L’Italia sta conquistando un ruolo sempre più rilevante in Europa e nel mondo. Presi come siamo nella discussione della legge di bilancio e con le continue tensioni di natura giudiziaria e politica che animano il dibattito politico italiano, non ci stiamo rendendo conto del ruolo sempre più importante che Giorgia Meloni sta acquisendo nel panorama internazionale.
Questa (sorprendente) postura non è solo la conseguenza di una serie di accadimenti occorsi in ambito europeo quanto piuttosto e soprattutto di una serie di azioni e decisioni portate avanti dalla nostra presidente del Consiglio con riferimento alla politica estera. Partiamo dai cambiamenti di contesto: la crisi economica e politica della Germania – oggi il vero grande malato del Vecchio Continente -, la grande debolezza di Macron e della Francia, la sofferta approvazione della Commissione guidata da Ursula von der Leyen attribuiscono a Giorgia Meloni un ruolo pressoché unico nella storia recente del nostro Paese: oggi, l’Italia si erge infatti ad essere unico, tra i Paesi fondatori dell’Ue, ad avere sia il peso specifico che la stabilità politica tali da rappresentare un punto di riferimento per le politiche comunitarie. Un ruolo che risulta essere ulteriormente avvalorato dalla postura convintamente atlantista che la nostra premier ha assunto fin dall’inizio della guerra in Ucraina e che oggi la porta ad assumere un probabile ruolo di cerniera atlantica sia per i naturali rapporti di convergenza politica che la Meloni inevitabilmente ha e avrà con Donald Trump che per l’amicizia che vanta nei confronti del primo consigliere della Casa Bianca, Elon Musk.
Sono del resto da interpretare in questa chiave i due vertici internazionali a cui Giorgia Meloni ha partecipato questa settimana. Ho già scritto su queste colonne dell’importante incontro, a margine del Consiglio europeo, con la von der Leyen dove le due leader hanno convenuto della necessità di varare politiche industriali consapevoli e ambiziose in ragione della necessità di sostenere la manifattura europea nella delicata transizione verso il digitale e la sostenibilità ambientale (la crisi dell’automotive incombe in misura sempre più importante). Non meno rilevante è stato il vertice di questo fine settimana tra Nord e Sud dell’Europa, tenutosi in Lapponia, dove Paesi che hanno spesso manifestato in sede europea posizioni opposte (Finlandia, Svezia, Grecia e Italia) hanno condiviso la priorità di lavorare in modo sempre più convinto e unitario per l’affermazione di una piattaforma di sicurezza in grado di rappresentare il pilastro europeo della Nato.
Vi sono d’altro canto alcune decisioni politiche che hanno rafforzato il peso specifico di Giorgia Meloni nello scacchiere internazionale. In primo luogo, l’attenzione della prima ora dedicata al continente africano; il varo del Piano Mattei, oggi ritenuto pienamente sinergico alle politiche comunitarie, ha disvelato un ruolo dell’Italia come avanguardia del Vecchio Continente per il recupero di una partnership strategica tra Africa e Europa che era progressivamente venuta meno. Altrettanto importante è la ri-tessitura della relazione diplomatica tra il nostro Paese e la Cina; dopo il mancato rinnovo del Memorandum della Via della Seta, sottoscritto nel 2019 dal governo Conte, la nostra presidente del Consiglio si è affrettata a rinverdire il Dialogo Strategico promosso nel lontano 2004 tra Italia e Cina e messo presto in un cassetto. In questa prospettiva, l’Italia – che è anche la porta sud dell’Europa per le merci in transito tra Vecchio Continente e Asia – può giocare un ruolo di primo piano nel sempre più complesso dialogo commerciale e politico tra Pechino e l’Occidente. Non meno rilevante è la sempre più frequente affermazione di Giorgia Meloni circa la necessità che l’Europa acquisisca una sua identità sempre più chiara e indipendente dalle relazioni atlantiche. Vanno, ad esempio, in questa direzione le affermazioni di Meloni a Budapest (8 novembre) quando evidenzia che l’Europa deve focalizzarsi su se stessa – interrogandosi sulle condizioni di competitività – anziché chiedersi che cosa gli Stati Uniti possano fare per il Vecchio Continente.
Nel complesso, Giorgia Meloni si intesta il ruolo, da un lato, di difensore dei valori occidentali e, dall’altro, di sostenitore di una politica comunitaria meno velleitaria, più concreta ed orientata al sostegno della competitività della manifattura europea senza essere prigionieri di astratti dogmi teorici (quale quello ambientalista) che avevano imprigionato il primo mandato di Ursula von der Leyen. Da tutto questo l’Italia ha solo da guadagnare.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link