di Luca Patrassi
Il potentino Francesco Acquaroli si appresta a entrare nel quinto, e ultimo, anno previsto per questo mandato di governo della Regione Marche. Il clima è natalizio anche se l’amministrazione e la politica non concedono tregua. Un giro di orizzonti e di opinioni può essere utile a capire cosa si prepara per il 2025 e cosa è invece maturato negli anni di amministrazione Acquaroli.
Per le Regionali quando si vota? Preferisce il 2025 o il 2026?
«Noi siamo pronti a votare a scadenza naturale, ma non sta a noi decidere. La data è indifferente».
Da anni domina il bipolarismo, ma con un occhio attento a quello che si muove nelle civiche. Vede possibile un terzo polo autonomo o vede “stampelle” in base alle offerte di centrodestra e centrosinistra?
«I dodici anni di vita di Fratelli d’Italia mi hanno insegnato che ogni esperienza politica ha una sua dignità e una sua valenza, non credo si vada verso il polo anche se la presenza di più candidati è sempre stimolante. Credo che alla fine la maggior parte delle forze in campo si schiereranno con i due poli principali».
Circolano da mesi voci sul fatto che avrà un incarico governativo lasciando così spazio a una candidatura ascolana nel centrodestra. E’ una fake, una campagna di disinformazione che nasce in ambienti del centrosinistra pesarese o del centrodestra ascolano?
«Questa ipotesi non esiste, è una notizia completamente infondata, voci del genere fanno parte del colore politico magari alimentate da chi vuole provare a indebolirci».
“Se me lo dicevi prima” è un modo di dire per evidenziare disponibilità a fare ma impossibilità per via dei tempi scaduti. In politica le colpe invece hanno sempre la responsabilità di quelli di prima. Che Regione ha trovato e quale invece si presenta ora a distanza di quasi una legislatura firmata dal centrodestra?
«Abbiamo trovato una regione ferma e sfiduciata, declassata nella passata legislatura come una regione in transizione, isolata sotto ogni punto di vista. Ora siamo una regione sulla rampa di lancio, finalmente protagonista in tanti settori, penso ai fondi europei, al turismo, alla ricostruzione, alle infrastrutture – tra il 2025 e il 2026 verranno cantierate opere attese da decenni – ma anche alla sanità, dove grazie alla riforma stiamo ridando forza ai territori e ricostruendo e potenziando i servizi, investendo nelle strutture e nella formazione di nuovi medici. Sappiamo che è una sfida lunga e difficile ma a cui non c’è alternativa, che porterà risultati importanti».
Le due o tre cose che le fanno dire con orgoglio “l’abbiamo fatto noi”?
«Essere primi nella classifica, che ci vedeva ultimi, del pagamento dei fondi sociali europei che dimostra la visione che abbiamo messo in campo e l’efficienza della pubblica amministrazione, il record di passeggeri dell’aeroporto Sanzio anche grazie ai voli di continuità territoriale, il record assoluto di presenze turistiche per tre anni consecutivi, continuiamo ad essere tra le prime cinque regioni italiane per i livelli essenziali di assistenza confermandoci anche regione benchmark, le Marche hanno quello che organismi tecnici valutano il miglior ospedale pubblico d’Italia (Torrette). Infine, ma non per ultimo, c’è una enorme partita delle infrastrutture, dalla Guinza al porto di Ancona, alla pedemontana, alla ricostruzione post-sisma, all’ospedale di Macerata».
Quello che non riuscirete a fare in questa legislatura e che pure avete annunciato?
«Non riusciremo a completare l’attuazione della riforma sanitaria, i due anni di pandemia hanno ritardato i tempi, soprattutto se si voterà ad ottobre. Poi c’è la strategia per il rilancio dei borghi e delle aree interne: abbiamo messo 100 milioni, la graduatoria è stata appena pubblicata ed inizierà a produrre gli effetti nei prossimi mesi».
La sanità è un tema scottante per una lunga serie di motivi e di aspettative, è facile parlarne stando all’opposizione. Sul fronte del fare, dei servizi ai cittadini, cosa è cambiato in questi ultimi anni?
«La cosa più immediata è l’approcci sul territorio, il riequilibrio dei servizi. Abbiamo individuato negli Ambulatori Funzionali Territoriali lo strumento che anticipa gli ospedali di comunità, insieme ai Punti salute, ne abbiamo già aperti metà dei 50 previsti e saranno gestiti e impletamentati con la telemedicina per ridurre le liste d’attesa erogando direttamente sui territori quelle prestazioni che altrimenti sarebbero fatte negli ospedali. Siamo stati la prima regione ad avviare la sperimentazione con la farmacia dei servizi per garantire una migliore accessibilità alle prestazioni. La chiave è stata la creazione delle Ast su scala provinciale, per rimettere i territori al centro delle strategie anche sulla sanità».
Continuate a parlare di territorio, ma la moltiplicazione di strutture non fa che accentuare le difficoltà legate alla carenza dei medici. Si spendono milioni di euro per le cooperative, si portano apparecchiature diagnostiche in ospedali di periferia senza che ci siano i medici per farle funzionare come dovrebbero. Come se ne esce?
«Se ne esce efficientando l’organizzazione e aumentando la dotazione del personale che purtroppo, soprattutto nei territori, è molto carente, e lavorando sul maggiore dialogo tra la medicina territoriale e quella ospedaliera. Questo non significa che questi obiettivi siano di facile raggiungimento ma l’alternativa a cui noi non ci arrenderemo è la diminuzione dei servizi sul territorio che comporterebbe un aggravamento della situazione attuale. Le faccio un esempio. Lei andrebbe in banca per ritirare 100 euro? Immagino di no, perché è più comodo e funzionale farlo al bancomat. Per lo stesso motivo è inefficace e inefficiente rivolgersi agli ospedali per prestazioni che possono essere erogate sui territori. È sbagliato – e questo è un tema nazionale – centralizzare la sanità, ed è uno degli insegnamenti portati dalla pandemia».
Vi accusano di fare passerelle in giro per i Comuni sul tema della sanità evitando il dibattito, incontri pubblici ma senza contraddittorio con le forze sociali, con gli operatori.
«In questo periodo abbiamo cercato un confronto a Macerata e Civitanova perché il dibattito che precedeva la proposta degli atti aziendali era condizionato da una carenza di informazioni e da interpretazioni sbagliate. Dopodiché ognuno può interpretare questa nostra volontà come ritiene ma per noi parlano le decine di consigli comunali tematici svolti in tutta la regione. Da San Benedetto a Urbino, da Fermo a Pesaro, da Ancona a Fano, passando per Fabriano e Tolentino. Noi vogliamo raccontare il senso e la visione di questa riforma e non ci siamo mai sottratti».
Il direttore generale della Ast di Macerata Marco Ricci si è dimesso a poco più di un anno dalla nomina. Questioni personali o problemi interni all’azienda?
«Mi risulta che le motivazioni principali sono riconducibili a questioni personali, per i quali faccio gli auguri. Non credo che eventuali altre questioni possano aver influito fino a questo punto. Appena lo abbiamo appreso abbiamo provveduto alla sostituzione con una figura di riconosciuta professionalità come Alessandro Marini».
Non si può negare che le Marche siano state destinatarie di una quantità importante di risorse grazie al Pnrr e al governo amico della premier Meloni.
«Più che di risorse parlerei di risposte: non si tratta di rapporti personali, ci è stato riconosciuto quello che per tanti anni ci era stato negato in termini di infrastrutture e di opportunità».
Il prossimo obiettivo in tema di infrastrutture?
«Sono tanti, ci sono decine e decine di interventi per un valore di miliardi di euro, molti dei quali in stato avanzato che nei prossimi inizieranno a diventare cantiere. A tutto questo stiamo lavorando tre obiettivi strategici come la terza corsia nel tratto sud, l’alta velocità e la penisola al porto di Ancona».
Pensa che il suo sfidante per il centrosinistra sarà Matteo Ricci?
«Se non lui, chi? Da quello che sento mi sembra il candidato più probabile».
L’esperienza di Osimo cosa insegna? Sembra che il campo largo, anche nel centrodestra, possa essere utile per vincere le elezioni ma non per governare.
«Accade quando c’è una politica che non riesce a far prevalere l’interesse collettivo sulle logiche personali, sono prevalse dinamiche locali rispetto a interessi generali, direi che c’è stata sintesi elettorale ma non amministrativa».
Cosa chiederà ai partiti del centrodestra in fatto di formazione delle liste?
«Di mantenere sempre questo clima, è prevalso l’interesse della regione».
Il centrodestra ha perso le ultime sfide regionali, anche nella vicina Umbria dove è possibile che le polemiche sulla sanità abbiano avuto un ruolo. Le Marche sono diverse?
«Non ci sono similitudini con l’Umbria, sul fronte della sanità abbiamo avuto risultati ottimi: ogni territorio ha la sua storia»
La Lega ha avuto nel 2020 un grande riscontro elettorale e un peso importante nella formazione della giunta. Se dovesse vincere le elezioni, una Lega che dovesse avere le percentuali che girano in questi mesi, avrebbe ancora la delega alla Sanità?
«Le deleghe non vengono distribuite in base alle percentuali».
“Tra due giorni è Natale e non va bene e non va male”, è d’accordo con il testo della canzone di De Gregori o vede più luci che ombre per le sue Marche?
«Sono di parte, ma vedo tante luci, c’è una bella illuminazione».
La notizia che le ha dato più piacere in questo 2024?
«Essere la prima Regione in Italia per l’utilizzo dei Fondi sociali europei che significa tante risorse a disposizione delle persone».
Un regalo che le piacerebbe fare ai marchigiani?
«Quello per cui stiamo lavorando, una regione all’avanguardia capace di trattenere i giovani e attrarre opportunità, orgogliosa di quello che siamo».
Ai suoi familiari?
«Un po’ di tempo in più da trascorrere insieme».
Al candidato del centrosinistra alle prossime regionali?
«Un anno pieno di salute, felicità e soddisfazioni… tranne che sulla politica».
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