Sicilia fanalino di coda per infrastrutture ferroviarie

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“Ritardi, corse soppresse, stazioni chiuse, orari inadeguati e mancanza di servizi essenziali come bagni o accessibilità per disabili e anziani sono all’ordine del giorno”

Oltre 2200 a fronte di 469. Basta questo dato a spiegare il divario siderale a proposito di mobilità che esiste tra il Nord e il Sud del Paese. Si tratta di cifre non posizionate a caso, bensì del numero dei treni che transitano quotidianamente in Lombardia e di quelli che transitano invece in Sicilia. Nell’Isola si muovono la metà dei treni che viaggiano in Puglia e circa un terzo di quelli della Campania, solo per focalizzarsi sul Sud. A tracciare un bilancio ancora una volta catastrofico per gli spostamenti sui binari della regione è il rapporto Pendolaria 2025 diffuso da Legambiente. 

La Sicilia continua a essere una delle regioni italiane più penalizzate in termini di infrastrutture ferroviarie e trasporto pubblico. Nonostante alcuni segnali positivi legati all’investimento da complessivi 22 miliardi di euro in Sicilia da parte di Rfi, l’isola si trova ancora in una posizione di svantaggio rispetto ad altre regioni del Paese, con un sistema ferroviario che fatica a soddisfare le esigenze di cittadini e pendolari. E con nuove proteste alle porte.

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Tra queste, quelle del presidente del Comitato Pendolari Siciliani, Giosuè Malaponti, che intervenuto al QdS ha confermato di aver richiesto spiegazioni alla Regione sul perché sia stata prevista una riduzione dei treni in transito nel triangolo Catania – Enna – Caltanissetta. E sono giorni caldi per le ferrovie siciliane anche sul fronte occidentale.

È infatti arrivato l’ok alla spesa di 3 milioni di euro, distribuiti nel triennio 2025 – 2027, per la linea ferroviaria Palermo-Agrigento-Porto Empedocle. Lo stanziamento è previsto in un emendamento alla Manovra 2025 proposto dal Movimento 5 stelle e approvato dalla Commissione Bilancio della Camera.

Eppure in Sicilia esistono tratte dismesse e che un tempo rivestivano un ruolo centrale per favorire la mobilità sostenibile, sempre più appannaggio dei bus di linea delle compagnie private, che spesso sono in grado di percorrere gli stessi chilometri in metà del tempo. Ma procediamo per ordine.

Il quadro di Legambiente

“Ritardi, corse soppresse, stazioni chiuse, orari inadeguati e mancanza di servizi essenziali come bagni o accessibilità per disabili e anziani sono all’ordine del giorno. Il Rapporto Pendolaria 2025 sottolinea ancora una volta come le esigenze di mobilità del Paese siano messe in secondo piano rispetto all’eterna rincorsa all’annuncio sulle grandi opere, dannose o perlomeno discutibili in termini di utilità”, spiega l’associazione ambientalista.

L’invito al ministero dei Trasporti è quello di smettere di “ignorare le “piccole” opere che farebbero grande il Paese” ponendo l’accento sulle “opportunità occupazionali e di slancio economico: raddoppi e passanti ferroviari, potenziamenti e velocizzazioni, nuove stazioni, elettrificazioni”. 

“Per liberare le città dal trasporto privato e abbattere l’inquinamento – spiega Legambiente – occorre puntare sulla qualità dei servizi. Corse frequenti, orari di servizio ampi, linee davvero rispondenti alle necessità di spostamento delle persone, sufficienti sale d’attesa con sistemi di aria condizionata e riscaldamento e sedute ergonomiche e ben mantenute migliorano l’esperienza dei viaggiatori, senza differenza tra chi viaggia più o meno spesso”. 

E poi ancora gli investimenti in sicurezza, la maggiore presenza di personale di vigilanza, telecamere di sorveglianza e sistemi di allarme ben funzionanti così da creare un ambiente più sicuro per i viaggiatori.

Le tratte dimenticate: Palermo-Trapani e Caltagirone-Gela, ma non solo

Due delle tratte simbolo delle difficoltà infrastrutturali siciliane sono la Palermo-Trapani via Milo, chiusa dal 2013 a causa di smottamenti, e la Caltagirone-Gela, interrotta dal 2011 per il crollo del viadotto Carbone. Queste linee rappresentano un nodo cruciale non solo per la mobilità interna, ma anche per il rilancio economico e sociale delle aree interessate.

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Il rapporto Pendolaria evidenzia che i lavori di ripristino per la tratta Caltagirone-Niscemi-Gela sono iniziati solo nel 2022, con un finanziamento iniziale di 66 milioni di euro provenienti dal PNRR. Tuttavia, il completamento è previsto entro il 2026. Restano però criticità significative: i progetti non includono l’elettrificazione della linea, il raddoppio del binario o interventi per migliorare la velocità commerciale, attualmente ferma a 42 km/h.

Qui sono “molte le criticità per i pendolari, con soli due treni al giorno da Caltagirone (alle 5.55 e alle 16.21) e da Catania (alle 14.08 e alle 19.30), con un tempo medio di percorrenza di un’ora e cinquanta minuti, quando gli autobus di linea percorrono lo stesso tratto nella metà del tempo”.

La tratta Palermo-Trapani via Milo, invece, non ha visto alcun progresso concreto. Questo ha lasciato pendolari e viaggiatori senza una connessione ferroviaria diretta tra le due città da oltre un decennio, aggravando l’isolamento economico di alcune aree.

“Va segnalato per la Sicilia la mancata integrazione vettoriale e tariffaria della Città Metropolitana di Catania tra Trenitalia-FCE-Metropolitana e Amts a differenza di quanto prevista nel primo contratto di servizio 2017-2026 e di quanto già fatto da anni con le altre Città Metropolitane di Palermo prima e Messina dopo, anche se non erano previste nel Contratto di Servizio”, spiega Pendolaria. 

Un altro aspetto negativo evidenziato dagli ambientalisti “riguarda il mancato servizio metropolitano cadenzato tra Taormina, Catania e Catania Aeroporto Fontanarossa, fondamentale per dare slancio all’utilizzo del treno”.

A non credere però nel trasporto ferroviario è soprattutto la politica siciliana, che nel 2023 ha stanziato soltanto lo 0,73% del bilancio regionale per il trasporto ferroviario. A guidare la classifica è in questo caso la Provincia Autonoma di Bolzano, che ha investito il quadruplo in percentuale e dieci volte in milioni di euro: 6 della Sicilia contro i circa 70 di Bolzano. Non un caso se il boom di passeggeri in Italia sia stato registrato proprio sulla tratta trentina.

A proposito di sprechi, la Sicilia è con sorpresa la terza regione italiana per spesa relativa al cosiddetto “materiale rotabile” nel 2023 con circa 144 milioni di euro. Davanti in Italia solo Campania con 300 milioni e Lombardia con 193.

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Un divario che penalizza il Sud

Il rapporto Pendolaria 2025 sottolinea come il divario tra Nord e Sud sia ancora drammaticamente evidente. In Sicilia, l’età media dei treni è di 18,6 anni, quasi doppia rispetto ai 9 anni delle regioni settentrionali. Questo dato riflette una cronica carenza di investimenti, che penalizza soprattutto il Mezzogiorno.

L’offerta ferroviaria, inoltre, è estremamente limitata: sull’isola si contano appena 469 corse giornaliere, a fronte delle 2.200 della Lombardia, una regione che, per estensione territoriale, è significativamente più piccola della Sicilia per quanto presenti il doppio degli abitanti. Nell’Isola la densità di treni per abitante e per chilometro quadrato è una delle più basse in Italia, rendendo il trasporto pubblico su rotaia una soluzione poco competitiva rispetto al mezzo privato.

Tra le notizie positive evidenziate da Legambiente, l’apertura di “alcune linee metropolitane, nonostante anni di ritardi, in particolare per la linea M4 a Milano e la linea 6 a Napoli, oltre a un nuovo prolungamento della metro di Catania”. E poi ancora il rilevamento che mostra come “Basilicata, Marche e Sicilia” evidenzino “un recupero di viaggiatori importante rispetto al periodo pre pandemico”, ma comunque ben al di sotto dei 100 mila pendolari giornalieri. Tra il 2019 e il 2023, il numero dei siciliani che viaggiano su rotaie è comunque cresciuto di oltre il 15%.

Tra gli aspetti non secondari, restano per l’associazione ambientalista i temi legati alla legge di Bilancio, che “non prevede fondi né per il trasporto rapido di massa, il cui fondo è stato definanziato lo scorso anno, né per la ciclabilità e la mobilità dolce”. Il Pnrr ha poi previsto il finanziamento di 200 milioni per l’acquisto di nuovi treni Intercity, in particolare per 7 treni bimodali per i collegamenti Reggio Calabria-Taranto, sulla linea Jonica, che saranno in funzione entro fine 2024 e 70 nuove carrozze notte per i treni in Sicilia, che verranno immessi sulla rete entro il 2026.

Dal punto di vista ambientale, la situazione resta però critica. La rete ferroviaria siciliana è in gran parte non elettrificata, con un conseguente impatto negativo sull’inquinamento e sulla qualità dell’aria, “peggiorata in Italia rispetto al 1990”. Molte tratte secondarie rimangono chiuse o abbandonate, costringendo i residenti a fare affidamento su mezzi di trasporto su gomma. In soldoni: meno sostenibili e costi più elevati per i pendolari.

Gli investimenti di RFI: una luce in fondo al tunnel?

Un segnale positivo arriva dai nuovi investimenti annunciati da Rete Ferroviaria Italiana (RFI), che ha destinato 22 miliardi di euro al potenziamento delle infrastrutture ferroviarie siciliane. Questi fondi rappresentano una delle maggiori operazioni di rilancio mai annunciate per la rete ferroviaria dell’Isola. 

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Tra gli interventi principali figurano il raddoppio della Catania-Messina e della Palermo-Catania, progettati per ridurre i tempi di percorrenza tra i principali centri urbani; la realizzazione di nuove stazioni e l’ammodernamento di quelle esistenti, con un focus particolare sull’accessibilità e sulla sostenibilità; l’elettrificazione delle tratte ancora non servite, con l’obiettivo di ridurre le emissioni e migliorare l’efficienza del servizio.

Un esempio emblematico è il progetto per la linea Palermo-Catania, che punta a collegare le due città in due ore a fronte delle oltre tre necessarie al momento. Questa opera è considerata fondamentale per stimolare lo sviluppo economico e sociale della Sicilia, ma la sua realizzazione è ancora di là da venire.

Legambiente evidenzia ancora lo stato dell’arte preoccupante di Catania e Palermo, dove “la nuova giunta Lagalla ha praticamente dimezzato la rete tranviaria, cancellando il tratto in centro storico, su via Roma e via Libertà, per puntare nuovamente su una metropolitana leggera (molto leggera e molto corta, con tutti i dubbi del caso sulla preferibilità rispetto al tram). Senza questo tratto centrale sarà impossibile gestire al meglio e far fruttare gli investimenti dei tratti in periferia”. 

A Catania il 15 giugno scorso è stata dismessa la tratta urbana e suburbana della ferrovia circumetnea per i lavori di conversione in metropolitana ma “con molti dubbi sulla data di fine lavori, la futura frequenza di servizio (probabilmente comunque insufficiente), le stazioni che scompariranno (come quella di Lineri o di Paternò centro). Stiamo parlando di una linea metropolitana che vede comunque già oggi una tratta sospesa (il ramo portuale) e che ha frequenze piuttosto scarse (10-15 minuti, contro i 4-8 di riferimento per una metro)”. 

Più in generale, “l’efficienza di spesa è ancora un’utopia, ma soprattutto fa preoccupare il solito atteggiamento volto alla costruzione di tante infrastrutture che si sommano a quelle esistenti senza che le une e le altre funzionino al massimo della loro possibilità”.

Trasporti e crisi climatica: una sfida sempre più urgente

Il rapporto Pendolaria sottolinea anche come la crisi climatica stia aggravando le difficoltà del trasporto pubblico in Sicilia e in tutto il Paese. Negli ultimi 15 anni, gli eventi meteorologici estremi hanno causato 203 interruzioni significative nei servizi di trasporto pubblico italiano, con danni particolarmente gravi alle infrastrutture ferroviarie. La Sicilia, con il suo territorio vulnerabile a frane e alluvioni, è tra le regioni più colpite.

Il rapporto evidenzia che, senza interventi mirati per adattare le infrastrutture al cambiamento climatico, i costi per riparazioni e interruzioni potrebbero raggiungere i 5 miliardi di euro all’anno entro il 2050. Questo rende ancora più urgente un piano di investimenti strutturali per rendere il trasporto pubblico più resiliente e sostenibile.

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Il Ponte sullo Stretto: opportunità di crescita

Una delle principali ragioni per le quali l’alta velocità sia sempre stata una chimera per la Sicilia, pone in evidenza la questione del ponte sullo stretto di Messina. Il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria, in discussione proprio in questi giorni presso il Cipess per l’approvazione del progetto definitivo e l’ingresso nella sua fase esecutiva, rappresenterebbe la chiave di volta per la mobilità dell’Isola.

Secondo il rapporto Pendolaria, però, oltre l’87% degli stanziamenti infrastrutturali destinati alla Calabria e alla Sicilia fino al 2038 saranno assorbiti da quest’opera. Il ponte, pur promettendo di migliorare i collegamenti tra Sicilia e continente, secondo Legambiente rischia di essere un’opera isolata se non inserita in un contesto di infrastrutture efficienti. Senza un sistema ferroviario e stradale moderno all’interno dell’Isola, il ponte potrebbe finire per accentuare le disuguaglianze invece di ridurle.

Le proposte per un futuro sostenibile

Per migliorare il trasporto pubblico in Sicilia, il rapporto Pendolaria propone di incrementare i fondi per il trasporto regionale (portando il Fondo Nazionale Trasporti ai livelli del 2009, con almeno 3 miliardi di euro aggiuntivi ogni anno), accelerare i lavori sulle tratte strategiche con priorità al completamento delle linee Palermo-Trapani e Caltagirone-Gela, promuovere l’integrazione dei servizi sviluppando un sistema tariffario unico che includa treni, autobus e metropolitane, sul modello di altre città italiane ed europee. E poi ancora rinnovare il parco mezzi, sostituendo i treni più vecchi con modelli moderni, meno inquinanti e più efficienti, e l’adattamento delle infrastrutture al cambiamento climatico.

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