Sì, c’è un legame tra il cambiamento climatico e gli incendi di Los Angeles

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Almeno 24 morti e più di 12mila strutture distrutte è il pesantissimo bilancio degli incendi che hanno bruciato alcuni quartieri dell’area metropolitana di Los Angeles, in California.

Questa calamità, oltre ad aver causato ingenti danni (è una delle peggiori degli ultimi anni negli Stati Uniti), ha anche innescato violente polemiche politiche e ha attirato un’ondata di false notizie, come ormai succede praticamente sempre in occasione di eventi di questo genere.

La disinformazione ha riguardato anche le cause degli incendi. C’è stato chi ha puntato il dito contro le politiche di inclusione nel corpo dei vigili del fuoco di Los Angeles e chi se l’è presa con le “armi a energia diretta”. Queste narrazioni prive di fondamento hanno l’effetto di oscurare il contesto in cui questo disastro si è sviluppato e provengono, non a caso, da settori ideologici che tendono a negare qualsiasi collegamento con il cambiamento climatico.

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Le cause degli incendi

Non è ancora chiaro dove questi incendi siano iniziati e quale sia stato il loro innesco. Gli investigatori stanno prendendo in considerazione diverse ipotesi, come guasti alle linee elettriche dell’alta tensione e atti dolosi. Sono stati invece esclusi i fulmini, che sono una causa naturale piuttosto comune di incendi, ma non sono stati segnalati nelle aree in cui i roghi sono partiti.

Indipendentemente da quale sia stata l’origine, ci sono stati alcuni fattori che hanno alimentato le fiamme trasformandole in un incendio catastrofico. Tra questi ci sono i venti di Santa Ana. Si tratta di venti catabatici, cioè masse d’aria che si muovono velocemente dall’alto verso il basso lungo i pendii montuosi. Sono frequenti durante i mesi più freddi e soffiano da est verso ovest, dalle alture dell’entroterra desertico del Sud-Ovest degli Stati Uniti verso la costa della California.

Questi venti secchi e molto caldi – sono chiamati anche “venti del diavolo” – possono raggiungere velocità di 150 chilometri orari, con raffiche anche più potenti. «Come un asciugacapelli», scrive la BBC, i venti di Santa Ana privano la vegetazione che investono di molta della sua umidità, trasformandola in un perfetto combustibile. 

Poi, c’è la cornice in cui questi eventi estremi e distruttivi si collocano oggi: il cambiamento climatico.

Cosa sta scoprendo la scienza climatica

Chiedersi se il cambiamento climatico abbia causato o no gli incendi di Los Angeles è una domanda mal posta. La loro portata devastante è il risultato di alcuni ingredienti. È su questi che agisce il cambiamento climatico.

Per capirlo, si può partire da quella che alcuni scienziati hanno definito “volatilità idroclimatica”. Questa espressione si riferisce a una transizione rapida tra condizioni meteorologiche molto umide e molto secche. È una dinamica che sta evolvendo con il riscaldamento globale e che si ripercuote sul rischio di eventi estremi.

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Nel passaggio da un periodo umido a uno secco si verifica una sequenza di eventi che, a cascata, amplificano alcuni rischi. Un’immagine riportata in una revisione degli studi, pubblicata sulla rivista Nature, mostra quello che può accadere. Per esempio, precipitazioni abbondanti fanno crescere la vegetazione, mentre una successiva siccità la fa seccare, trasformandola in materiale facilmente infiammabile.

I processi fisici alla base della crescente volatilità idroclimatica, osservano gli scienziati, possono essere visualizzati come una spugna atmosferica, che diventa più grande del 7 per cento per ogni grado in più della temperatura dell’aria. Aumenta così la capacità della spugna di assorbire acqua, ma anche il volume di quella rilasciata quando viene strizzata.

Eventi legati a questa volatilità idroclimatica sono stati osservati in diverse regioni del pianeta negli ultimi anni. Nel corso del 2024 la California meridionale è passata da un inverno molto piovoso a un’estate e un autunno segnati da precipitazioni scarse, una situazione che si è protratta fino all’inizio del 2025.

Una ricerca del 2021, sostenuta dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa), l’agenzia federale americana che si occupa di oceani e clima, ha concluso che il cambiamento climatico è stato il principale responsabile dell’aumento del rischio di incendi negli Stati Uniti occidentali a causa dell’aumento del deficit di pressione di vapore. In sostanza, l’aria è più secca e le piante perdono più acqua. 

Altri studi evidenziano queste tendenze in atto. Negli anni 2000, rispetto ai due decenni precedenti, gli incendi negli Stati Uniti sono diventati mediamente più frequenti ed estesi. Dagli anni ‘70 l’area che brucia ogni anno in California si è allargata di cinque volte, principalmente a causa dei roghi che scoppiano nelle foreste in estate, una stagione sempre più calda. 

I dati satellitari indicano che si sta intensificando anche la velocità con cui si diffondono gli incendi. Dal 2001 al 2020, il tasso medio di crescita giornaliero di quelli più rapidi è aumentato del 249 per cento negli Stati Uniti occidentali. In California, negli ultimi 40 anni, l’innalzamento della temperatura e la diminuzione delle precipitazioni durante l’autunno hanno creato condizioni più favorevoli allo sviluppo di incendi. Negli scenari di emissione di gas serra peggiori, la stagione degli incendi in questo Stato americano si allungherebbe nel corso di questo secolo. 

Come scrive il climatologo Andrew Dessler, il cambiamento climatico non causa direttamente gli eventi estremi, ma li amplifica alterando le condizioni di base in cui si originano e si dispiegano. Ed è ciò che sta succedendo su tutto il pianeta.

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