in Campania si spaccano piatti, in Friuli c’è la benedizione del sale.



Le feste invernali italiane brillano ben oltre il Natale: da Santo Stefano all’Epifania, passando per la tradizione del capodanno, a tavola si gode di un intreccio di storie, sapori e leggende che caratterizzano l’identità di ciascun territorio, frutto di tradizioni antiche. Le celebrazioni riflettono la straordinaria diversità delle regioni italiane, e lo fanno unendo elementi religiosi, culturali e folcloristici, condividendo il comune denominatore di convivialità, gusto e calore.

Santo Stefano, l’abbuffata prosegue con gli avanzi

Non c’è due senza tre: passato il cenone della Vigilia, e appena digerito il pranzo di Natale, arriva subito Santo Stefano che il 26 dicembre celebra il primo protomartire del Cristianesimo, un giorno di festa in più dal 1947. A chiusura della tre giorni mangereccia, è uso consumare gli avanzi dei pasti precedenti, ma il menu di Santo Stefano varia notevolmente a seconda della zona. In Puglia, gli avanzi si trasformano in piatti creativi come gli involtini di melanzane alla salentina, farciti con mortadella, capperi e pomodoro. In Campania le famiglie si radunano nuovamente per la tradizionale tombola napoletana consumando gli avanzi di capitone fritto e insalata di rinforzo, e montagne di struffoli. In Molise si gusta la zuppa alla santè, una minestra tipica di Agnone. È un piatto povero ma genuino, costituito da pochi ingredienti di stagione: pane croccante, polpettine di maiale e caciocavallo. In Friuli Venezia Giulia, a Santo Stefano c’è ancora chi onora l’antica abitudine di recarsi in chiesa per ricevere la benedizione del sale. Ritornati a casa, se ne dava un po’ agli animali, un po’ veniva sparso nella stalle, e un po’ anche in casa. E poi si mangia la gubana, dolce tipico delle Valli del Natisone.

L’ultimo dell’anno segna un momento di passaggio

Capodanno infatti è sempre sinonimo di grandi festeggiamenti, ma anche qui caratterizzati da grandi diversità da nord a sud: in Piemonte, ad esempio, il cenone del 31 dicembre prevede agnolotti del plin, brasato al Barolo o bollito misto con sette salse, il tutto accompagnato bollicine locali. In Puglia, si consumano le cartellate al vincotto di fichi, che nella tradizione cristiana rappresenterebbero l’aureola o le fasce che avvolgevano il neonato Gesù nella mangiatoia, ma anche la corona di spine al momento della crocifissione. Dolci simili vengono prodotti anche in Calabria, dove vengono chiamati nèvole o crispelle, e in Sardegna, si chiamano orilletas. Nelle regioni meridionali a mezzanotte è immancabile il rito dello scoppio di petardi e fuochi. In aggiunta a questo, in Campania si gettano dalla finestre vecchi oggetti e si frantumano i piatti sbeccati, come simbolo di rinnovamento e di eliminazione delle negatività. Nel Lazio, per la notte di San Silvestro, sono tanti i piatti che la tradizione del territorio romano mette a disposizione, sia di terra che di mare. Pensiamo ai carciofi fritti, o l’immancabile baccalà. Una pietanza che accomuna tutte le regioni sono le regine della superstizione legata all’avvento dell’anno nuovo: sulla tavola allo scoccare della mezzanotte non possono mancare le lenticchie, da mangiare rigorosamente con le mani. Come queste, di buon auspicio e prosperità per l’anno che arriverà sono anche i chicchi di melograno, simbolo di buona fortuna, e gli acini d’uva bianca, da mangiare a mezzanotte ad ogni rintocco.

L’Epifania chiude il ciclo delle Feste

Riti suggestivi, sapori e giochi tra sacro e profano punteggiano lo Stivale in occasione dell’Epifania. Fra le ricorrenze più particolari vediamo in Toscana la cavalcata dei Re Magi, una rievocazione storica che trasforma Firenze in un palcoscenico rinascimentale. Per il palato, ci sono gli antichi befanini, o befanotti, biscotti tipici dell’Epifania, in particolare nelle zone della Versilia e della Lucchesia, dove un tempo, al posto della tradizionale calza, si realizzavano dei canestri ornati di carta colorata e contenenti appunto i biscotti. In Veneto c’è la tradizione del Panevin, un grande falò che bruciando simboleggia la fine dell’anno appena passato, un segno di augurio per un anno di abbondanza. In Umbria la Befana porta caramelle e carbone di zucchero nelle calze dei più piccoli, ma è anche il momento in cui si gusta… la Torta di Pasqua! Il 6 gennaio in Umbria non può mancare sulle tavole perché l’Epifania è la prima Pasqua dell’anno per la religione cristiana che coincide con l’arrivo dei Re Magi. Nel calendario in questa giornata si festeggia appunto la preannunciazione di Pasqua, e quindi va festeggiata con il prodotto tipico della regione legato a questa ricorrenza. La torta di Pasqua al formaggio – detta anche pizza o crescia – in Umbria oggi si mangia durante tutto il Natale, un tempo, invece, era il piatto del periodo pasquale e del giorno della Befana. In Sicilia, l’Epifania si festeggia con turtigliuna, biscotto tipico a base di frolla imbottita di fichi, mandorle, uvetta e frutta secca noto anche come buccellato, o​ cucciddato. Nel Ragusano, la Befana si festeggia anche con la cubbaita o giuggiulena che è un croccante a base di miele, mandorle, pistacchio e più comunemente semi di sesamo. Come per la tradizione trentina e friulana del Krampus del 5 dicembre, anche in Basilicata, le Feste sono per tradizione occasione per terrorizzare i bambini. Nella sera che precede l’Epifania, l’abbazia di San Michele Arcangelo e i vicoli del centro storico di Montescaglioso diventano teatro di un evento unico: la Notte dei Cucibocca. Mascherati con lunghe parrucche e un paio di occhiali realizzati con le bucce d’arancia, una folta barba bianca e un grande cappello di paglia ricavato da un fiscolo (il disco di canapa usato nei frantoi) si aggirano per le strade gli spaventosi cucibocca, avvolti in mantelli neri e una lanterna accesa. I misteriosi personaggi brandiscono un terrificante ago con il quale minacciano i più piccoli di cucire loro la bocca, ma per fortuna non vedendoci bene, lasciano campo libero alla Befana che può così consegnare ai poveretti traumatizzati doni e caramelle.



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