Sarah e il cortometraggio dopo il tumore metastatico al seno: «Per dire alle altre donne che il finale si può cambiare»

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di
Micaela Romagnoli

La diagnosi a soli 31 anni, ora con il video “Per quel tocco in più” esorta le giovani donne a fare controlli: «Non posso più farlo per me stessa ma posso e voglio farlo per gli altri»

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Ha fatto scivolare «quella rabbia esistenziale e quella sensazione di ingiustizia» dentro la punta di una matita, trasformandole in disegni su un foglio A4. È nato così Per quel tocco in più, cortometraggio di Sarah Murru, che ha l’obiettivo di diffondere la cultura della prevenzione sul tumore al seno tra le giovani donne, quelle ad oggi fuori dagli screening che la sanità pubblica offre in Emilia-Romagna a partire dai 45 anni, altrove dopo i 50. Quei primi schizzi di Sarah sono stati il bozzolo da trasformare in farfalla: un corto di sei minuti che punta dritto al cuore, con verità, senza omettere le paure e i rischi; abbraccia la missione alta di aumentare la consapevolezza sull’importanza della diagnosi precoce. «Non posso più farlo per me stessa — dice Sarah — ma posso e voglio farlo per gli altri».

I cicli di terapia

L’autrice del corto è una ragazza bolognese di 36 anni che a 31 ha ricevuto la diagnosi di tumore al seno, ora con diverse metastasi. «Faccio cicli di terapia all’Oncologia Zamagni del Sant’Orsola. Dal tumore metastatico ad oggi non si può guarire — spiega Sarah — esiste però la possibilità di conviverci, quindi questo è l’obiettivo, vivere tenendolo sotto controllo, finché la ricerca non arriverà a dare prospettive diverse». Se di fronte alla prima diagnosi «ci si sente travolti, non si capisce nulla e sembra di essere finiti in un mare di ovatta nel quale le parole dei medici rimbalzano», racconta Sarah, la diagnosi metastatica, «spezza l’illusione di poter riprendere in mano la propria vita dal punto in cui la si era lasciata in sospeso. Ho dovuto fare pace con il dubbio che se avessi individuato prima il tumore, le cose sarebbero forse andate diversamente; io ho dovuto accettarlo, ma sono in tempo a dire alle altre giovani donne che il finale si può cambiare». Sarah ha dovuto tirare righe sopra alcuni sogni. Altri li ha già realizzati: «Con il mio fidanzato siamo andati due volte in Islanda; ho visto il sole a mezzanotte, un’incredibile aurora boreale e le balene che mi hanno fatto piangere della gioia di una bambina».




















































La prima proiezione pubblica

Per quel tocco in più è il grande passo verso un nuovo sogno, il cui viaggio è iniziato grazie al contributo di tanti; a partire da Martina, l’amica che per prima ci ha creduto con la sua associazione di promozione sociale Namo, dei colleghi di Youston, agenzia di webmarketing di cui Sarah è socia, di altri professionisti come Undervilla per la regia, il montaggio, la produzione, e Umberto Stagni, in arte Pastavolante, per le illustrazioni, che hanno scelto di lavorare pro bono, e grazie alla raccolta fondi del Movimento padel femminile. «Vorrei che si diffondesse la consapevolezza del rischio, date le diagnosi in aumento tra i giovani, affinché siano loro per primi a porsi il problema e a insistere per poter accedere ai controlli. Non tutti i medici di base fanno le impegnative per una eco alla mammella o una mammografia perché se i loro pazienti sono “troppo giovani, allora il rischio è basso” — spiega Sarah — Invece, più si fa prevenzione, più si possono avere diagnosi precoci, più si può guarire e cambiare il finale». Tra gli obiettivi, con il supporto della Fondazione Policlinico Sant’Orsola e il Comitato regionale Emilia-Romagna Susan G. Komen Italia, l’organizzazione di momenti di screening gratuito per le più giovani e di eventi di diffusione del corto (la prima proiezione pubblica è avvenuta alla Race for the Cure di settembre ai Giardini Margherita e ora si può vedere su https://perqueltoccoinpiu.it/). In quei sei minuti, c’è il racconto di una vita: il seno materno che accoglie, le risate dell’infanzia, le ginocchia sbucciate in bicicletta, la scuola, il mare, l’adolescenza, le serate con gli amici, le passioni, il primo bacio, la laurea e il lavoro; il seno che si ammala silente, le cicatrici, le cure, i progetti da abbandonare, il tempo indefinito che scorre, la pioggia sulla morte, la tristezza degli altri.

Le emozioni di chi sta vicino al malato

«Racconto una parte di me, insieme alla vita di tante donne che ho conosciuto in questo percorso, alcune che non ci sono più e di cui non accetto ancora l’assenza — confida Sarah —. Punto l’attenzione anche sulle emozioni di chi sta vicino al malato, compagno, genitori, amici, colleghi, sul loro amore e sulle loro sofferenze. C’è anche tutto questo dolore nel corto, perché voglio dire che è il rischio che si corre». Ma c’è uno sguardo in avanti pieno di energia, potente. È un seme di coscienza per agire, questo è il valore di quel «per». «Per quel tocco in più significa fare, cambiare il finale: pensaci per te, per chi ti ama, previeni e vivi».

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27 dicembre 2024 ( modifica il 27 dicembre 2024 | 08:40)

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