Pensioni, dal 2025 in pensione a 64 anni: ma é tutto così semplice?Ne parliamo con Cosentino

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Abbiamo chiesto a Domenico Cosentino responsabile formazione & media relations Patronato INAPI quale sia la sua impressione circa l’ultimo emendamento presentato dalla Lega, sulla pensione anticipata a 64 anni, abbiano domandato se davvero possa essere considerata una soluzione alternativa alla Fornero. Il Dott. Cosentino in primis ha definito Claudio Durigon un grande comunicatore e poi ha scritto per noi, in esclusiva, questo elaborato, che vi riportiamo integralmente, buona lettura:

Pensioni per tutti a 64 anni, ma é vero? Il sottosegretario Durigon abile comunicatore, parla Cosentino

In premessa, è opportuno richiamare i dati emersi dal rapporto redatto dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS. La spesa pensionistica in Italia (comprensiva della somma tra spesa per pensioni e spesa assistenziale) rappresenta il 16,3% del PIL, contro il 12,9% della media degli altri Stati membri dell’Unione Europea. Peggio dell’Italia, in termini di peso percentuale sul PIL, si colloca solo la Grecia.

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Nel medesimo rapporto si evidenzia che, sebbene l’età di uscita pensionistica (67 anni) sia una delle più alte tra gli Stati membri, l’età media effettiva del pensionamento in Italia, considerando le diverse forme di flessibilità, è pari a 64,2 anni, poco superiore alla media di 63,6 anni degli altri Stati membri. Questi dati dovrebbero spingere i nostri decisori politici ad affrontare con serietà la riforma del sistema previdenziale italiano.

È ormai necessaria una riforma strutturale che tenga conto delle profonde trasformazioni economiche e sociali che si sono manifestate negli ultimi anni. La legge Fornero rappresenta un pilastro del sistema pensionistico italiano; tuttavia, essa non risulta più del tutto attuale ed è necessario rivederla e aggiornarla.

Stranamente, a ogni legge di Bilancio, ai proclami iniziali non seguono azioni concrete: ci si limita a introdurre correttivi che, spesso, finiscono per peggiorare il quadro complessivo.

Il recente proclama enfatico del sottosegretario Durigon rappresenta una grande azione mediatica, mirata più a tradursi in consensi elettorali che in misure concrete. Nei fatti, però, esso non produce alcun effetto pratico per i pensionandi italiani.

Pensioni a 64 anni, rispolverata la RITA?

Non è la prima volta che si pensa di utilizzare la previdenza privata per agevolare l’accesso al pensionamento. Già con la Legge di Stabilità del 2017 era stata introdotta la RITA – Rendita Integrativa Temporanea Anticipata – i cui effetti pratici, tuttavia, sono stati finora molto limitati.

L’articolo 24, comma 11, della Legge 214/2011 prevede che i lavoratori con anzianità contributiva iniziata dopo il 1° gennaio 1996 possano accedere alla pensione a 64 anni con 20 anni di contribuzione, a condizione che l’importo dell’assegno pensionistico sia pari ad almeno tre volte l’assegno sociale. Per l’anno 2024, tale soglia corrisponde a 1.603,23 euro.

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La proposta avanzata dalla Lega, a firma dell’onorevole Nisini e annunciata in modo trionfalistico dal sottosegretario Durigon, prevede che per raggiungere l’importo soglia sia possibile cumulare l’assegno derivante dalla contribuzione obbligatoria con l’importo maturato nella previdenza complementare. Facciamo un esempio: un lavoratore che percepisce 1.300 euro di pensione obbligatoria e 305 euro dalla previdenza complementare potrebbe accedere al trattamento pensionistico anticipato.

In teoria, si tratta di una proposta interessante; nei fatti, però, risulta di difficile applicazione e limitata a categorie di lavoratori con redditi medio-alti. Analizziamo i numeri. Per accedere a questo trattamento bisogna avere 64 anni di età (quindi essere nati nel 1961), aver iniziato a lavorare dopo il 1996 e, in presenza di una carriera lavorativa stabile, vantare almeno 28 anni di anzianità contributiva. Tuttavia, per i lavoratori medi con questa anzianità, l’importo della pensione obbligatoria si attesta generalmente intorno ai 1.000 euro. È improbabile che questi lavoratori abbiano potuto accumulare, tramite la previdenza complementare, un assegno mensile di oltre 600 euro.

Inoltre, per i lavoratori con redditi medio-bassi, che spesso faticano ad arrivare a fine mese, è difficile trovare le risorse economiche per attivare e alimentare forme di previdenza complementare. Per raggiungere un importo pensionistico vicino alla soglia minima, sarebbe necessario avere un’anzianità lavorativa di oltre 40 anni. Di conseguenza, un lavoratore nato nel 1961 potrebbe accedere all’anticipo solo nel 2036, all’età di 75 anni.

Un ulteriore limite della proposta è rappresentato dall’innalzamento dell’anzianità contributiva richiesta per l’accesso al trattamento: dai 20 anni attuali ai 25 anni.

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Se l’intento era davvero quello di introdurre uno strumento di flessibilità in uscita, sarebbe stato sufficiente abbassare la soglia minima prevista, portandola da tre volte l’assegno sociale a 1,5 volte.

Il governo, però, sembra ignorare le vere necessità di una riforma del sistema previdenziale italiano. A mio avviso, una revisione efficace dovrebbe basarsi sui seguenti principi:

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  • Flessibilità in uscita legata alla gravosità delle mansioni lavorative, con un sistema premiante proporzionale al livello di gravosità;
  • Revisione dei coefficienti di calcolo del sistema contributivo, per renderlo più equo e sostenibile;
  • Incentivi al ricambio generazionale, collegando l’eventuale uscita anticipata dal mondo del lavoro all’assunzione di giovani lavoratori.

Solo affrontando queste questioni in modo sistematico e concreto sarà possibile offrire una risposta adeguata alle esigenze dei lavoratori italiani.

Ringraziamo Domenico Cosentino e vi chiediamo di dirci quale é il vostro pensiero al riguardo della proposta della Lega e delle sue parole, le condividete?

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