Ucraina. Trump. ‘Putin mi ha chiesto di incontrarlo’

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di Giuseppe Gagliano

Il presidente eletto Usa Donald Trump è tornato a ribadire la sua intenzione di risolvere la guerra in Ucraina in appena 24 ore, e in occasione del Forum dell’organizzazione ultraconservatrice Turning Point a Phoenix ha dichiarato che il collega russo Vladimir Putin avrebbe chiesto di incontrarlo. In realtà, come ha confermato il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov, “finora non ci sono stati veri impulsi” per un incontro, tant’è che il capo del Cremlino si è limitato alla disponibilità, in caso di richiesta, manifestata nel corso della sua conferenza di fine anno.
Donald Trump e Vladimir Putin sono due figure emblematiche che, pur distanti per contesto e motivazioni, hanno esercitato e continuano a esercitare un’influenza determinante sugli equilibri globali. La narrativa che li accomuna spesso come protagonisti di un nuovo disordine mondiale merita però di essere scomposta, analizzando le loro rispettive strategie e le implicazioni a lungo termine.
La promessa di risolvere il conflitto ucraino in quattro e quattr’otto risponde più a una manovra propagandistica che a una reale strategia geopolitica. L’idea che una crisi tanto complessa possa essere risolta con una stretta di mano ignora la profondità delle dinamiche in gioco: l’espansionismo della Nato e l’invasione russa, il sostegno occidentale all’Ucraina e gli interessi economici e militari di entrambe le parti.
Trump, con il suo approccio transazionale, tende a semplificare la diplomazia a un’arte del baratto. Durante la sua presidenza questo metodo ha prodotto risultati contrastanti: il dialogo con Kim Jong-un, ad esempio, ha aperto una breccia in un rapporto storicamente ostile, ma senza reali cambiamenti strutturali. In politica estera Trump sembra prediligere l’impatto mediatico alla costruzione di un consenso duraturo, un tratto che potrebbe rivelarsi fatale in un conflitto articolato come quello ucraino.
Dall’altra parte Vladimir Putin rappresenta il volto implacabile del revisionismo geopolitico. La sua decisione di invadere l’Ucraina nel 2022 segna una cesura rispetto alle tattiche precedenti, incentrate su un uso limitato della forza militare per obiettivi specifici, come in Crimea e in Siria. L’attuale conflitto ucraino invece si è trasformato in una guerra di logoramento che consuma risorse, ma che Putin sembra considerare necessaria per riaffermare la posizione della Russia come grande potenza.
Putin ha chiaramente scelto una strategia a lungo termine, basata su due pilastri fondamentali: il rafforzamento interno e la frammentazione dell’occidente. Internamente ha consolidato il controllo su un’economia trasformata in macchina da guerra, mentre sul piano esterno sfrutta divisioni e incertezze tra gli alleati occidentali per mantenere l’iniziativa. L’idea che la guerra possa essere congelata con una trattativa sembra per lui antitetica agli obiettivi russi: un’Ucraina neutrale e soprattutto indebolita.
Un elemento unisce Trump e Putin, pur con modalità opposte: il tempo. Trump lo percepisce come un’opportunità da sfruttare rapidamente, proponendo soluzioni immediate e a effetto. Putin al contrario utilizza il tempo come strumento per logorare gli avversari e ridefinire gli equilibri geopolitici. È in questa divergenza che si manifesta la loro vera differenza: Trump è un uomo di spettacolo, Putin è un giocatore di scacchi.
Entrambi però pongono una sfida significativa all’ordine internazionale: il primo minando la credibilità delle istituzioni multilaterali con la sua retorica isolazionista; il secondo violandone apertamente i principi con l’aggressione militare, per quanto in risposta all’allargamento della Nato ai suoi confini. L’impatto delle loro azioni continuerà a farsi sentire, alimentando instabilità e ridefinendo le priorità delle potenze globali.
Le promesse di Trump e le strategie di Putin ci ricordano che il mondo non si muove secondo logiche semplicistiche. La guerra in Ucraina, come altre crisi, è un mosaico di interessi, identità e ambizioni che non può essere risolto con facili slogan o accordi improvvisati. È qui che la politica internazionale mostra la sua natura implacabile: non si piega né alle aspettative populiste né alle ambizioni imperialiste senza un prezzo altissimo.

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