“Meno marketing più idee” La moda fugge dall’algoritmo

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Ll secondo, affollatissimo, giorno di Pitti Immagine Uomo, tra gli stand non mancano energia e idee. Nel quadro generale della moda maschile italiana in calo del 3,6 per cento (per un fatturato di 11,4 miliardi nel 2024, dati Confindustria moda), si trovano anche segnali positivi. L’export del menswear vale 5,5 miliardi, in crescita del 2,7 per cento nei primi sette mesi del 2024 (fonte ICE). E nei prossimi cinque anni è previsto un aumento del 20 per cento dei consumatori di alta gamma. «Dati che ci fanno sperare», ha commentato Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, sottolineando però che per uscire dalla crisi è necessario investire sulla creatività. “Meno marketing, più idee” è una formula che la maggior parte dei marchi presenti a Pitti applica da anni. E che per molti si traduce in un fatturato in leggera crescita, perfino in tempi difficili come questi. Si lavora sullo stile, sui materiali e sull’ottimizzazione delle risorse. In quella che la critica di moda americana Cathy Horyn ha definito “era post trend”, caratterizzata da centinaia di micro tendenze nessuna delle quali predominante, la soluzione sta nel riuscire a differenziarsi all’interno di un mercato dell’abbigliamento saturo. «Occorre lavorare per distinguersi, restando democratici», osserva Guido Biondi, direttore creativo di Roy Roger’s, storico marchio di denim italiano. La sua strategia si muove su un doppio binario: la solidità e l’accessibilità della linea principale, per un pubblico trasversale, e la ricerca stilistica delle collezioni capsule. L’ultimo progetto nasce dalla passione di Biondi per il denim giapponese e si concretizza in tre capi: giubbotto, jeans 5 tasche in denim e felpa 100 per cento cotone. “Made in Japan” è un’edizione limitata preziosa: «Abbiamo lavorato con tessiture storiche e minuscoli laboratori familiari nella regione di Bingo, vicino a Fukuyama, utilizzando un denim senza finissaggio per ottenere la torsione della gamba verso l’interno che rimanda ai jeans di inizio 900».

L’ispirazione arriva da un’idea di stile basata sulla personalizzazione al di fuori delle tendenze: «Ho in mente gli outfit multistrato, eclettici ma coerenti dei giovani di Tokyo, che mixano cappotto sartoriale, capo sportivo termosaldato e camicia second hand». È partendo da qui che Roy Roger’s ha messo a punto il suo look per il 2025: modulabile a piacere, esalta «il jeans semplice, un concetto opposto a quello del luxury denim». E nasconde una solidità economica di fondo: «Ci impegniamo a lavorare con continuità con le nostre manifatture, per non far mancare loro il sostegno».

Sostenibilità e personalizzazione sono due pilastri anche per Chris Wang, imprenditore italo cinese alla guida di Duno, marchio di outerwear confezionato a Prato con fatturato in crescita del 5 per cento sui 14 milioni del 2023. Punta sul layering, la sovrapposizione degli strati, mescolando capi performanti e basici da città.

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Duno 

Duno propone nella collezione AI 25-26 e nella capsule Attic capispalla trasformabili, da alleggerire al bisogno grazie a pettorine staccabili e interni che diventano piumini ultralight, e modelli in cashmere e lana trattati con un sistema idrorepellente e membrane idrofile bio-based. Per Wang, che ha clienti in Europa, Asia e Usa, per sfidare l’incertezza, «occorre differenziare l’offerta studiando esigenze e culture dei diversi Paesi». La personalizzazione non è solo un vezzo, ma una necessità. I prezzi esorbitanti ci costringono ad acquistare meno e a lavorare di fantasia per creare abbinamenti originali. Con un vantaggio non trascurabile: sfuggire all’algoritmo che ci vorrebbe tutti vestiti uguali. Fanno apparire diversi dagli altri anche i maglioni e le sciarpe di Avant Toi con lavorazioni bicolore, finiture marmorizzate, mimetiche e smerigliate: fatte a mano, non ce ne sono due uguali.

Avant Toi

Avant Toi 

Henry Cotton’s, marchio storico molto amato che si rilancia adesso, fa appello invece al suo dna inglese riproponendo quello stile british che non tramonta e si presta a infinite reinterpretazioni, «un’eredità da custodire per il consumatore di oggi», nota l’ad Paolo Marini. Fuori dall’algoritmo, s’intende.

Henry Cotton's

Henry Cotton’s 

©RIPRODUZIONE RISERVATA



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