Sentimenti forti, sfide, sport, cultura, amicizia, solidarietà. È un caleidoscopio di valori “Chomolugma. Storia di due titani” il libro scritto da Luca Giacobbi con la prefazione di Tania Casadei, AIEP Editore.
A 15 anni dall’impresa dei due fratelli Pazzaglia, Roberto e Antonio, a 20 dal primo tentativo interrotto per criticità metereologiche, la presentazione del volume che racconta questa avventura, ha fatto il pieno, sabato pomeriggio, a Palazzo Graziani. Tra il pubblico, anche Osvaldo Bevilacqua. I saluti istituzionali sono stati portati dal Segretario al Territorio Matteo Ciacci, in rappresentanza anche delle altre Segreterie patrocinanti: Cultura e Sport. Su un lato della sala, appoggiati su una sedia: la tuta da neve, gli scarponi, i rampini, le corde, il sacco a pelo, con cui erano attrezzati i due scalatori.
Emozioni a non finire quando hanno cominciato a raccontare una vicenda avviata sin dall’inizio con massima serietà e impegno: 18 mesi di allenamento, seguiti da un team di esperti per partire con la forma fisica al massimo. Tra le discipline preparatorie: salto in alto, corsa, speleologia, scalate sulle Alpi. La spesa per il viaggio: 30 mila euro, coperti in parte in forma autonoma, in parte con l’aiuto di qualche sponsor.
Ma la montagna è un Moloch impietoso, talvolta richiede sacrifici anche umani, come dimostrano i resti dei corpi di tutti coloro che non ce l’hanno fatta, sparsi tra pendici e burroni. Anche per i fratelli Pazzaglia, l’impresa si rivelò particolarmente ardua perfino quattro anni dopo il primo tentativo: a 8700 metri di altitudine, con una temperatura di – 40 gradi, senza ossigeno, raffiche di vento che impedivano di muoversi, Antonio ha perso la vista. L’unica decisione possibile era tornare indietro. Ma Roberto ce l’ha fatta, è riuscito a coprire i pochi metri che mancavano e ha issato la bandiera del più piccolo Stato del mondo sulla vetta più alta del mondo.
Il ritorno al campo base, un’altra sfida: senza acqua, senza un fornellino, senza più forze e con un principio di congelamento: Roberto ha perso tre dita dei piedi, Antonio alcune dita delle mani. Per fortuna, la vista gli era tornata a 8.300 metri.
Perché l’hanno fatto? Perché entrambi sentivano la necessità di “andare oltre”. La stessa motivazione che ha portato Marco Polo fino in Cina, Colombo al di là dell’oceano, Vespucci a circumnavigare la Terra, e i primi astronauti nello spazio. Ancora oggi, una soddisfazione così vivida che, se ci fossero le possibilità, ripartirebbero immediatamente.
Il libro racconta questa splendida avventura inserita in un quadro culturale delicato e profondo sulle comunità nepalesi che vivono alle pendici della montagna; sulla loro struttura sociale, i loro costumi e il loro modo di vivere, più lento e rispettoso dei ritmi naturali, senza gli stress del mondo industrializzato. Luca Giacobbi, che di mestiere fa l’avvocato ed è appassionatissimo di cinematografia, l’aveva pensato come una sceneggiatura, ma poi il film non è stato realizzato e, dopo una gestazione decennale, grazie all’aiuto dell’Editore, è nato il libro. E con esso, una nobilissima finalità. Infatti, tutto il ricavato delle vendite è destinato al progetto “Centro anch’io” dell’omonima fondazione. Obiettivo, realizzare la vita indipendente di ragazzi con disabilità intellettive procurando loro una sede abitativa dove poter condurre la loro vita anche “dopo”, cioè dopo che i genitori non ci saranno più.
Il messaggio che è arrivato, potente e intimo insieme, da questo mix di sport e cultura, è di un grande amore per la montagna, che va rispettata, che non può diventare un villaggio vacanza per ricchi snob che spendono 80 mila euro per farsi fotografare con una bandierina sulla vetta dell’Everest, facendosi portare l’ossigeno con i droni e lasciando i campi base sommersi di immondizia. Anche in questi luoghi inospitali e selvaggi, si toccano con mano i guasti fatti dai cambiamenti climatici frutto dei comportamenti sconsiderati dell’uomo.
Tornando a noi, dopo il successo del libro, anche il film ha una chance in più e non è escluso che prossimamente, un altro sogno, un’altra sfida, possano diventare realtà.
Angela Venturini
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