l’impiego flessibile in Italia « LMF Lamiafinanza

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La necessità di trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata sta assumendo un’importanza sempre maggiore.

I lavoratori tendono a ricercare un ambiente lavorativo flessibile che riesca a porre al centro l’equilibrio tra lavoro e vita privata.

Proprio la carenza di un corretto work-life balance è oggi motivo valido per cambiare lavoro e ricercare nuove opportunità professionali: le persone cercano aziende che valorizzino il benessere dei dipendenti e possano garantire l’equilibrio tra vita lavorativa e personale.

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Com’è la situazione dell’impiego flessibile in Italia?

l mondo del lavoro italiano si trova ormai da molti anni in una situazione complessa. Oltre all’elevata disoccupazione giovanile, la stagnazione nei livelli di efficienza e nell’innovazione del settore produttivo italiano sta causando dal 1990, una curva piatta della produttività per ore lavorate, con salari che sono cresciuti solo dello 0,36% (dato OCSE, 2023).

In questo contesto, anche in Italia si stanno affermando situazioni legati alla ricerca di forme di lavoro più flessibili, con tendenze i cui nomi sono mediati dal mondo anglosassone: Great Resignation, Quiet Quitting, Job Hopping. Vediamo che cosa significano questi termini:

  • Great Resignation. si riferisce al fenomeno delle dimissioni volontarie che, a seguito della pandemia Covid 19, ha coinvolto una percentuale sempre più significativa di lavoratori. Nel 2021, le dimissioni volontarie in Italia sono aumentate del 43%, interessando circa 484.000 persone, principalmente per la ricerca di maggiore flessibilità;
  • Quiet quitting. È la tendenza dei dipendenti a svolgere solo il necessario, limitando le ore di lavoro con lo scopo di guadagnare tempo sufficiente per proprie attività personali, senza però arrivare a presentare le dimissioni;
  • Job hopping. Si definisce come il passaggio frequente da un impiego all’altro, generalmente restando in una posizione lavorativa da uno a due anni, con l’obiettivo di crescere professionalmente e acquisire nuove competenze.

Questi trend in sostanza riflettono le nuove esigenze dei lavoratori, che pongono sempre più l’accento sulla qualità della vita e sulle opportunità di crescita.

Giovani, work-life balance e smart working

Secondo una ricerca presentata agli Stati Generali del Welfare la maggioranza dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni desiderano un lavoro che non si limiti solo alla busta paga, ma che consenta di esprimere sé stessi e mantenere un buon equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Tuttavia, in Italia, la promessa di flessibilità lavorativa non si traduce in pratiche concrete, e i tentativi di realizzarla in realtà hanno spesso portato a un aumento della precarietà.

Il Jobs Act del 2015, pur avendo facilitato i licenziamenti e cercato di promuovere la flessibilità occupazionale attraverso i contratti a tutele crescenti (CATUC) non ha creato la mobilità lavorativa attesa. Molti lavoratori si sono trovati in situazioni di precarietà e insicurezza, senza quelle garanzie indispensabili per una transizione agevole tra un impiego e l’altro.

Questo anche perché per le aziende i processi per le assunzioni e i licenziamenti sono complessi, in particolare per i contratti a tempo indeterminato, a causa delle difficoltà legali e procedurali.

Diversi settori hanno implementato in modo sistematico la pratica dello smart working, apprezzata sia dai dipendenti sia dalle aziende per l’ottimizzazione dei costi operativi.

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Tuttavia, occorre chiarire che lo smart working non equivale automaticamente a flessibilità. Per poter realizzare appieno il suo potenziale, è necessario un cambiamento nella cultura aziendale e nella leadership, altrimenti si rischia di considerarlo come semplice prestazione lavorativa a distanza, limitando la flessibilità al solo luogo di lavoro.

Sebbene le nuove generazioni trovino le aziende flessibili più attraenti, riconoscono che la sola adozione dello smart working non assicura un buon equilibrio tra vita professionale e personale. Infatti, circa il 60% dei Millennial e il 64% della Gen Z lo ritengono non essenziale.

Conclusioni

In generale, I lavoratori italiani faticano a trovare lavori adatti alle loro competenze e aspirazioni che garantiscano un buon equilibrio tra vita e lavoro, a causa della rigidità del mercato e della mancanza di opportunità.

Le possibili soluzioni a questa situazione sono molte; ad esempio si potrebbe favorire l’incontro tra domanda e offerta, per permettere ai lavoratori di trovare posizioni più in linea con le loro necessità, che consentano di sostenere una reale e condivisa crescita professionale.

Inoltre, la possibilità di dimettersi o di essere allontanati dal lavoro con maggiore facilità non dovrebbe essere percepita come un rischio, ma come un’opportunità.

E ancora, sarebbe necessario apportare cambiamenti nello stile di leadership, per promuovere fiducia, autonomia, e favorire la crescita personale in un ambiente collaborativo. Ad esempio, definire chiaramente le responsabilità permette ai lavoratori di operare in modo indipendente, promuovendo un approccio empatico e inclusivo.

Nel complesso, un ambiente di lavoro più flessibile e dinamico è certamente funzionale alla gestione armoniosa ed efficiente delle proprie priorità sia personali che professionali, e rende molto più semplice trovare un equilibrio tra vita lavorativa e privata.

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