lato per l’incarico c’è il generale Mauro D’Ubaldi, comandate della logistica dell’Esercito e già capo di gabinetto al ministero della Difesa con il dem Lorenzo Guerini. E’ l’uomo che piace all’onnipresente sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari. Mentre per il ruolo di commissario il ministro della Difesa Guido Crosetto vorrebbe un altro generale, Maurizio Riccò, da maggio 2023 Comandante delle forze operative nord. C’è da dire inoltre che entrambi non rappresentano la soluzione desiderata dal presidente della regione Emilia-Romagna Michele De Pascale che ieri ha dedicato al dopo Figliuolo gran parte della sua conferenza stampa di fine anno. “Nel momento in cui non si sceglie una nomina politica, ma tecnica, almeno si attinga a professionalità che abbiano competenze specifiche nel settore, non capiamo perché insistere sulla scelta di un militare, anche perché i generali hanno spesso anche altri incarichi, invece qui serve una persona che possa occuparsi al cento per cento alla ricostruzione”, ha detto il governatore Pd che chiede anche di spostare la struttura commissariale da Roma a Bologna.
Al Senato invece è il giorno di Guido Liris. L’esponente di FdI durante la riunione della commissione Bilancio di Palazzo Madama si è “dimesso” da relatore alla manovra, mandando il testo in Aula dove è stata posta la fiducia, blindando di fatto il documento così come uscito dalla Camera, senza alcuna possibilità per i senatori di apportare modifiche. “Ho chiesto al presidente della commissione di farsi mediatore perché non ci sia più la singola lettura parlamentare, come avviene ormai dal 2018, è la volontà della maggioranza”, ha detto, denunciando una pratica che sul documento più importante che passa per le Camere vede da ormai anni un monocameralismo di fatto. “Se continuiamo così – ha confessato ai cronisti – finiremo col dare ragione a Renzi che il Senato voleva cancellarlo, noi invece continuiamo a credere nel bicameralismo”. Dal Pd il capogruppo Francesco Boccia lo attacca: “Ci si dimette in polemica con chi non ci ha permesso di svolgere il nostro ruolo. Chiediamo a Liris di sapere con chi ce l’abbia. Si dimette contro il governo Meloni? Si dimette in polemica con il suo partito che ha sottomesso i gruppi di maggioranza alla volontà ottusa del governo?”.
E un po’ tutti in Transatlantico lo inseguono per chiedergli: ma quindi è colpa del governo? Si schermisce lui che butta la palla avvelenata tra le mani dei colleghi della Camera: “Il governo ha mandato la legge a Montecitorio con due mesi di anticipo”. Quindi è colpa della presidenza della Camera? Nemmeno, dice Liris: “Ma no, ma no è che ormai dal 2018 si è consolidata questa prassi, così anche noi senatori abbiamo passato le modifiche che ci stavano più a cuore ai nostri colleghi deputati. Questa dell’approvazione di fatto in una sola Camera è diventata una prassi, ma dobbiamo cambiare”. Il senatore alla fine è stato costretto a passare la giornata a gettare acqua sul fuoco: “Le mie non sono state dimissioni, ma la presa d’atto che per non andare in esercizio provvisorio non c’era il tempo di discutere le centinaia di emendamenti che erano state presentate”. Governo e maggioranza gli vengono incontro. La linea, arrivati alla terza legge di bilancio del governo Meloni approvata con queste modalità, la dà il capogruppo di FdI al Senato Lucio Malan: “Ci sono questioni tecniche anche legate alla Ue che rendono i tempi stretti”. Lo conferma anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: “E’ un problema con la nuova contabilità, ma siamo disponibili a trovare meccanismi per tornare a far discutere la manovra in entrambe le Camere”.
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