Caso Tony Effe, la parola definitiva degli abbonati: sbagliato invitarlo, bene cancellarlo

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Abbiamo chiesto ai nostri lettori che ne pensano del “pasticciaccio” capitolino sull’invito e il disinvito a Tony Effe per il concerto di Capodanno. Sono arrivate moltissime risposte. La raccolta delle opinioni è avvenuta tra i nostri abbonati e le nostre abbonate attraverso la newsletter quotidiana “Oggi è domani”, che contiene ogni mattina la nostra selezione di notizie e idee

Il Comune di Roma ha sbagliato a ingaggiare Tony Effe per il concerto di Capodanno. Ma poi ha fatto bene a correggere l’errore, a chiedere un passo indietro e poi annullare l’esibizione.

È questa l’opinione largamente prevalente dei nostri lettori, a cui abbiamo chiesto – nel giro di opinioni settimanale che gli abbonati e le abbonate trovano nella newsletter quotidiana “Oggi è Domani” – se l’amministrazione capitolina abbia avuto ragione a cancellare l’esibizione di Tony Effe in ragione dei testi misogini; oppure se, una volta previsto, avrebbe dovuto tenerlo in scaletta, perché c’è anche un tema di libertà di espressione artistica. 

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La sequenza dei fatti è nota: il Campidoglio aveva inizialmente previsto il trapper romano tra gli artisti del Concertone di San Silvestro al Circo Massimo. Pressato da centri antiviolenza, dagli eletti Pd e altri militanti del centrosinistra, ha deciso di cancellare la sua presenza. Questa scelta ha provocato l’addio degli altri due artisti previsti, Mahmood e Mara Sattei, proprio in nome della libertà di espressione. Il concerto di Tony Effe è stato spostato al Palaeur, impianto gestito dall’ente Eur Spa (90% Mef, 10% Roma Capitale), e i biglietti a 10 euro sono andati subito esariti.

Su Domani si sono espressi su questo argomento Pietro Ignazi, Walter Siti e Nadia Urbinati. Oltre che l’assessore Massimiliano Smeriglio in un’intervista di Daniela Preziosi. Di seguito i commenti degli abbonati.

Intanto, non avrebbero dovuto chiamarlo

  • «Il comune non avrebbe dovuto invitarlo sin dall’inizio, gravissimo errore di cui dovrebbero risponderne i responsabili. Ed i colleghi non avrebbero dovuto sostenerlo, visto il contenuto dei suoi testi, altro che libertà di espressione. C’è un limite a tutto”.
  • «Non doveva ingaggiarlo fin dall’inizio. Non considero comunque la decisione del Comune di Roma una censura e condivido la scelta. Testi deprimenti e sessisti. Libero di scriverli e liberi tutti di ascoltarli ma non soldi pubblici per un suo concerto».
  • «Ormai il danno, purtroppo, era stato fatto. L’amministrazione capitolina avrebbe dovuto informarsi puntualmente sui cantanti da invitare al concerto e quindi evitare assolutamente alcune partecipazioni. Non mi pare una censura alla libertà d’espressione, il cantante si esibirà in altro luogo pubblico. Stupisce la presa di posizione a favore del cantante di alcune colleghe fin qui considerate impegnate per i diritti delle donne, evidentemente si trattava solo di belle parole, gli affari stanno più a cuore».

  • «Prima di ingaggiare il trapper il Comune non era al corrente del contenuto dei suoi testi ? Si operano scelte con molta approssimazione e superficiale informazione».

  • “Non lo si sarebbe neanche dovuto metterlo in scaletta: testi del genere dovrebbero essere fuorilegge. Credo che sia necessario domandarsi perché ai ragazzi piacciono tanto… Comunque, la libertà di espressione va invocata per questioni serie, non per compiacimenti morbosi».

Ma poi hanno fatto bene ad annullare

  • «Il comune ha chiaramente sbagliato ad ingaggiarlo per i temi inappropiati per un’istituzione; si è reso conto dell’errore e ha fatto bene a tornare indietro. Non c’entra niente la libertà di espressione! Un Comune è libero di scegliere i cantanti ed i testi che ritiene opportuni e questi non lo erano per un’istituzione; ciò non vuol dire che non possa esprimersi in altre occasioni che mi auguro non siano istituzionali. Un’istituzione è giusto che abbia dei principi e agisca di conseguenza».
  • «Non solo ha fatto bene, ma doveva ammettere di aver sbagliato ad invitarlo. L’atto di escluderlo in seguito era più che doveroso. Quella di Tony Effe non è musica, ma solo uno sfogatoio di maschi frustrati, violenti e misogini».
  • «L’amministrazione ha sbagliato sin dall’inizio a sottovalutare l’inopportunità dell’invito. L’errore è stato invitarlo; ritirare l’invito successivamente è solo una gran brutta figura, ma necessaria».
  • «Ha fatto benissimo. Un tempo i testi sessisti riempivano le canzoni dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Doors… e nessuno ci faceva caso, perché erano testi veicolati da musica meravigliosa e immortale, capace di far passare la frontiera a quei piccoli dettagli sessisti, misogini o addirittura violenti (indovinate chi cantava “ma tu ancheggia un po’ meno e, vedrai, la pelle intatta a casa porterai”)».
  • «Doveva capire cosa cantava ed eventualmente non invitarlo, semplice. In ogni caso ha fatto bene a non mettere la faccia su quella roba lì».
  • «Concordo perfettamente con il professor Ignazi e, aggiungo, chi programma le attività di un Assessorato importante come quello che a Roma si occupa di manifestazioni culturali dovrebbe conoscere quello che propone. Anche se la legge non lo cita esplicitamente, il linguaggio della misoginia incita all’odio. Non con i soldi pubblici, per favore».
  • «Ho visto l’articolo di Piero Ignazi, che riporta i testi. Non possiamo permettere la libertà a pensieri offensivi per la dignità umana e per valori fondamentali nella società civile. E per di più pagando con soldi pubblici».

  • «Ha fatto bene. Non conosco i testi, ma se sono offensivi per la libertà di altri, già maltrattati in molte situazioni, ha fatto bene».

  • «Ha fatto bene. Nulla c’entra il predicare violenza con l’espressione artistica!».

  • «Informandosi del genere di repertorio del cantante l’amministrazione non avrebbe dovuto invitarlo. Non si tratta di censura ma di non sostenere con denaro pubblico un messaggero di violenze. La marcia indietro ha testimoniato che ci si è mossi con leggerezza e ignoranza. Bruttissima figura ma indispensabile».

  • «Ha fatto sicuramente bene. Invitare un tizio che si fa chiamare artista e invita all’odio e alla violenza contro le donne è stato un errore pacchiano. Ma a chi si sono affidati per l’organizzazione? E una normale attività di controllo sull’esecuzione di un mandato non la fa più nessuno? La libertà di espressione non c’entra un bel niente. Dispiace constatare che le defezioni “solidali” hanno riguardo anche donne. Vi prego ricordateci i nomi di questi “artisti” in modo che possiamo difenderci come consumatori consapevoli: vale per i cibi frutto di sfruttamento e inquinanti vale anche per l’inquinamento delle coscienze».

  • «Ha fatto bene. Errare è umano, ma perseverare è diabolico. Tony Effe è un prodotto per fare soldi che cavalca la subcultura imperante del maschio alfa che “possiede”. Le parole sono importanti, lo sono sempre state. Mi pare che dare un segnale, anche se tardivo, in questo senso, sia giusto».

  • «Bene. E non stiamo parlando di arte. Magari pensarci prima sarebbe stata una buona cosa».

Anche la cancellazione ha delle conseguenze

  • «Buongiorno, ritengo che il Comune non avrebbe dovuto invitarlo, perché il suo messaggio (benché, penso, solo parodistico di un certo genere musicale americano) non è in linea con i principi etici del Comune. Ritirare l’invito è stato però un boomerang rispetto alla credibilità del decisore pubblico e alla sua intima sensibilità, con ciò facendo più danno di immagine di quanto ne avrebbe fatto l’esibizione del cantante (verso il quale, per inciso, non vi è alcuna censura). In fondo, mi viene da pensare, l’episodio denota solamente una grande carenza procedurale nel processo decisionale (per un fatto marginale, che mi auguro non sia la spia per ben più rilevanti atti amministrativi) e la mancanza di interiorizzazione effettiva di quei principi etici che vengono superficialmente sbandierati (o più banalmente, l’incapacità di indicare con chiarezza le proprie aspettative/linee guida da parte dell’appaltante, e la superficialità rispetto all’organizzazione di un evento di promozione dell’immagine della città). Insomma, in sintesi, mi sembra solamente un caso di sciatteria nella gestione, seguito da un tentativo goffo di tardiva riparazione; mi aspetterei però le dimissioni di chi cura l’immagine del Comune e la rescissione del contratto, o una severa penale, nei confronti della società di organizzazione di eventi che ha formulato una proposta non in linea con i principi etici del Comune. Ma questo, certamente, non succederà, visto che il principio dell’accountability in questo Paese non vale (ps: anche a Natale il traffico ferroviario è in tilt. Sarà colpa di un altro CHIODO?). Auguri a tutti i lettori e collaboratori di Domani».
  • «Ciò significa ottenere un risultato contrario all’intenzione. Gli incerti, solo per curiosità andranno ad ascoltarlo».
  • «Avrebbe dovuto non cancellare l’esibizione ma mettere in evidenza il carattere offensivo arretrato e volgare dei testi».
  • «C’è talmente tanta volgarità e sessismo in tv che il caso specifico sembra più una forma promozione che un diniego».

Ulteriori riflessioni

  • «Oggi si è rinunciato alla musica, non si è più capaci di farla, e il risultato è che i testi, orrendi nel migliore dei casi, banali negli altri, saltano subito all’occhio. Che dire se non “sbruffoneggia un po’ meno e, vedrai, il tuo concerto a Roma porterai…”. PS: i rapper guadagnano parecchio coi loro concerti a pagamento ed è giusto che sia così; sono soldi volontariamente pagati da chi li apprezza. Non è corretto però che un ente pubblico proponga quelle porcherie. L’ente pubblico propone solo ciò che ha un valore indiscusso, ossia qualcosa che sia riconoscibile come arte anche da chi non necessariamente l’apprezza».
  • «In Italia c’è la libertà di pensiero che è ben diversa dalla libertà di parola. La riprovazione non può esserci soltanto per l’antisemitismo o l’antifascismo (guarda caso due ideologie sessiste malgrado oggi abbiamo una presidente del consiglio donna). Il contenuto di alcune canzoni di Toni Effe è disgustoso e in un’epoca in cui si fa fatica a combattere il fenomeno dei femminicidi veicolare messaggi di quel genere può istigare persone fragili ad assimilare il disprezzo per il genere femminile. I responsabili del mercato (aziende discografiche, festival, ecc.) dovrebbero escludere questo tipo di “espressioni artistiche)».
  • «È complicata la questione. Purtroppo però i testi sessisti alimentano una certa cultura non solo anti-donna ma violenta e misogina. D’altro lato, la libertà di espressione è tutelata dalla Costituzione… Ma possiamo parlare di libertà di espressione quando l’oggetto dei testi è la violenza sulle donne?».

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