I trasferimenti correnti dello Stato verso i Comuni crescono in misura minore rispetto alle esigenze delle amministrazioni locali. Che così, per tenere in equilibrio i propri bilanci, sono costretti a aumentare la pressione sui cittadini con la riscossione dei tributi locali e delle tariffe per i servizi erogati. Una “manovra finanziaria” che si fa sentire a tutte le latitudini nel Paese e che in provincia di Bergamo è salita in un anno di 15 euro a cittadino (contando i neonati e gli ultracentenari), passando da 467 a 482 euro.
Nel corso del 2023 le entrate dei comuni bergamaschi dovute ai trasferimenti da parte dello Stato sono state di 212 milioni e mezzo di euro, con un aumento di 1,99% rispetto al 2022. Quelle rappresentate da imposte locali quasi 540milioni, il 3,17 in più. La spesa complessiva delle amministrazioni bergamasche ha sfiorato gli 870 milioni (2.04% in più sul 2022), mentre quella per i servizi sociali è “esplosa” del 7% in più rispetto all’esercizio precedente (da 144 a 154 milioni). Così, la propensione sociale dei comuni (il rapporto tra spesa totale e quella “per la persona”) è passata dal 17 al 17.8 e la spesa a carico dei comuni (di fatto che copre il 70% della spesa totale per il sociale) per ogni cittadino passa dai 131 ai 139 € del 2023.
Sono i primi dati a balzare agli occhi alla lettura della “tradizionale” relazione sulla spesa sociale del comuni bergamaschi redatta dal Dipartimento Welfare della CISL di Bergamo.
Nel lavoro, si segnala come l’anno 2023 abbia registrato una situazione disomogenea: accanto alla maggioranza degli Ambiti che hanno beneficiato di quote di trasferimenti più rilevanti (in particolare Valle Seriana Superiore, Grumello, ma soprattutto l’ambito 1 di Bergamo con +15,9% sul 2022), è presente un altrettanto numero di Ambiti con riscontri negativi, in particolare l’Ambito di Treviglio (-6,5%) e l’Ambito di Seriate (-5%).
Per quanto riguarda le entrate da tributi e tasse locali, con l’eccezione dell’Ambito di Grumello, che ha registrato un carico di entrate locali inferiore del 1.3% sul 2022, tutti gli Ambiti segnano un aumento dell’imposizione fiscale locale, più contenuta negli Ambiti di Bergamo, Valle Seriana Superiore e Basso Sebino, decisamente più corposa negli Ambiti della Valle Seriana (+5%), Valle Imagna (+7,5%), Valle Brembana (+5%), Treviglio (+5%), Alto Sebino (+12%).
L’analisi della voce “Spesa Sociale” (che comprende gli impegni per i servizi di Asili nido, Servizi per l’infanzia e minori, Servizi di prevenzione e riabilitazione, Strutture residenziali per anziani, Assistenza, Beneficienza e servizi diversi alla persona) segnala che nel corso dell’anno passato, la spesa complessiva sfiora nei 243 comuni la quota record di 155 milioni di euro spesi nei servizi sociali, superando quindi sia l’anno precedente che il terribile anno dell’emergenza pandemica, presentandosi però in modo difforme nei diversi territori: ad eccezione di 5 Ambiti (Seriate, Alto e Basso Sebino, Isola e Romano di Lombardia), dove la spesa si allinea con poco decremento all’anno precedente, in tutti i restanti Ambiti la “spesa sociale” lievita in un crescendo che registra punte del +14% nell’Ambito di Dalmine, +13% nell’Ambito di Bergamo, +9% nell’Ambito Valle Brembana.
“Diventa imperativo riflettere sulle implicazioni per il sistema di Welfare a fronte di una “emergenza” che nel tempo si trasforma in “normalità” – dice Angelo Murabito, segretario provinciale della CISL -. L’esplosione della domanda sociale richiede un ripensamento delle modalità di intervento di tutti gli attori in gioco con l’obbiettivo di garantire sostenibilità all’intero sistema assistenziale. Già negli anni precedenti al Covid registravamo una “spesa sociale” in costate crescita, alimentata da una domanda di protezione sociale e di istanze di bisogni sempre più diffusi e articolati in tutti i territori. Questa domanda ha trovato risposte economiche quasi sempre appropriate, anche se sottolineava la maggiore difficolta, di anno in anno, degli amministratori bergamaschi nella raccolta di risorse, con trasferimenti centrali continuamente ridimensionati e la fatica nel tenere a freno l’imposizione locale. La tenuta di un impegno di spesa così alto sui servizi assistenziali, proprio per la sua dimensione critica, non può quindi essere considerata e valutata con il solo filtro dell’evento emergenziale della pandemia: le ferite del Covid non sono la fonte, ma solo l’acceleratore di processi che erano, e sono, tanto presenti e possenti da lievitare per anni ed esplodere di fronte ad un contesto non più capace di governarli e controllarli con strumenti tradizionali”.
“L’aumento degli investimenti della “Spesa Sociale” nel 2023 – continua Murabito – riconosce e risponde di fatto alla crescita abnorme della domanda di protezione sociale dovuta a bisogni ampi e complessi conseguenti ai mutamenti ineludibili e radicali in corso negli assetti del Paese (invecchiamento, denatalità, povertà, fragilità delle reti familiari, migrazioni, ecc.), una nuova figurazione della complessità e della varietà del bisogno che sta mettendo in crisi l’equilibrio dello stato assistenziale. Necessità di intervento a pensare che qualcosa stia cambiando. Serve un impegno pubblico, ma non basta”.
“A questo va aggiunta la perdita del potere d’acquisto di lavoratori e famiglie. Nonostante l’andamento positivo del mercato del lavoro, l’impatto dell’inflazione sulle persone è ancora particolarmente pesante avvicinando molte di esse alla soglia della povertà. E non va dimenticato quanto pesi anche nella provincia di Bergamo l’aspetto della precarietà di molti lavori.
E dato che il salario dipende principalmente dalla Contrattazione serve una contrattazione di primo e secondo livello più audace che risponda alle esigenze sociali sempre più crescenti dei lavoratori, delle famiglie e delle comunità: ecco perché la contrattazione va valorizzata e rinforzata. Servono modelli partecipativi della società civile che garantiscano una redistribuzione più equa della ricchezza prodotta. Serve una responsabilità collettiva delle istituzioni, delle associazioni datoriali, dei sindacati. Il declino demografico, la non autosufficienza e la povertà – conclude il sindacalista CISL – sono le sfide che attendono risposte di buona salute nel Paese. È uno scenario complesso, in cui ogni attore pubblico e privato è chiamato a dare il proprio contributo”.
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