Come il basket può salvare il mondo

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Non tutti sanno che il 21 dicembre di ogni anno si celebra Giornata Mondiale della Pallacanestro (World Basketball Day), istituita con la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 25 agosto 2023. Il basket è il primo sport di squadra a fregiarsi di una delle giornate internazionali dell’ONU ideate per informare e sensibilizzare le persone su temi importanti di ogni ambito e incanalare energie e risorse verso la soluzione di problemi globali, celebrando i progressi dell’umanità. A Canosa di Puglia è stata “celebrata” da par suo, dall’ex cestista Andrea Pugliese con uno dei suoi scritti quotidiani perché ha ritenuto « giusto che nella nostra città la ricorrenza fosse occupata da chi oggi pratica il basket, peraltro con grande successo e ad altissimo livello, rimandando di qualche giorno le riflessioni di chi la pallacanestro l’ha vissuta anni fa in maniera attiva.» Esordisce così l’ingegnere Andrea Pugliese che ricorda «un professore della New York University, David Hollander, quando un paio di anni fa ha scritto un libro dal titolo “Come il basket può salvare il mondo“. Nelle trecento pagine e più il professor Hollander spiega come grazie al basket e a quello che ci insegna questo sport viviamo tutti meglio, ovvero come: “Con la palla tra le mani, sono come Artù che estrae Excalibur dalla roccia. Sono trasformato. Sono un’altra persona, in un altro luogo. E in quello spazio, lo spazio del basket, la vita è qualcosa di più, e io sono migliore” ».

Poi, entra nei dettagli storici del basket a Canosa di Puglia «arrivato negli anni ’60, ma fu negli anni ’80 che ebbe un impatto fortissimo sulla collettività canosina, favorito dalla diffusione dello stile di vita a stelle e strisce: chi oggi ha più di 50 anni ricorda la diffusione del cibo americano (hot dog e hamburger arrivarono a Canosa con Giacomo del Bepop Bar, primo sponsor della pallacanestro) e dell’abbigliamento sportivo tipico del basket (scarpe alte, canottiere, felpe, etc); tutto questo comportò che giocare a pallacanestro non era solo una pratica sportiva ma uno status symbol per i ragazzi di quegli anni. Negli anni ottanta vi fu una straordinaria combinazione di eventi favorevoli alla diffusione di questo sport che condussero un imprenditore che amava il basket per averlo praticato in gioventù, dal nome di Franco Casamassima, molto attivo nel settore del commercio, un allenatore che aveva imparato ad insegnare il basket dal mitico coach Pentassuglia a Brindisi, ovvero Ignazio Capacchione, e una nidiata di giovani che arrivarono al basket soprattutto perché era lo sport di moda e maggior successo in quelle generazioni a creare una combinazione favorevole. Nacque la 2C Canosa Basket che vinse, senza perdere una partita il campionato di prima divisione, diventando una squadra di amici che era una famiglia fuori e dentro il campo e che dopo 45 anni si considerano ancora fratelli ».

L’ex cestista canosino evidenzia la promozione e diffusione della pallacanestro in quel periodo: «Chi non ricorda in quegli anni i tornei di basket in piazzetta, con i canestri presi dal Liceo Scientifico e trasportati in piazza per organizzare, durante l’estate, partite che hanno portato a Canosa a giocare, per strada, cestisti che hanno poi giocato ad altissimi livelli. In quegli anni, altra combinazione fortunata, nacque la Polisportiva Popolare che, fortemente orientata alla pallavolo vedeva però come il basket era un formidabile traino di pubblico e sponsor e quindi le due realtà si fusero dando vita ad uno straordinario progetto: trasformare un cinema chiuso in un palazzetto dello sport. Se oggi volete capire cosa fosse la passione per la pallacanestro in quegli anni dovete pensare a quel manipolo di folli che seppero trasformare un cinema in disuso in un campo da basket con i canestri che giravano su se stessi per consentire di praticare nell’ex cinema anche altri sport. Ed il quel folle immobile, parodia di un palazzetto, ha giocato, contro il Canosa quello che oggi è considerato uno dei più grandi giocatori di sempre italiano ovvero Gianluca Basile. Arrivarono negli anni successivi le nuove generazioni che sostituirono negli anni ’90 quella gloriosa degli anni ’80 ed arrivarono i due ragazzi che oggi rappresentano un vanto per la pallacanestro canosina, ovvero Silvio Barnabà e Andrea D’Amico. ».

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L’ingegnere Andrea Pugliese non si sofferma sulla storia straordinaria recente della pallacanestro canosina, perché: «non mi compete, e perché è giusto che chi ha realizzato il sogno di avere un livello così elevato nella nostra città. Ma la motivazione di scrivere queste righe è quella dell’orgoglio di appartenere ad una generazione, ad un movimento, che ha vissuto il basket, si è rotta ginocchia e sbucciato gomiti per il nome di Canosa su ogni campo della nostra regione, spesso con la mortificazione, a fine anno, di non poter salire di categoria anche avendo vinto i campionati perché la città non aveva un palazzetto regolamentare. Ma il basket ha principi non negoziabili, che lo rendono lo sport più bello del mondo e chi viene a giocarlo nella nostra città deve sapere e conoscere la nostra storia e rispettarla; basta guardare i volti e leggere i commenti di chi oggi vede il basket a Canosa per comprendere che qui vi è una conoscenza ed una passione per questo sport che non esiste in altre città pugliesi. Il basket insegna a collaborare, a giocare di squadra, costringe a mettersi nei panni di qualcun altro e ad agire come lui. Ma è anche altro. Allarga gli orizzonti, insegna a lavorare con le persone e ad accettare culture diverse e superare gli steccati: a Canosa abbiamo avuto il primo giocatore mussulmano e durante il Ramadan bisognava rispettare le sue regole, abbiamo avuto la prima allenatrice donna di una squadra maschile. Ma il basket è anche uno sport che insegna la disciplina ed il rispetto per l’autorità: è l’unico nel quale chi è accusato di aver fatto un fallo deve, per regola, alzare la mano e assumersi la responsabilità anche se in cuor suo sta maledicendo l’arbitro. D’altra parte, sul basket è intervenuto anche Papa Francesco che non è solo un grande tifoso e che ha detto: “Il vostro è uno sport che eleva verso il cielo perché, come disse un ex giocatore famoso, è uno sport che guarda in alto, verso il canestro, e perciò è una vera e propria sfida per tutti coloro che sono abituati a vivere con lo sguardo sempre rivolto a terra”. Ecco l’augurio che posso fare al basket nella nostra città e a chi oggi ha ed ha avuto la bravura e la competenza per raggiungere obiettivi che rimarranno nella storia di Canosa, è di ricordarsi che il basket è famiglia, che nessuno sport a Canosa ha mai avuto una storia di saldi rapporti personali lunga 45 anni; questo perché – conclude Andrea Pugliesesiamo uno sport diverso e siamo parte di una comunità cresciuta nella consapevolezza che “quando perdi e sei sicuro di averci messo il cuore, hai già vinto, lo dice uno a cui perdere non piace affatto” il compianto Kobe Bryant», deceduto all’età di 41 anni in un incidente in elicottero con la figlia Anna mentre andavano ad assistere ad una partita di basket nell’area metropolitana di Los Angeles.

La storia narra che nel 2020, l’artista Piskv ha portato a termine un’opera dedicata al gigante della NBA: Kobe Bryant(5 titoli vinti con i Lakers, due ori olimpici con la nazionale Usa), leggenda della pallacanestro statunitense ed anche in Italia, dove ha vissuto per molti anni. Un murale che ricorda Kobe Bryant è stato realizzato da Piskv sulla facciata del Pala Tellene di Roma. Il contributo di Piskv è andato online sui canali social di NBA Italia e NBA Europe per ricordare un uomo, un campione ed anche un personaggio amato in tutto il mondo per la sua generosità e il suo attivismo. Sempre in prima linea contro la polizia violenta nei confronti degli afro-americani, nonché fermo sostenitore dello sport giovanile come strumento di emancipazione. Prendere esempio da un campione in tutti i sensi come Kobe Bryant per promuovere il basket, le sue peculiarità e i suoi benefici attraverso attività pubbliche ed educative ed al contempo rinnovare l’ invito a giocare a pallacanestro , a guardarlo, a “parlarne insieme” per programmare qualsiasi possibile connessione nel segno della palla a spicchi.
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