Consorzi di sviluppo industriale in grado di gestire complessi produttivi anche previo esproprio, laddove essi siano inattivi da tempo: la legge che ne rende possibile l’istituzione in Toscana, approvata dal Consiglio regionale, non è una vera e propria novità in Italia, ma pone la Toscana stessa fra le regioni che decidono di avvalersi dello strumento previsto dalla legge nazionale 317/91. Con un primo campo d’applicazione già annunciato, per così dire, ossia la ex Gkn, ora Qf Spa in liquidazione, di Campi Bisenzio: la prima bozza della proposta di legge era nata in seno al Collettivo di Fabbrica, per poi essere riveduta e corretta una volta approdata in Consiglio.
Se ancora poteva esserci qualche dubbio sul marchio della proposta, gli esponenti del Collettivo hanno dato vita a un rumoroso presidio in via Cavour la sera del 20 dicembre, mentre il Consiglio era riunito in seduta, chiedendo a gran voce l’approvazione della legge sui consorzi. Che è arrivata a notte fonda, col voto favorevole del “campo largo” Pd-Iv-M5s – con esponenti dei tre partiti tra i firmatari della pdl, originariamente siglata solo dalla pentastellata Silvia Noferi – e anche del consigliere FdI Diego Petrucci, che ha votato in maniera difforme dal suo gruppo e dall’intero centrodestra.
Come nascono (e cosa fanno) i consorzi
In base alla proposta di legge possono promuovere la costituzione dei consorzi di sviluppo industriale, e partecipare agli stessi, soggetti come Regione Toscana, Città Metropolitana, Province, Comuni, camere di commercio, altri enti ed istituti pubblici, università e organismi di ricerca, associazioni degli imprenditori e cooperative, purché operino nel territorio di competenza dei consorzi stessi. Ai consorzi possono aderire altri enti locali, enti pubblici economici, istituti di credito e imprese di diritto privato, secondo quanto stabilito dallo Statuto, qualora tali soggetti operino nella stessa area o per le stesse finalità del consorzio.
L’obiettivo dichiarato per i consorzi è quello di promuovere la reindustrializzazione e l’insediamento di nuove attività produttive nel territorio. In particolare, i consorzi provvedono in primo luogo a individuare e acquisire, anche su proposta della Regione Toscana, aree industriali e immobili destinati alla produzione, con priorità per il recupero e l’ampliamento delle aree dismesse. Gli impianti e gli insediamenti da realizzare nei territori compresi nel piani consortili, poiché dichiarati “di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti”, possono essere oggetto di provvedimenti di esproprio da parte dei Comuni, su proposta dei consorzi stessi.
I consorzi puntano a valorizzare e gestire le aree produttive individuate dagli strumenti urbanistici degli enti locali consorziati, provvedendo alle opere di urbanizzazione necessarie; favorire l’insediamento di nuove imprese, promuovendo le condizioni per la creazione e lo sviluppo delle attività produttive. Non solo: i consorzi possono sostenere studi, progetti e iniziative per lo sviluppo produttivo, inclusa la presentazione di progetti per finanziamenti della Regione Toscana, nazionali e dell’Unione Europea; realizzare e gestire attività strumentali all’insediamento produttivo nelle aree di competenza; sostenere l’insediamento di realtà culturali all’interno del consorzio per rivitalizzare il tessuto sociale; agevolare, in caso di crisi industriali, la cessione dell’azienda o di rami d’azienda ai lavoratori o a cooperative da essi costituite, per favorire la continuità dell’attività.
Torna alla ribalta l’intervento pubblico
Con la legge sui consorzi pubblici la Regione decide di avvalersi di uno strumento di intervento pubblico in economia, sia pur aprendo la strada a sinergie con il privato: un vecchio desiderio di Palazzo Strozzi Sacrati – Enrico Rossi quasi tre lustri fa provò a trasformare Fidi Toscana in una mini-Iri regionale, ma fu stoppato da Bankitalia – e una richiesta proveniente soprattutto dal fronte sindacale, a fronte degli esiti di molte grandi vertenze dell’ultimo periodo. “Abbiamo le basi per avviare immediatamente il consorzio industriale nello stabilimento ex Gkn”, ha affermato il sindaco di Campi Bisenzio, Andrea Tagliaferri, spiegando che “noi siamo pronti” e che “se necessario, procederemo anche all’esproprio dello stabilimento, come previsto dalla nuova normativa”.
E le aspettative riposte nell’intervento pubblico travalicano i confini della sinistra. “Pur essendo un liberale, non mi sento così liberista”, ha affermato in aula Maurizio Sguanci, consigliere di Italia Viva e cofirmatario della pdl. “Potremmo immaginare, penso agli impianti di risalita, come consorzi industriali tutte le stazioni montane della Toscana”, ha dichiarato a sua volta Petrucci, già sindaco di Abetone Cutigliano. “E’ difficile da applicare – ha ammesso – ma è un antidoto all’orribile, violenta pratica della delocalizzazione, frutto della globalizzazione, che ha distrutto milioni di posti di lavoro in Europa negli ultimi decenni. Intravedo un qualcosa che, magari lontanamente, assomiglia partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. Questo non è un tema di sinistra, è stato uno dei cavalli di battaglia della destra politica italiana”.
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