Amedeo Damiano ucciso perché smascherò i «baroni» della medicina che chiedevano pagamenti illeciti: l’omaggio all’eroe sconosciuto di Milano

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di
Gianni Santucci

Da Milano si era spostato a Saluzzo dopo avere vissuto da vicino il dramma di piazza Fontana. Direttore dell’Asl, aveva indagato sulla corruzione dentro la sanità e fu ucciso nel 1987. Ora il drammaturgo Chicco Dossi e l’attore Christian La Rosa portano in scena uno spettacolo tratto dalla sua storia

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«Papà era nato a Milano, si era laureato in Agraria alla Statale, lavorava nella sede dell’associazione regionale degli allevatori e quel giorno, il 12 dicembre 1969, era in ufficio vicino a piazza Fontana: quando esplose la bomba, l’onda d’urto fece esplodere i vetri della sua stanza, le schegge gli arrivarono sulla scrivania. Rimase segnato da quell’evento, e da quelli che vennero dopo, le manifestazioni sempre più violente nelle strade, la tensione. Aveva conosciuto mia mamma a Saluzzo durante il servizio militare, e così maturò la decisione di andare a vivere in provincia. Io e mio fratello siamo nati a Milano, eravamo piccoli, facevamo le scuole elementari, ci trasferimmo. Papà sentiva un pericolo e voleva proteggere la sua famiglia. Era come se cercasse di sfuggire a un destino. Non ci è riuscito».

Milano ha un (altro) eroe borghese che non ha mai conosciuto e non ha mai ricordato. Il titolo rimane nella storia della città per Giorgio Ambrosoli, l’avvocato ucciso dalla mafia nel 1979. Un eroe borghese è il capolavoro del giornalismo narrativo italiano che Corrado Stajano dedicò ad Ambrosoli. Amedeo Damiano invece venne assassinato a Saluzzo, in provincia di Cuneo, nel 1987: morì cento giorni dopo che due uomini gli avevano piantato cinque proiettili nelle gambe. Era direttore della Asl e aveva denunciato in procura il sistema marcio che dentro l’ospedale.




















































Giovanni Damiano è suo figlio, è nato a Milano nel 1972, oggi è consigliere comunale a Saluzzo, la cittadina dove, dopo il trasferimento della famiglia, nacquero anche un altro fratello e una sorella. Ricorda: «Ho conosciuto Stefano Ambrosoli, il nipote dell’avvocato, e ci siamo ritrovati in queste caratteristiche molto milanesi che avevano sia suo nonno, sia mio papà: rettitudine morale come elemento di identità, una certa grinta e serietà nel fare il proprio lavoro seriamente, valori profondi portati nell’impegno pubblico. Quella di papà era una carica politica, era un democristiano vecchio stampo, stimato per le sue capacità, ma certo non amico di tutti, non frequentava circoli e cene, sui principi era intransigente».

Gli assassini di Amedeo Damiano sono stati condannati per omicidio preterintenzionale: di fatto, una rapina finita male; sono state condannate anche le persone che lui aveva denunciato dopo la sua «inchiesta» personale e solitaria sull’ospedale. Cosa accadeva? «Il servizio sanitario nazionale era stato istituito da pochi anni. In provincia la gente aveva un rispetto sacro dei medici, un timore reverenziale, una forte soggezione. Molti baroni così continuavano a farsi pagare per prestazioni a cui invece i pazienti avevano diritto gratuitamente. Significa approfittare del proprio ruolo a danno di uomini e donne più deboli, senza strumenti culturali per ribattere, nel momento critico di un problema di salute. Persone semplici ingannate da persone potenti. Questo per papà era inaccettabile. Così presentò quella denuncia».

La provincia può rivelarsi molto più subdola, ambigua, pericolosa della grande città, soprattutto per chi non è organico. Oggi, oltre che dalla famiglia, la memoria di Amedeo Damiano è custodita e raccontata da «Libera Piemonte». La storia dell’eroe borghese milanese ucciso a Saluzzo torna a Milano 38 anni dopo grazie al lavoro di un giovane drammaturgo, Chicco Dossi, e di un attore, Christian La Rosa, che da stasera al 19 gennaio portano in scena al Teatro della Cooperativa uno spettacolo/monologo che si intitola Senza motivo apparente.

Racconta Giovanni Damiano: «Di Milano ricordo la ruota panoramica alle Varesine, la nonna abitava in via Appiani. Papà è stata la prima vittima di un omicidio politico nella sanità. È stato ucciso per aver denunciato malaffare e corruzione: che pochi anni dopo, con Tangentopoli, sarebbero esplosi proprio nella sua Milano. La sua storia e il suo sacrificio vanno ricordati perché l’omicidio è di tanto tempo fa, ma i problemi per i quali è stato assassinato sono ancora attuali. Pensiamo a quanti appetiti possano generare volumi di denaro pubblico così enormi. Noi dalla vicenda di nostro padre non abbiamo mai avuto alcun riconoscimento da parte dello Stato, né da qualsiasi istituzione. E certamente non parlo di un riconoscimento economico. Dobbiamo dare atto a nostra mamma di essere stata lei davvero eroica, a tenere insieme i pezzi di una famiglia devastata, con quattro figli che all’epoca avevano un’età tra i 2 e i 17 anni, e che hanno iniziato a fare mille domande, a cui lei non aveva risposta, e neppure lo Stato».

A partire dalla «fuga da Milano», la storia di Amedeo Damiano è densa di coincidenze suggestive e drammatiche. A Saluzzo, il 27 settembre 1920, era nato Carlo Alberto Dalla Chiesa, figlio dell’allora capitano dei carabinieri nella cittadina. Il generale e prefetto, poi assassinato dalla mafia nel 1982, a Milano guidò storiche indagini contro il terrorismo.

Nell’ospedale di Saluzzo, quando era sotto la sua responsabilità, il dottor Damiano aveva fatto appendere ovunque questo cartello: «Le prestazioni mediche e le analisi sono a carico del servizio sanitario nazionale e non devono essere pagate».

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15 gennaio 2025 ( modifica il 15 gennaio 2025 | 09:37)

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