Nessun elemento di prova sul lavoro al momento dell’infortunio

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Viene respinta la domanda per l’ottenimento della costituzione di una rendita per l’inabilità permanente, derivante dall’infortunio del 25 luglio 1996 (art. 66 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124) e quella subordinata di risarcimento del danno.
I Giudici di appello hanno argomentato che nessun elemento di prova avvalora “il carattere manuale dell’attività del richiedente dalla quale scaturì l’infortunio”, non ritenendo dirimente la testimonianza che, nel riferire di una quotidiana attività manuale sul cantiere, travalica le deduzioni contenute nel ricorso introduttivo.

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Il lavoratore pone la questione al vaglio della Corte di Cassazione, che gli dà ragione (Corte di Cassazione, IV – Lavoro civile, ordinanza 9 dicembre 2024, n. 31632).

La vicenda

Il ricorrente ha dedotto d’essere caduto nel vuoto per circa tredici metri e di avere riportato lesioni permanenti, quando, il 25 luglio 1996, nella qualità di socio e amministratore della s.r.l., stava ispezionando le insegne da rimuovere e da sostituire presso la sede di altra società. In quel frangente, si era verificato il repentino cedimento del piano superiore del capannone, su cui il ricorrente era salito per svolgere i compiti d’ispezione e di controllo.

Il Tribunale respinge la domanda, sul presupposto che non ci fosse alcun elemento di prova che il danneggiato stesse svolgendo attività manuale e stesse sovrintendendo all’attività altrui. Inoltre non aveva neppure allegato l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, idoneo a far sorgere l’obbligo assicurativo dell’INAIL.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza n. 7047 del 2010, ha rigettato il gravame proposto dall’assicurato osservando che tardiva risulta la deduzione dell’appellante su una quotidiana attività manuale sul cantiere e che nessuna prova univoca è stata fornita in ordine a un’attività manuale svolta con il necessario carattere di professionalità, sistematicità e abitualità.

I soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società sono assoggettati all’obbligo di assicurazione

La Cassazione, con ordinanza n. 24765 del 2017, nel cassare la decisione d’appello, ha così statuito, riguardo alla posizione dei soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società: “i soci delle cooperative e di ogni altro tipo di società, quando prestano attività lavorativa per lo scopo della società (c.d. dipendenza funzionale), sono assoggettati all’obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro in due distinte ipotesi.
Rappresentate rispettivamente dallo svolgimento di attività lavorativa di tipo manuale ovvero dallo svolgimento, in modo permanente o avventizio, di attività non manuale (cioè intellettuale) di sovraintendenza al lavoro altrui, con la precisazione che, mentre in riferimento alla prima ipotesi l’obbligo assicurativo sussiste a prescindere dal fatto che l’attività lavorativa sia prestata in forma subordinata o autonoma, con riguardo all’attività di sovrintendenza il suddetto obbligo sussiste solo nell’ipotesi in cui il relativo svolgimento avvenga in forma subordinata” (pagine 4 e 5 dell’ordinanza n. 24765 del 2017).

L’Appello fonda il rigetto della domanda sull’insussistenza del carattere manuale dell’attività lavorativa

In sede di rinvio, la Corte d’appello di Roma, dopo avere rammentato i principi di diritto enunciati dalla pronuncia rescindente, ha fondato il rigetto della domanda sul rilievo che l’attività svolta sia carente del carattere di manualità, “dal quale la stessa Corte di cassazione non prescinde e che costituisce il requisito necessario per poter ritenere assoggettata a copertura assicurativa l’attività del socio amministratore, in correlazione con i requisiti dell’obbligo assicurativo”.

Ciò posto, la stessa sentenza qui impugnata, sulla scorta degli elementi che la deposizione testimoniale ha fornito, rileva che il ricorrente si apprestava a verificare la sostituzione di un’insegna sul capannone industriale in vista dell’affidamento della commessa. La Corte di merito, a fronte di una deposizione che descrive in modo circostanziato e credibile il sinistro, non spiega per quale ragione l’attività di smontare l’insegna, cui era dedito il lavoratore al momento dell’infortunio, e quella propedeutica d’ispezione su un capannone, inscindibilmente connessa con la successiva attività di smontaggio, siano radicalmente sprovviste del carattere di manualità.

L’aver affermato la insussistenza del carattere manuale preclude la comprensione del percorso argomentativo e non trova alcun riscontro intelligibile nelle acquisizioni probatorie.

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Quindi, le censure del ricorrente, lungi dal sollecitare una rivalutazione dell’apprezzamento di merito, palesano effettivamente un’anomalia della motivazione, che si tramuta nella violazione del precetto dell’art. 111, sesto comma, Cost.

La sentenza è cassata.

Avv. Emanuela Foligno

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