‘L’ultimo inverno di guerra’, quei mesi prima della pace

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


CREMONA – Non è solo un libro di storia, è qualcosa di più, è un intreccio di memoria e fatti, di storie intime e documenti ufficiali, è un viaggio nell’ultimo anno di guerra, «un viaggio di vita e di morte sul fronte dimenticato». Così recita il sottotitolo de ‘L’ultimo inverno di guerra’ di Gastone Breccia. Il saggio è pubblicato da Il Mulino e il docente di storia bizantina presso il Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali dell’Università di Pavia – Cremona, lo ha scritto con lo scrupolo di uno storico e la passione di un cronista, con la rara capacità di intrecciare fonti ufficiali e diari privati. Fin dall’inizio del volume si intuisce la doppia anima che guida il libro.

Il volume si apre con un dato storico più che esaustivo. Il 13 novembre 1944, nel primo pomeriggio, l’emittente radio L’Italia combatte diffuse un chiaro proclama del generale Harold Alexander in cui si faceva presente che l’offensiva lanciata nell’ultima decade di agosto aveva superato le difese tedesche della Linea gotica tra l’appennino tosco-emiliano e l’Adriatico ma non era riuscita a costringere il nemico a ritirarsi a Nord del Po. Ed in merito scrive Breccia: «Il proclama di Alexander diede inizio a una nuova fase della campagna d’Italia. Una stagione di attesa senza la possibilità di condurre azioni su vasta scala, che si sarebbe inevitabilmente tramutata – per chi si trovava a nord della linea del fronte – in un lungo inverno di angoscia e frustrazione».

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Ovviamente il pretesto del volume – nessuno lo nasconde – sono gli ottant’anni di quel lungo periodo di logoramento militare e umano che avrebbe portato alla dolorosa risoluzione del conflitto. «Come ogni anniversario è parso ghiotto all’editore come al sottoscritto – racconta l’autore -. Ma c’è di più. C’è la testimonianza di mio nonno che non conobbi, si chiamava Gastone anche lui e porto il suo nome. Mio nonno quell’inverno lo visse, ed è per questo che cito il passo del suo diario in cui scrive: ‘Vivere sulla mobile linea di questa strana guerra italiana è il solo modo di vivere al centro delle cose’. Mio nonno dopo l’8 settembre si mise a combattere con gli inglesi, con le armate alleate, facendo da collegamento con i partigiani. Mi sarebbe piaciuto sentire i suoi racconti, ma così non è stato».

La fucilazione di un gruppo di civili

Anche in questo sta il bello di un volume che appare rigoroso nelle fonti e nei suoi passaggi analitici, ma in grado di ricostruire non solo le tattiche militari, ma anche le storie umane al fronte e non solo. «Mi sono richiuso nell’archivio dell’esercito tedesco a Friburgo prima e poi ho consultato alcuni diari conservati a Pieve Santo Stefano, una miniera di informazioni e di aneddoti che hanno corredato il volume e rappresentano un’ulteriore chiave di lettura – svela lo storico -. Raccolti i materiali, è stato un lavoro contro il tempo, ma pieno di soddisfazioni e di novità».

Sta in questo l’originalità del lavoro di Breccia, che non si limita a ricostruire i fatti di quei mesi attraverso la scansione di capitoli tematici, ma fa di più, porta novità documentarie: «E qualche spunto per demistificare una mitologia che spesso accompagna gli ultimi mesi del conflitto mondiale – aggiunge con cautela -. Ad esempio nella narrazione della Resistenza alle forze nazifasciste si ha l’impressione di avere a che fare con un nemico che ha scelto di stanziare nel Nord Italia il meglio delle sue truppe. Invece non è così. Dalle carte fuoriesce chiaramente che il fronte italiano per il Reich fosse di poco interesse e le truppe impiegate fossero truppe di secondo piano. Al tempo stesso non sembra – dalle carte e dai report legati alle malattie dei soldati – che le truppe tedesche soffrissero quella sfiducia nell’esito della guerra che si racconta spesso. Anzi erano fiduciosi che arrivassero quelle armi speciali e segretissime che avrebbero consegnato alla Germania la vittoria».

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Il generale Harold Alexander

A cadere sotto i colpi della storia e dei documenti d’archivio è anche il mito resistenziale, o meglio la fabula dei partigiani buoni, sempre buoni e immacolati rispetto a un nemico cattivo e spietato: «Dai diari e dalle carte ufficiali emerge un’immagine della Resistenza più attinente alla realtà – spiega con grande delicatezza Breccia -. Ci sono personaggi mitizzati dalla lotta partigiana che non furono esenti da azioni violente e da sopraffazioni. Ciò che ne esce è una Resistenza meno idilliaca e adamantina, per quanto il ruolo giocato dai partigiani non venga messo in dubbio. Una volta arrivate le truppe alleate, il loro compito era quello di lasciare il passo all’esercito professionista sui territori ma spesso questo passo indietro non era così scontato».

Con tutte le cautele del caso, ma con la concretezza dei documenti, Gastone Breccia costruisce un resoconto dell’ultimo lungo inverno di guerra con oculatezza di analisi, facendo parlare le fonti e raccontando anche – nel capitolo L’ora più buia – le storie di una quotidianità che restituisce l’immagine di un Paese piegato, ma non rassegnato. «Bellissimo è il caso di una maestrina napoletana di 20 anni, arrivata ad insegnare a Cuneo e che si ritrova a dover avere a che fare con truppe tedesche e con partigiani in un mondo che non le appartiene – racconta -. Il bello è il suo rifiuto netto, davanti ai soldati tedeschi, di lavare loro la biancheria, perché lei era una maestra e non una lavandaia. E i tedeschi davanti a tanta determinazione chinarono il capo. Anche questa, a suo modo, era resistenza».





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Source link