Chiusa la partita Vibac, i licenziamenti sono 43

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Sacrificare 43 lavoratori per salvarne 80. La legge dei grandi numeri, ma le parti sociali sull’esito del confronto con la Vibac affermano di aver salvaguardato presenza e futuro di un sito produttivo storico, come quello ubicato nel nucleo industriale di Termoli. Come avevamo anticipato domenica scorsa, si è chiusa ieri mattina, nella sede della Giunta regionale, la vertenza Vibac, che da un paio di anni ha riguardato una delle fabbriche più importanti del nucleo industriale di Termoli. Livelli occupazionali che scendono da 142 a 80. Nel corso del biennio ultimo alcuni dipendenti si erano già licenziati. Nel confronto di questa mattina, dopo che lo scorso 10 gennaio erano scaduti gli ammortizzatori sociali, col semestre di cassa integrazione straordinaria, sono stati messi a referto 43 esuberi, mentre 15 sono gli esodi incentivati. Tuttavia, per altri 30 giorni, anche ai 43 che riceveranno nelle prossime ore la lettera di licenziamento, si aprirà la possibilità di attingere a 15mila euro di indennizzo, con l’impegno a non impugnare il provvedimento. Procedura commentata dalla segreteria della Fismic-Failc-Confail, con Giovanni Mercogliano: «Si chiude la vertenza Vibac di Termoli dopo 3 anni. Si è riusciti a salvare questo importante sito produttivo che da quasi 40 anni opera in questo territorio, con la sottoscrizione di un accordo sindacale che prevede 80 lavoratori che continueranno a lavorare per la produzione della carta per vari usi. Resta il rammarico da parte di tutti di non essere riusciti ad evitare il licenziamento di 43 lavoratori, mentre altri 15 lavoratori escono con l’incentivo all’esodo come da accordo sindacale. Adesso non dobbiamo lasciare soli questi lavoratori e chiediamo alle istituzioni di attivarsi con le politiche attive, il piano Gol sottoscritto in Regione, per un rapido reinserimento nel mercato del lavoro».Per Carlo Scarati (UIltec), «Siamo riusciti a salvare un sito storico per il nucleo industriale di Termoli. La Vibac che rimarrà sul territorio con 80 unità; 43, invece, verranno licenziate con quelle che sono le caratteristiche della legge 223 del 91, lettere che partono subito. Siamo riusciti a ottenere un importante risultato che è quello di far rimanere un sito storico a Termoli da questa parte d’Italia, una volta che chiude un’azienda non riapre più. Noi abbiamo avuto l’esperienza in Manuli, in provincia di Isernia, che è stata la più grande sconfitta sindacale di questa regione. Oggi possiamo dire che Vibac, così come è stato in passato per Guala, così come è stata nel passato per Irce, ha un futuro un futuro; doloroso perché 43 persone escono, però è un futuro per gli 80 che rimangono. E in più oggi siamo riusciti con un accordo che io reputo importante. Certo che se dovessero esserci delle persone da assumere i 43 sono privilegiati, nel momento in cui ci dovesse essere un rimpolpamento numerico della struttura di Termoli». Stesso tenore per Massimiliano Recinella, della Femca-Cisl: «Con l’appuntamento di ieri in Regione si è chiusa la fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo della Vibac, questa vertenza è stata incentrata su diverse strategie. È durata circa tre anni, sfruttando il più possibile l’ammortizzatore sociale per dare la possibilità al mercato di riferimento di riprendere le commesse perse a seguito delle numerose crisi, sia dal punto di vista geopolitico mondiale, che dal punto di vista della crisi energetica e delle materie prime che come Italia stanno vivendo tutte le aziende del settore. Siamo ripartiti nelle prime battute della vertenza da una dichiarazione di esubero di 116 lavoratori per passare ad una seconda fase a 90 per poi traguardare il numero finale di 43; la vertenza in termini complessivi ha visto diverse criticità e diverse fasi complesse siamo stati tra i primi in Italia a mettere in piedi i percorsi legati alla transizione occupazionale, prendendoci il tempo necessario a mettere in moto il progetto Gol, garanzia occupazionale lavorativa con l’ausilio di ammortizzatori sociali ad hoc, oltre che cercare di prendere il tempo necessario a ridurre gli esuberi che nella fase iniziale erano decisamente superiori alla fase finale. Ora, ovviamente non c’è niente di cui gioire nonostante l’azienda nella riunione di ieri ha confermato la garanzia di mantenere 80 posti di lavoro a Termoli, perché gli esuberi sono ancora presenti. Ma la drammatica situazione di partenza è stata quantomeno ridimensionata, ieri abbiamo strappato un ulteriore impegno dell’azienda, ovvero quello di procrastinare la data, oramai scaduta degli incentivi all’esodo garantendo anche a chi risulterà nelle liste degli esuberi lo stesso incentivo all’esodo sempre con lo scopo di cercare di ridurre il più possibile l’impatto sociale». Di diverso avviso la posizione della Filctem-Cgil Molise: «In linea con le motivazioni riportate già con il mancato accordo della cassa integrazione di luglio 2024, riteniamo che l’azienda non ha presentato un vero piano industriale e non ha fatto investimenti per efficientare le produzioni per lo stabilimento di Termoli. Inoltre, ha dubbi rispetto alle causali per l’utilizzo della cassa integrazione degli ultimi 3 anni interessati da varie procedure di licenziamento. Per la Filctem-Cgil non ci sono state discussioni e azioni atte alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Pertanto, non firmiamo l’accordo per la procedura dei licenziamenti collettivi avviata dalla società Vibac».



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